Spe salvi

Ieri, vigilia di Natale, papa Francesco ha aperto la Porta Santa del Giubileo, dedicato alla speranza: quella virtù teologale che anche oggi i cristiani non sanno più bene che cosa sia o, almeno, su che cosa si fondi. Venuta meno l’utopia marxista, anche l’idea di progresso è entrata in crisi e così ci si trova ancora una volta di fronte all’eterna domanda: che cosa possiamo sperare? Theodor W. Adorno ha formulato la problematicità della fede nel progresso in modo drastico: dalla fionda alla bomba atomica. Siamo tutti diventati testimoni di come il progresso in mani sbagliate possa diventare e sia diventato, di fatto, un progresso terribile nel male.

Sul tema della speranza Benedetto XVI promulgò la sua prima enciclica Spe salvi ancora una volta, come in tutto il suo magistero, orientata a dirci che la ragione e la fede hanno bisogno una dell’altra per realizzare la loro vera natura e la loro vera missione. In essa, il pontefice cita Sant’Agostino che visse la situazione estrema della caduta dell'impero romano – la fine di un’epoca – che minacciava anche l’Africa romana e rendeva vano sperare. In tale drammatico frangente il vescovo di Ippona dava testimonianza del suo impegno «per tutti»: Cristo «intercede per noi, altrimenti dispererei. Sono molte e pesanti le debolezze, molte e pesanti, ma più abbondante è la tua medicina. Avremmo potuto credere che la tua Parola fosse lontana dal contatto dell’uomo e disperare di noi, se questa Parola non si fosse fatta carne e non avesse abitato in mezzo a noi» (Conf. X, 43,69).

Dio, diceva papa Benedetto, «è il fondamento della speranza – non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine (Gv 13,1: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme. Pur essendo necessario un continuo impegno per il miglioramento del mondo, il mondo migliore di domani non può essere il contenuto della nostra speranza. Senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, le speranze umane non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio. Il suo Regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo Regno è presente là dove egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. In fondo, questo è il vero senso del Natale.

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