Le mosse di Prodi

Da svariati decenni le “mosse” politiche di Romano Prodi non vanno mai sottovalutate. Non a caso, è uno di più grandi e qualificati uomini di potere del nostro paese. Potere politico, potere economico e, soprattutto, potere nel sottogoverno. Ma quello che conta, però. Lo dice il suo curriculum, è sufficiente sfogliarlo per rendersene conto. Dal lontano 1978 come ministro dell’Industria e poi come Presidente dell’Iri dall’82 al 1989 per arrivare sino ai giorni nostri.

Ora, al di là del suo significativo curriculum ricco di potere e di incarichi politici ed economici di grande spessore nazionale ed europeo, è indubbio che Prodi appartiene a quelle personalità che hanno contribuito a segnare e a condizionare il cammino della politica italiana. Appartiene a quella sinistra cattolica tecnocratica e salottiera molto ben radicata nei gangli del potere – per capirci, l’esatto contrario della sinistra sociale di ispirazione cristiana che faceva capo nella Prima Repubblica a Carlo Donat-Cattin e Sandro Fontana e poi a Franco Marini – e che ha sempre svolto un ruolo importante nella dialettica politica italiana sin dai tempi della Democrazia Cristiana dove, non a caso, proprio il professore bolognese già ricopriva incarichi di peso prima politico e governativo e poi economico.

Ma, al di là del suo profilo e dei prestigiosi e sontuosi incarichi ricoperti nel corso di questi ultimi decenni e che sono noti a tutti, quello che merita di essere ricordato oggi sono le mosse che Prodi sta nuovamente facendo sul versante della presenza di quel pezzo della sinistra cattolica che si riconosce nelle sue posizioni politiche. E, questo, è l’elemento al centro della discussione politica contemporanea. Fuor di metafora, o rafforzare – come pare – la presenza dei suoi amici della sua componente all’interno dell’attuale Partito democratico per riequilibrare il massiccio ruolo degli ex e post comunisti E, soprattutto, per avere più visibilità, più ruoli e quindi più potere all’interno del partito e quindi delle istituzioni. Oppure, seconda ipotesi, ma è una tesi del tutto virtuale ed astratta, dar vita ad un polo centrista sganciato dai rispettivi schieramenti maggioritari.

Infine, l’eventualità di progettare un partito centrista alleato ma autonomo dalla sinistra del Pd. Ma ciò significherebbe, come ovvio ed evidente, mettere definitivamente ed irreversibilmente in discussione la natura, il profilo, il progetto e la stessa mission storica e politica del Partito democratico che, almeno formalmente, non era nato come la naturale prosecuzione dell’evoluzione della storia della sinistra italiana. Cioè della filiera del Pci/Pds/Ds.

Comunque sia, e al di là della concreta evoluzione politica che ci sarà, le mosse politiche di Romano Prodi vanno sempre monitorate con grande attenzione. E questo per la semplice ragione che quando un qualificato uomo politico e di grande potere si muove le sue posizioni non sono mai banali o irrilevanti. Rispondono sempre ad un disegno di potere che avrà delle concrete e tangibili ricadute e ripercussioni sull’intero sistema politico. E sarà così anche questa volta.

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