Schlein nella morsa tra cattodem e liberal
13:17 Giovedì 02 Gennaio 2025Due incontri nello stesso giorno mandano un segnale inequivocabile al Nazareno: è finita la pax interna che ha finora consentito alla segretaria multigender di gestire il Pd a proprio piacimento. Tra i promotori i piemontesi Lepri e Morando
Se due indizi, come insegna Agatha Christie, nei gialli possono essere pura coincidenza quando si tratta del Pd bastano e avanzano per fare una prova. Due eventi – uno dei cattolici dem, l’altro di Libertà Eguale – sono il sintomo che qualcosa si muove nella galassia delle correnti interne al Partito Democratico. E, forse, che la pax interna di cui ha goduto Elly Schlein fino ad ora comincia a scricchiolare. “Vedo in atto i soliti giochini delle correnti per fare le scarpe alla Schlein” dice Matteo Renzi. “La storia del federatore, il papa straniero...”: il riferimento dell’ex rottamatore, che il Pd lo ha guidato per quattro anni, è a Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate le cui dimissioni tanto hanno scatenato le fantasie di un nuovo rassemblement cattolico.
Proprio Ruffini parteciperà al convegno “Creare legami, guarire la democrazia” in programma a Milano il 18 gennaio e promosso dal senatore dem Graziano Delrio assieme ad altri esponenti cattolici del partito come Pierluigi Castagnetti, Silvia Costa e Stefano Lepri. Si ritroveranno tutti sotto la denominazione “Comunità Democratica” che campeggia in alto a destra, sulla locandina che presenta l’evento. Una “firma”, come anche il carattere corsivo sembra suggerire. Qualcosa di più, dunque, dell’annuale convegno di area: lo scorso anno, a dicembre, una iniziativa analoga richiamò, oltre a Castagnetti e Lepri, anche Dario Franceschini. Vi partecipò, come ospite, la segretaria: “Senza il contributo dei cattolici democratici non esisterebbe il Partito democratico e la nostra straordinaria comunità, così come non esisterebbe la Costituzione. Questa è e continuerà a essere la casa di questa straordinaria cultura politica”, furono allora le parole di Schlein.
Nelle intenzioni dei promotori c’è quella di ridare voce a una cultura politica, quella del cattolicesimo democratico, negli ultimi tempi decisamente afona e che “può dare molto al Paese, come in altri momenti storici”. Delrio chiarisce che Comunità democratica “è una associazione e non una corrente” del Pd, e che l’appuntamento del 18, nella sala Biagi del palazzo della Regione Lombardia, non è dunque una iniziativa di corrente. Certo, nasce “senza ambiguità all’interno del centrosinistra” e non ipotizza la nascita di un “partito cattolico” che stia al centro dei due poli; disegno che si scontra tra l’altro con la legge elettorale maggioritaria. Ma sebbene l’associazione intenda essere “una sorgente di pensiero”, un think tank, è evidente che quando vengono coinvolti alcuni padri nobili dei “cattolici adulti” – da Romano Prodi, fondatore dell’Ulivo e unico premier del centrosinistra ad aver vinto le elezioni, a Castagnetti, ultimo segretario del Partito Popolare Italiano ed ex capogruppo della Margherita – gli interrogativi sul carattere politico dell’iniziativa si sprecano. Dentro o fuori il Pd? Un’ambiguità non risolta (e forse voluta) dalle parole pronunciare dallo stesso Delrio: “Chiediamo una maggior accoglienza, nel Pd o anche fuori dal Pd”.
Insomma, una corrente è poco e un partito è troppo. Almeno per ora. “La nostra volontà è quella di confrontarci e rimettere insieme reti che abbiamo cominciato a ricomporre – spiega Lepri, ex parlamentare piemontese –. Non è in discussione che il nostro impegno è nel Pd e per contare di più nel Pd, a partire dalle nostre proposte e dalla nostra capacità di organizzarci. Non c’è nessun ragionamento che va oltre”. Il perimetro è quello del centrosinistra, come starci si vedrà. E molto dipenderà dalle risposte che arriveranno – se arriveranno – da Schlein e dal suo manipolo di “gruppettari” che hanno okkupato il Nazareno.
In Umbria, a Orvieto, si tiene nello stesso giorno, proseguendo in quello successivo (18 e 19 gennaio), l’incontro annuale di “Libertà Eguale”, associazione guidata dal costituzionalista ed ex parlamentare Stefano Ceccanti e dal piemontese Enrico Morando, cinque legislature da senatore, ex viceministro dell’Economia nei governi Renzi e Gentiloni, uno dei riferimenti dei cosiddetti “miglioristi” del Pci (la “destra” interna capeggiata da Giorgio Napolitano). Il titolo è eloquente: “Idee per una sinistra di Governo. Cosa dobbiamo, cosa vogliamo, cosa possiamo fare”. L’obiettivo è “far maturare una moderna cultura liberale di Governo nell’orizzonte segnato dal conflitto tra democrazie e autocrazie”, spiega Ceccanti.
Anche in questo caso, come per l’evento dei cattodem a Milano, a destare attenzione sono i nomi dei partecipanti. Uno in particolare, quello di Paolo Gentiloni che, come Ruffini, è finito nell’elenco dei potenziali federatori. Nel caso dell’ex Commissario europeo, però, il campo da federare è più vasto di quello cattolico. Nel Pd, non solo fra i liberal, c’è chi guarda a Gentiloni per mettere insieme le forze di centrosinistra quando ci sarà da affrontare le elezioni politiche. Quello di Gentiloni, indicato Commissario europeo dal governo Conte 2, è un nome considerato “non ostativo”, per dirla con le parole di un dirigente Pd. L’ex premier, tuttavia, non sembra avere in agenda un impegno diretto in questo senso. Anzi, fino ad oggi si è tenuto ben distante dalle strategie interne al partito, anche in virtù del suo incarico a livello europeo. Studia da “riserva” se non della Repubblica – crescono come funghi gli aspiranti al Colle – almeno di Palazzo Chigi, qualora il tratto troppo movimentista dovesse impedire a Schlein di assumere il ruolo di premier. Ovviamente c’è un piccolo dettaglio: il centrosinistra dovrà prima vincere le elezioni.