Recessione, caro vita, lavoro: italiani pessimisti sul 2025
11:33 Giovedì 02 Gennaio 2025Due su tre non si attendono miglioramenti, anzi. Sei su dieci temono rincari. L'86% pensa che si confermino o addirittura peggiorino i tassi di violenza nella società, per l'84% peseranno le guerre in corso e l’82% i cambiamenti climatici. Il report Ipsos per Legacoop
Recessione, costo della vita in rialzo e guerre in corso. Non è un buon auspicio quello col quale gli italiani cominciano il 2025, almeno secondo il report FragilItalia “Uno sguardo al futuro”, realizzato da Legacoop e Ipsos. Uno studio che registra un deciso pessimismo sulle prospettive del Paese, in particolare quelli appartenenti al ceto popolare. Due su tre (il 61%, che sale all’80% nel ceto popolare) non si prefigurano un miglioramento della situazione complessiva dell'Italia, in parallelo con le aspettative di segno negativo sull'evoluzione dello scenario economico: 4 su 10 (il 42%, che sale al 59% nel ceto popolare) prevedono una fase di recessione ed il 34% di stagnazione; 6 su 10 (il 63%, che sale al 70% nel ceto popolare) si aspettano un aumento del costo della vita.
Di segno negativo anche le aspettative per alcuni aspetti di fondo con al primo posto, all’86%, chi pensa che si confermino o addirittura peggiorino i tassi di violenza nella società, seguito dall'84% che indica le guerre in corso, dall'82% con i cambiamenti climatici e dall'81% con le disuguaglianze sociali. Va un po’ meglio per la situazione familiare, dove, insieme con la forte crescita di chi la prevede “altalenante” con alti e bassi (il 61% rispetto al 41% di un anno fa) e la diminuzione di 10 punti di chi prevede un anno di crisi (l’8%, ma con un dato che sale al 26% nel ceto popolare), si delineano aspettative di segno positivo per l’andamento delle relazioni familiari (83%), l’amore, gli affetti e le relazioni con gli amici (80%), la salute (77%), il lavoro (63%).
Il “tono” più positivo sulla situazione familiare rispetto alle percezioni relative al contesto generale trova una conferma nel fatto che 2 intervistati su 3 (il 63%) dichiarano di non essere preoccupati per la situazione economica della propria famiglia e che il 70% pensa di mantenere la stessa posizione lavorativa e la stessa retribuzione, mentre il 28% pensa che sarà costretto a svolgere lavori precari. Anche sotto questo aspetto sono comunque rilevanti le differenze in base alla collocazione sociale. Infatti, il 76% degli appartenenti al ceto popolare è preoccupato per l’evoluzione della situazione economica della propria famiglia e il 48% contempla la possibilità di dover svolgere lavori precari. La stessa divaricazione segna anche la percezione di essere inclusi o esclusi dalla società. Il dato medio di chi sente di essere completamente o in buona misura incluso (54%), sale al 72% per il ceto medio; la percentuale di chi si sente parzialmente o totalmente escluso (il 43%) balza al 71% per il ceto popolare.
La guerra è la prima tra le preoccupazioni per il futuro, così come tra le parole più importanti per guardare al domani spicca la pace. Tra i fattori che possono essere definiti come “nemici del futuro” dopo le guerre (60%), si trovano i cambiamenti climatici (55%), seguiti dall’accentrarsi di un’eccessiva ricchezza in poche mani (36%; 44% nel ceto popolare) e dall’inflazione (32%; 38% nel ceto popolare). Largamente coerenti con i valori registrati dall’indicazione degli aspetti problematici, quelli relativi alle parole considerate più importanti per il futuro: pace (41%), sicurezza (39%), giustizia sociale (38%), democrazia (35%), uguaglianza e stabilità (entrambe al 33%).
Completano i risultati della rilevazione le indicazioni relative agli aspetti problematici che segnano il contesto sociale attuale e suscettibili di produrre criticità anche in futuro. Al primo posto si collocano le guerre (42%), seguite dalla perdita di potere d’acquisto delle famiglie (39%, 46% nel ceto popolare), dalla mancanza di prospettive per i giovani e di stabilità nel lavoro (27%), dall’individualismo egoistico (26%).