POLITICA & SANITÀ

Sanità, Zaia tiene alta la bandiera dell'autonomia (e le tariffe ai privati)

Il resto del Paese riduce i prezzi per le prestazioni ambulatoriali, ma il Veneto mantiene i suoi, più elevati, almeno fino a marzo. Mentre tutte le altre Regioni erano appese alla sentenza del Tar, a Palazzo Balbi e nelle sanità privata ci si preparava al brindisi. Un segnale forte del Doge

Hanno messo il camice bianco al leone di San Marco o, se volete, lo stendardo del felino alato sulla sanità della fetta più grande del Nord-Est. Il risultato non cambia: il Veneto non si lascia sfuggire la pur minima occasione per affermare nei fatti oltre che, rispetto ad altre regioni del Nord, nelle enunciazioni la sua autonomia. E così, mentre nel resto del Paese politici e burocrati della sanità passavano le ultime ore del 2024 lambiccandosi su come uscire dalle forche caudine dell’ormai mitologico e ineffabile Tar del Lazio che aveva appena sospeso il nuovo decreto sul nomenclatore tariffario, a Palazzo Balbi ci si preparava serenamente ai festeggiamenti di fine anno e pure la sanità privata che opera nella regione non aveva alcun motivo di farsi andare il prosecco di traverso.

Già, perché ben prima della sentenza poi rientrata su pressione del Governo, il governatore Luca Zaia e il suo assessore alla Sanità, la fedelissima del Doge Manuela Lanzarin avevano deciso e messo nero su bianco in una delibera di prorogare almeno fino al prossimo 31 marzo le tariffe del proprio nomenclatore, nettamente superiori a quelle previste nel resto del Paese. Così se da ieri l’altro in tutt’Italia una risonanza magnetica al torace vale e quindi si paga agli ambulatori privati 208 euro, nei confini della Repubblica di Venezia resta a 346 euro, lo stesso esame per il collo che nel resto del Paese è fissato a 215 euro, lì rimane a 312, mica bruscolini. 

A sostegno di una scelta che fa un baffo alle tante invocazioni autonomistiche di chi poi, come spesso accaduto nel Nord Ovest e più precisamente in Piemonte, non ha perso un istante per accodarsi alle decisioni romane, anzi non meno di rado attendendole anche quando avrebbe potuto agire da sé, il Veneto ha messo la più scontata delle motivazioni. 

Nella delibera la giunta del governatore leghista, sempre più Liga sempre meno Lega salvinian-nazionalista, ha spiegato che la proroga è motivata dalla necessità di “adeguare i sistemi informativi aziendali e le modalità organizzative, al fine di arrecare minor disagio possibile all’utenza, garantendo ai cittadini la continuità assistenziale”. E ai privati la continuità delle tariffe.

Strepita la Cgil che denuncia un aggravio di cento milioni per le finanze regionali dedicate alla sanità, da altre Regioni preconizzano un respingimento al mittente per i pagamenti oltre la soglia nazionale quando questi dal Veneto arriveranno al vaglio del ministero. Per ora resta la delibera del Doge, piaccia o no traduzione in pratica dell’autonomia in una terra dove ancora si celebra l’assalto dei Serenissimi, l’8 maggio del ’97, al Campanile di San Marco. E dove il trattore trasformato nel celebre Tanko, potrebbe pure diventare un’ambulanza.

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