Il Centro è nei partiti centristi

Al di là delle infinite chiacchiere, ed ipocrisie, su come è possibile oggi rideclinare un progetto e una “politica di centro” nella vita pubblica italiana, è forse bene ricordare un aspetto che non è affatto secondario ai fini del raggiungimento di quell’obiettivo. E cioè, una “politica di centro” si può declinare solo in partiti e in movimenti che siano dichiaratamente ed esplicitamente centristi. E questo per almeno tre ragioni di fondo.

Innanzitutto, un progetto politico centrista è semplicemente incompatibile con partiti di ispirazione populista, sovranista, radicale e massimalista. Per tradurre in termini concreti, partiti come la Lega, i 5 stelle, il Pd e Avs sono politicamente e culturalmente incompatibili con la cultura e la politica di centro. Una sorta di incompatibilità quasi statutaria.

In secondo luogo, una cultura politica di centro può dispiegare sino in fondo la sua potenzialità, e anche la sua originalità, solo all’interno di partiti che coltivano apertamente quel progetto. Se Forza Italia, per fare un solo esempio, è realmente un partito di centro perché la sua mission politica, culturale e programmatica rientra in quell’obiettivo, non si può dire altrettanto di partiti che hanno un’altra vocazione e che, di conseguenza, riducono il centro ad una banale appendice del tutto insignificante ed irrilevante ai fini della concreta prospettiva politica che perseguono. Così vale, e del tutto legittimamente, per il Pd, la Lega o altri partiti populisti e radicali.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, il centro e la “politica di centro” non possono essere declinati da una classe politica che, semplicemente, è esterna a quel sistema di valori e che non possiede quell’indole perché ne è culturalmente estranea. Non è un caso, del resto, se ancora oggi – soprattutto oggi – si ricorda la straordinaria esperienza politica e di governo della classe dirigente della Democrazia Cristiana. Un ceto dirigente che affondava le sue radici nella cultura del cattolicesimo politico italiano e che, soprattutto, aveva uno stile che non era mai ispirato ai criteri della radicalizzazione della lotta politica o della contrapposizione frontale tra i partiti. Perché il centro, come rilevano molti osservatori non di parte, non è soltanto merito politico ma anche metodo di comportamento. E, non a caso, molti rimpiangono oggi – anche e soprattutto gli storici detrattori della Dc e dei suoi leader e statisti – la cultura di governo e il comportamento concreto della classe dirigente democratico cristiana. Un’indole che, come ovvio, è proseguita anche nella seconda repubblica ma sempre con esponenti che avevano una radice culturale riconducibile ad una matrice centrista. Di provenienza cattolica o laica non ha una grande importanza ma che resta comunque sempre estranea rispetto ad un approccio radicale, massimalista, populista e sovranista.

Ecco perché, rideclinare una “politica di centro” oggi nel nostro paese resta un obiettivo importante e decisivo ma tutto ciò non può avvenire in contenitori o in partiti che ne sono semplicemente estranei ed esterni.

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