POLITICA & GIUSTIZIA

Pizzini per "controllare" il voto. Grane giudiziarie per Rasero

Il sindaco di Asti avrebbe dato indicazioni per l'elezione del presidente della Provincia in modo da poter verificare il rispetto della sua volontà. Finisce indagato dopo la denuncia di un suo ex assessore. Che si oppone all'archiviazione. Una faida anche esterna a Palazzo civico

Votare per il candidato concordato non bastava: bisognava scrivere il nome sulla scheda in modo che si potesse risalire all’identità dell’elettore. È il retroscena dietro le elezioni per la Provincia di Asti del 2022. Secondo quanto emerso, il sindaco, Maurizio Rasero, indicò ai consiglieri del suo schieramento il candidato da scegliere: avrebbe poi distribuito dei bigliettini con istruzioni personalizzate su come scriverne il nome. Una modalità per garantire il rispetto delle sue indicazioni e, a detta di alcuni, la possibilità di controllare che fossero state seguite.

La vicenda, scaturita in una denuncia presentata nel luglio dello scorso anno dall’allora assessore Mario Bovino, ha portato all’iscrizione di Rasero (Forza Italia) nel registro degli indagati della procura di Asti per una violazione di una norma del 1960 in materia elettorale. Al termine delle indagini, però, la pm Laura Deodato ha proposto l’archiviazione sostenendo che la questione non avrebbe risvolti di carattere penalistico. Decisioni cui ha deciso di opporsi Bovino che ha chiesto alla Procura generale di subentrare nelle indagini avocando il fascicolo.

Rasero spiegò ai consiglieri che il voto doveva convergere su Simone Nosenzo, sindaco di Nizza Monferrato (che poi diventò vicepresidente della Provincia). Quindi avrebbe distribuito i bigliettini con le istruzioni personalizzate: ciascun elettore doveva scrivere il nome in modo diverso, con certe lettere in maiuscolo, o in minuscolo, o con particolari modalità grafiche. La pm, che nel corso delle indagini ha ascoltato come testimone la consigliera Francesca Varca, afferma che non c'è stata nessuna imposizione, e che nemmeno l’eventualità di un controllo successivo sulla scheda può essere percepito come una potenziale intimidazione. Inoltre, sempre secondo la pm, si tratta un “elettorato di secondo grado” e quindi “è ben difficile ipotizzare una coartazione”.

Il denunciante, Mario Bovino, anche lui di Forza Italia, si è affidato all’avvocato Maurizio Riverditi (ordinario di diritto penale all’Università di Torino), il quale contesta l’impostazione della procura: a suo giudizio è stato violato il principio di libertà e di segretezza del voto sancito dall’articolo 48 della Costituzione, e che deve essere applicato anche a un’elezione di “secondo grado” come quella per la Provincia. A rafforzare le argomentazioni di Riverditi è arrivato anche un parere pro-veritate di Enrico Grosso, docente universitario di Diritto costituzionale a Torino. L’avvocato ha presentato, in subordine, istanza di avocazione alla procura generale del Piemonte: una delle ragioni è che la pm non avrebbe considerato nella giusta luce la condotta di Bovino, che il 25 giugno 2024 raccolse le confidenze della consigliera Varca registrandole integralmente.

Nell’attesa che la giustizia dirima la questione, ora sono più chiare le ragioni che hanno portato Rasero lo scorso 20 dicembre a licenziare dalla giunta comunale Bovino, decisione motivata da “comportamenti non conciliabili con l’azione amministrativa dell’ente”. E se in via informale da Palazzo civico facevano trapelare un potenziale conflitto tra l’attività professionale di Bovino e il suo ruolo di assessore, è probabile che sia stata l’iniziativa giudiziaria la ragione scatenante della rottura. Ultimo atto di un braccio di ferro condotto anche per interposta persona. Bovino, infatti, è il genero di Aldo Pia, potente presidente dei commercianti della città, che indispettito per la mancata nomina alla presidenza della Fondazione CrAsti aveva sollevato il sindaco dal suo incarico in seno all’associazione.

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