Visite a pagamento in orario di lavoro. Molinette, indagine sull'intramoenia
Stefano Rizzi 07:00 Lunedì 27 Gennaio 2025Risultavano in servizio all'ospedale, ma avrebbero svolto attività privata fuori. Inchiesta della magistratura su decine di casi sospetti. Libera professione, alla Città della Salute solo il 18% all'interno. Il commissario Schael: "Verificheremo una ad una le autorizzazioni"
Visite a pagamento durante l’orario di lavoro. Sarebbero alcune decine i medici della Città della Salute di Torino le cui timbrature che attestano il servizio pagato dal pubblico coinciderebbero con la loro presenza in alcune strutture private dove esercitano l’intramoenia “allargata”, ovvero all’esterno dell’ospedale. In alcuni casi potrebbe trattarsi di una svista, una dimenticanza, ma appare difficile immaginare che tutto possa ricondursi a qualche leggerezza.
A fare chiarezza sarà la magistratura, visto che di questi casi si sta occupando la Procura della Repubblica che ha acquisito una notevole documentazione nella più grande azienda sanitaria del Piemonte. La stessa azienda i cui vertici che l’hanno guidata fino a pochi giorni addietro, in primis l’ex direttore generale Giovanni La Valle, aveva già avviato procedure di accertamento interno e azioni disciplinari nei confronti dei medici, iniziative poi congelate proprio in seguito all’intervento della magistratura. Ed è stato ancora La Valle, nei casi in cui i fatti riguardano medici universitari, a trasmettere tutta la documentazione per le valutazioni e i provvedimenti del caso all’ateneo torinese.
Episodi la cui irregolarità e le cui conseguenze penali, ovviamente, sono ancora tutti da verificare, ma che non contribuiscono certo a rasserenare il clima su uno degli aspetti più strettamente legati ai disagi che i pazienti continuano a subire a causa della lunghezza dei tempi di attesa per tutta una serie di prestazioni sanitaria, alla Città della Salute così come quasi in tutto il resto del sistema sanitario piemontese e non solo. La stessa levata di scudi di parte del mondo medico e universitario di fronte alle anticipazioni circa le possibili decisioni dell’atteso commissario Thomas Schael non trova certo sostegno su un altro dato che riguarda la più grande azienda ospedaliera del Piemonte.
Se il manager tedesco non esclude di attuare alle Molinette quella sospensione temporanea dell’intramoenia come ha già fatto all’Asl di Lanciano Vasto Chieti riducendo le liste d’attesa con il recupero di circa 20mila prestazioni in tre mesi, al suo arrivo in corso Bramante ancor prima del possibile blocco della libera professione der Kommissar ha in agenda un altro provvedimento. “Tra i primi compiti del direttore sanitario – dice riferendosi a Flavia Simonetta Pirola, la professionista che Schael ha deciso di portare con sè a Torino assieme all’attuale direttore amministrativo dell’Asl abruzzese Giampaolo Grippa – ci sarà quello di verificare una a una tutte le autorizzazioni concesse ai medici per esercitare l’intramoenia al di fuori della struttura”.
La legge prevede, infatti, che l’intramoenia possa essere esercitata al di fuori della struttura pubblica in cui il medico lavora solo nel caso in cui non siano disponibili locali e attrezzature necessarie. Ecco perché, sempre nello spirito della legge, l’attività in ambulatori esterni o in centri privati dovrebbe rappresentare una minima parte rispetto all’attività complessiva. Invece non è così. E il dato della Città della Salute è a dir poco eclatante.
Solo circa il 18 per cento della libera professione viene effettuata dentro il complesso ospedaliero, tutto il resto avviene fuori. “Se nell’arco della giornata ci sono ambulatori disponibili e non utilizzati questo non giustifica l’intramoenia allargata e quei medici dovranno esercitarla all’interno, come prescrive la norma” spiega ancora Schael che sa bene come questa attività connessa alle liste d’attesa sia molto più controllabile all’interno dell’ospedale anziché fuori. Non è un caso che fin dal varo della legge, ormai più di vent’anni fa, questo era ben presente e venne messo chiaramente nella norma, pur prevedendo eccezioni che col passare del tempo sono diventate, pressoché ovunque, la regola.
Lo stesso passaggio dal regime di intramoenia a quello di extramoenia da parte di una quarantina di medici della Città della Salute, facendo registrare un aumento rispetto allo scorso anno, offre una lettura che si intreccia proprio con il quadro appena descritto e i possibili provvedimenti anche sulla scorta di indagini effettuate su tutto il territorio nazionale da parte dei Nas dei carabinieri. Detto che per il paziente trovarsi di fronte, in un ambulatorio esterno, un medico che fa intramoenia o extramoenia non cambia nulla sotto il profilo della cifra da pagare, che viene sempre fissata dal professionista, differenze sorgono per l’azienda ospedaliera. Se è vero che introita il 5% dell’intramoenia destinato alla riduzione delle liste d’attesa è altrettanto vero che sborsa meno soldi per pagare i medici che scelgono l’extramoenia per i quali scompaiono alcune voci rilevanti che compongono lo stipendio.
Tuttavia, la questione non è solo economica, ma riguarda proprio le modalità della libera professione. Chi vuole esercitare al di fuori dell’ospedale in ambulatorio proprio o di strutture private può già farlo, scegliendo appunto questo status previsto dalla legge. Diverso è utilizzare l’intramoenia (sempre più) allargata, facendo visite al di fuori dell’ospedale addirittura in studi in città diverse e lontane da quella in cui il medico lavora come dipendente, grazie a maglie che anno dopo anno si sono fatte sempre più larghe. E che, tra direttive del ministero e indagini dei Nas, sembrano destinate a restringersi. Probabilmente incominciando proprio dalla più grande azienda ospedaliera del Piemonte.