Liste d'attesa e visite nei weekend.
Bufera sui proclami dell'assessore
Stefano Rizzi 07:00 Martedì 28 Gennaio 2025
L'incontinenza del meloniano Riboldi scatena critiche e sconcerto tra i vertici delle Asl. Provvedimenti non efficaci ovunque. Diktat poco o per nulla sorretti da spiegazioni tecniche. Da "Sindaco della Sanità" a vanverologo il passo è breve
Un tranquillo weekend di paura. E di polemiche. Non avrebbe potuto scrivere trama dall’effetto più dirompente l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte Federico Riboldi nell’annunciare visite ed esami anche nei fine settimana e in orario serale nell’ennesimo tentativo di ridurre le liste d’attesa. La paura, o comunque il timore non del tutto immotivato è quello confessato in camera caritatis da più di un direttore generale di Asl di bruciare in pochi mesi i non moltissimi soldi a disposizione per ridurre i tempi di attesa, pagando medici e infermieri per lavorare sabato, domenica e dopocena, ma rischiando di restare con la cassa vuota ben prima della fine dell’anno.
Quanto alle polemiche, quelle già sobbollivano tra più di un direttore generale nel momento in cui, venerdì scorso, l’assessore ha premuto sull’acceleratore senza curarsi di avere l’altro piede sulla frizione che dunque, non per la prima volta, gli è slittata. Immancabile, poi, l’affondo dei sindacati, Anaao-Assomed in testa, a rivendicare i “sacrifici che i medici già fanno” e chiedere a Riboldi dove troverà i soldi per quel surplus di prestazioni annunciato. Una bufera quella in cui è finito il soi-disant “capo politico della sanità piemontese” che in buona parte ha, involontariamente, provocato egli stesso. Pur mosso da indubitabili buone intenzioni e dall’altrettanto indubitabile necessità di provare a risolvere o, comunque, mitigare l’annoso problema delle liste d’attesa.
Quella delle visite nei fine settimana festivi compresi e pure dopo le ore 20 è, senza dubbio, un’opportunità sia pure con giudizi contrastanti rispetto alla reale efficacia. Ma su questo tema l’annuncio di Riboldi è parso a molti come un ordine e, ben conoscendo il valore che molti direttori danno all’autonomia delle loro aziende, ben si comprende la reazione non proprio coralmente entusiastica alla disposizione impartita nel corso dell’adunata. Se poi si aggiunge la questione delle risorse necessarie ecco che la versione “sindaco della sanità”, rivendicata dall’esponente di Fratelli d’Italia finisce con lo stridere rispetto a tutt’altra impostazione che il ruolo di assessore, giocoforza, impone. Così come impone cautelative frenate su legittimi entusiasmi e roboanti annunci.
Che il problema dei tempi di attesa sia più che serio e drammaticamente persistente non c’è il minimo dubbio, così come sulla necessità di interventi sperabilmente concreti. E proprio perché è materia da maneggiare con cura, vieppiù in una circostanza come quella dell’incontro con i vertici delle aziende sanitarie e non con una platea di cui accalappiare il voto, probabilmente sarebbe più utile all’assessore seguire meno i consigli di guru della comunicazione e di fedelissimi consiglieri e più quelli, così come lo stile apparentemente burocratico, dei tecnici di vaglia che alla Sanità piemontese fortunatamente non mancano fino ai massimi livelli
La stessa idea, in questo caso quella delle prestazioni in orari non convenzionali, proposta e spiegata diversamente e più dettagliatamente, lasciando a ciascuna situazione la scelta se attuarla o meno, avrebbe forse trovato meno resistenze e offerto meno il destro a chi non ha che da attendere al varco per alzare gli scudi. Banalmente, inserire questa eventualità di prestazioni aggiuntive nel novero dei mezzi per ridurre le attese forse avrebbe evitato facili repliche come quella che sostiene l’inutilità di visite alla domenica, confermata da molte disdette laddove si è sperimentata. Così come appare difficile generalizzare un successo delle prestazioni in orario serale che possono dare risultati in alcune aree urbane e in una fascia di popolazione piuttosto giovane e autonoma, ma fallire miseramente in ambiti periferici e nei casi in cui a ricorrere alle visite siano anziani.
Probabilmente anche con un approccio diverso alcune polemiche sarebbero scaturite ugualmente. Come quella dell’Anaao che con la sua segretaria regionale Chiara Rivetti risponde a Riboli che “i sacrifici che pensa di chiedere ai medici per abbattere le liste d'attesa, in realtà i medici li stanno facendo da tempo. Troppo. Come anche il lavoro di weekend, compreso Natale, Pasqua, Capodanno e Ferragosto”. La sindacalista sostiene che “i medici ospedalieri sono pochi e stanchi, ma continuano a garantire i servizi alla popolazione, regalando straordinario non pagato alla propria azienda, accumulando ferie e stress”, descrivendo certamente una buona parte dei professionisti. Dimenticando che un’altra tanto stanca e stressata fortunatamente non deve esserlo se trova tempo e modo di alimentare la crescita, notevole negli ultimi tempi in tutto il Paese, della libera professione ovvero delle visite a pagamento fuori dall’orario di servizio.
Schermaglie a parte, resta la questione che interessa i pazienti e che è quella dei tempi di attesa ancora troppo lunghi che spesso costringono a metter mano al portafogli per abbreviarli pagando visite ed esami. I soldi a disposizione della sanità piemontese per ridurre le liste nell’anno appena incominciato non sono molti, una quindicina di milioni suppergiù. E, quindi, forse val la pena di non bocciare affatto l’idea delle prestazioni nei weekend così come alla sera, ma neppure ritenerla applicabile universalmente. Insomma, la bufera nella quale è finito l’assessore avrebbe potuto essere una tempesta in un bicchier d’acqua. Da sorseggiare lentamente, tra un annuncio e l’altro.