Senza soldi e personale, il flop dell'azienda Regina Margherita
Stefano Rizzi 12:03 Mercoledì 05 Febbraio 2025Dopo oltre un anno dalla sua istituzione c'è solo il commissario che la guida. Non un euro, neppure una segretaria. Lo scorporo dalla Città della Salute segna il passo. Il nodo dei costi negati. Intanto l'assessore spinge per inserirvi anche il Sant'Anna
L’ultimo dei giapponesi della sanità piemontese è il primo commissario di un’azienda ospedaliera senza neppure una segretaria. Giovanni Messori Ioli dall’inizio del 2024 è al vertice dell’Azienda Ospedaliera Regina Margherita di Torino, ma sotto di lui non c’è nessuno. Non il direttore sanitario, men che meno quello amministrativo e quella della segretaria non è un’esagerazione, ma la realtà. Così come il vuoto totale della cassa, neppure il becco di un quattrino.
Ieri l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, ha ribadito l’intenzione di tenere unito il Regina Margherita, eccellenza pediatrica nazionale, con l’altro ospedale, il Sant’Anna la cui specialistica ostetrico-ginecologica lo rende, appunto inscindibile dalla struttura pediatrica in quello che Riboldi definisce “percorso mamma-bambino”. Un percorso che, sempre l’assessore spiega, “è alla base dell’idea di tenere i due ospedali all’interno della stessa azienda”.
Tesi, oggettivamente, difficile da contestare, considerato, tra l’altro, che fino ad oggi i due ospedali stanno di fatto all’interno della Città della Salute, moloch dal quale dovrebbe staccarsi la nuova azienda affidata a Messori Ioli, senza però una parvenza di dotazione economica, così come di personale. Si pensa già alla torre dove ospitare i due ospedali che mostrano i pesanti segni degli anni, ma più dello skyline che sarà oggi la sanità piemontese mostra una scatola vuota che si cerca, peraltro, di non mostrare tale. Ma i fatti sono questi, sono un’azienda che al ministero della Salute risulta come le altre, con la sua partita iva, con le sue incombenze burocratiche da assolvere nel sovrappiù di un processo di scorporo dall’astronave madre di corso bramante che, anche e soprattutto per queste carenze, segna pesantemente il passo.
Difficoltà e problemi che il commissario non ha certo nascosto anche nella non lontana audizione in commissione Sanità del consiglio regionale, lo stesso consiglio che a fine 2023 aveva approvato la costituzione della nuova azienda ospedaliera.
“Era un impegno che ci siamo presi fin dalla campagna elettorale – aveva allora salutato il voto il governatore Alberto Cirio – e che oggi arriva a compimento: garantire all’ospedale Regina Margherita le sue specificità per l'eccellenza nella cura dei bambini”. E l’allora assessore alla Sanità Luigi Icardi: “Per la Regione Piemonte, vuol dire mantenere l’impegno a costituire un presidio ospedaliero d’eccellenza interamente dedicato all’area materno-infantile, valorizzando il percorso fin qui svolto da questo ospedale e riconosciuto a tutti i livelli, alla pari dei più importanti presidi pediatrici nazionali, come il Gaslini di Genova, il Sacco di Milano e il Meyer di Firenze”.
Dietro a tutto questo, per nulla invisibile, anima e motore (sempre acceso e pronto ad accelerate) del Regina Margherita, Franca Fagioli direttrice dell’oncoematologia e voce sempre ascoltata dai Palazzi della politica. Dai palazzi alla stanza assegnata a Messori Ioli, forse non a caso lontana dai vertici della Città della Salute dove fino a poco tempo fa stava il direttore generale Giovanni La Valle e il suo braccio destro amministrativo Beatrice Borghese, il passo è lungo, forse troppo. Come quello che si prospetta con l’accorpamento del Sant’Anna al Regina Margherita, difficilmente opinabile se non fosse che per tutte le ragioni fin qui dette già lo scorporo appare un’impresa.
Non ci sono neppure i soldi per un minimo di struttura, non è uno scandalo che il commissario scriva da sé le lettere, ma è comunque un ulteriore tratto di un quadro che nessuna pennellata può nascondere. I primi soldi destinati alla nuova azienda ospedaliera sono quelli di cui c’è traccia in un atto della Regione di pochi giorni fa, qualcosa come poco meno di 300mila euro. Insomma, neppure sufficienti per assumere un direttore amministrativo e sanitario. Così come più prima che poi verrà al pettine un altro nodo, quello dei costi. Nella legge istitutiva e in tutti gli atti è scritto che la creazione della nuova azienda “non comporta oneri a carico del bilancio regionale”. Ma davvero potrà essere così, o non si profila il momento in cui si dovrà prendere atto che l’operazione non può essere a costo zero? Magari prima di procedere con l’accorpamento del Sant’Anna in un’azienda senza soldi e senza truppe. Col suo primo commissario che sembra l’ultimo dei giapponesi.