DISCORDIA ISTITUZIONALE

Lo Russo, avviso di sfratto a Cirio:
"Ci riprendiamo le case popolari"

"Se l'Atc non è in grado di gestirle allora liberi di prendere altre strade": l'ipotesi contenuta in una proposta di delibera sottoscritta da tutta la maggioranza a Torino. Il precedente di Milano e i rapporti sempre più tesi con Marrone

Succede anche nelle migliori famiglie. Alberto Cirio e Stefano Lo Russo, coppia di fatto della politica piemontese, sulle case popolari potrebbero rompere ed è proprio il sindaco di Torino ad agitare l’ipotesi di sfrattare l’inquilino del grattacielo. Se Atc non funziona il Comune può affidare la gestione dei propri alloggi popolari a un altro soggetto: questo in sostanza è il succo di una proposta di delibera presentata oggi da tutta la maggioranza a Palazzo civico dal titolo “Un nuovo piano per il diritto alla casa per sviluppare Torino”. A mettere nero su bianco un documento che potrebbe rappresentare più di una provocazione è il capogruppo dem Claudio Cerrato e la presenza in conferenza stampa della vicesindaca Michela Favaro non fa che dare maggior rilievo all’iniziativa.

Sono quasi 29mila gli alloggi gestiti dall’Atc del Piemonte centrale a Torino e nella sua area metropolitana, di questi circa 9.200 sono di proprietà del capoluogo che paga ogni anno 6,1 milioni di euro ad Atc in base a una convenzione che scadrà il prossimo 31 marzo (a questi si aggiungono 1,7 milioni per coprire il fondo delle morosità incolpevoli). E forse non è un caso che proprio adesso il Pd abbia deciso di uscire allo scoperto ammettendo che “con Atc ci sono delle frizioni” dice Cerrato allo Spiffero. “Dovremo valutare se rinnovare e se rinnovare tutto il patrimonio perché a Milano, per esempio, si è scelta un’altra strada”. Nel capoluogo lombardo una parte ingente degli alloggi pubblici è stata trasferita alla Mm, società interamente pubblica fondata nel 1965 per progettare e realizzare la Metropolitana milanese, per poi assumere la gestione del servizio idrico e infine pure le case popolari. Due anni fa questa ex municipalizzata ha vinto la gara internazionale per progettare la metropolitana di Tel Aviv. Che il Comune di Torino stia valutando di fare lo stesso, girando parte dei suoi alloggi a Infra.to? Chissà. Certo sarebbe un’operazione tutt’altro che banale.

“Dal piano Casa di Fanfani – osserva Cerrato – non ci sono stati investimenti sull’edilizia residenziale pubblica. In questo momento con Atc c'è un problema sull’utilizzo delle case e la manutenzione. Quello che noi diciamo è che se c’è difficoltà a gestire il patrimonio di edilizia pubblica della Città, o una parte di esso, si può valutare di affidarlo ad altri, magari coinvolgendo il terzo settore”. L'accusa, neanche troppo velata, è di fare propaganda con un centinaio di alloggi occupati, senza riuscire ad assegnare i mille sfitti.

Le questioni tecniche s’intrecciano con quelle più squisitamente politiche. È noto, infatti, che con l’ultima riforma delle Atc il Comune ha perso la rappresentanza nei cda dell’ente e questa è la seconda legislatura regionale che a nominare presidente e vice è il centrodestra. Durante il Cirio bis la delega della Casa è nelle mani dell’assessore di FdI Maurizio Marrone, lo stesso che ha scritto la legge “contro” la legalizzazione di Askatasuna e che non perde occasione per lanciare strali contro Lo Russo e la sua giunta (a partire proprio dal progetto che ruota attorno al centro sociale di corso Regina Margherita). Da poco Marrone ha nominato a capo dell’Atc di Torino Maurizio Pedrini, numero uno di FdI nel capoluogo piemontese e ora i dem temono di perdere uno dei tanti feudi elettorali che un tempo erano appannaggio loro.

“La delibera offre alcuni spunti di riflessione – dice la vicesindaca Favaro –. Con Atc c’è un contratto, ci sono delle relazioni, i rapporti con l’Agenzia sono oggetto di confronto costante e si terrà conto di questo, con l’obiettivo di cercare di offrire il miglior servizio ai cittadini che abitano nelle case Atc”. Un modo per prendere tempo, in attesa della resa dei conti?

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