Missione (in)compiuta in Albania.
Primi (pochi) infermieri tra un anno
Stefano Rizzi 12:06 Giovedì 06 Marzo 2025
Tre giorni di incontri nel Paese delle Aquile, ma la sanità piemontese deve volare basso. Accordi e protocolli per la delegazione guidata dall'assessore meloniano. Alla fine (forse) arriveranno 200 rincalzi a fronte di 5mila posti da coprire
Basterà un volo charter, magari pure con qualche posto vuoto, per far decollare dall’Albania gli annunciati rincalzi necessari alla pesante carenza di infermieri negli ospedali piemontesi. Bisognerà, però, aspettare un anno o giù di lì, prima di vedere i ripetutamente annunciati aiuti che, nella migliore delle ipotesi, si conteranno in un paio di centinaia. Per adesso ad atterrare sul suolo piemontese, in arrivo da Tirana, è stato l’aereo che ieri pomeriggio ha riportato a casa l’assessore alla Sanità Federico Riboldi e tutto il resto della comitiva. Una missione aveva impensierito non poco chi, sindacati in primis, temeva una rapida e pesante invasione di infermieri albanesi. Possono dormire sonni tranquilli.
Se quello gettato da Riboldi è un ponte tra la sanità piemontese e quella del Paese delle Aquile pare si dovrà attendere non poco per vedervi passare i primi professionisti laureati in una delle tredici università visitate dalla delegazione. Compagnia di cui hanno fatto parte il prorettore dell’Università del Piemonte Orientale Luca Regazzoni, Valerio Dimonte, professore all’ateneo torinese, il presidente dell’Ordine degli infermieri di Torino Ivan Bufalo e i tre consulenti di Azienza Sanitaria Zero, Federico Nardi, Blerim Zhugli e Salvo Lo Presti, quest’ultimo sindacalista di Nursind, ma non in tale veste, come si sono affrettati a specificare i vertici del sindacato stesso.
Tempi tutt’altro che brevi, insomma. E non potrebbe essere altrimenti, vista la trafila burocratica che ad oggi è prevista per abilitare infermieri di un un’altra nazione, tanto più se non membro dell’Unione Europea come nel caso dell’Albania. Il riconoscimento del titolo spetta al Ministero della Salute che normalmente impiega parecchi mesi, in alcuni casi più di un anno, poi la pratica passa all’Ordine che deve provvedere all’esame per appurare la conoscenza della lingua italiana e della legislazione in materia, quindi finalmente l’infermiere che aspira a lavorare in Italia può presentare richiesta di iscrizione all’Ordine professionale e rispondere a eventuali concorsi.
Snellire e velocizzare questa procedura, così come prevedere la possibilità di unire in “pacchetti” le richieste non è materia di una Regione che può soltanto sollecitare, come pare sia l’intendimento del Piemonte, il Governo. A breve in Albania dovrebbe andare anche il ministro della Salute Orazio Schillaci e chissà che in quell’occasione non anticipi qualche provvedimento in merito. Uno degli ultimi annunci, per quanto riguarda gli infermieri, risale allo scorso ottobre quando aveva palesato l’intenzione di portare in Italia 10mila infermieri dall’India, “con un reclutamento – aveva spiegato – gestito direttamente dalle Regioni”. Non se ne è più saputo nulla. Se mai arrivassero, a spanne, in Piemonte non ne potrebbero giungere meno di 500, più del doppio della previsione del flusso albanese, peraltro ancora tutto da verificare.
E se lo scoglio principale sembra proprio essere quello della complessità della procedura sembra profilarsi tra le varie ipotesi anche quella di “aggirare” le pastoie e i tempi lunghi affidando il reclutamento a una società in house di parte del sistema sanitario piemontese qual è Amos che potrebbe ingaggiare i professionisti per poi destinarli agli ospedali delle aziende che ne compongono interamente l’assetto societario. Ipotesi, come peraltro lo è ad oggi anche la previsione su tempi e numeri. “Oggi in Piemonte le Università formano circa 400 infermieri ogni anno – premette Riboldi – e noi contiamo attraverso le borse di studio incrementare questi numeri e avere una quota fissa dall’Albania su cui poter contare per il turn over e per colmare quella carenza che si trascina ormai da anni”.
Nell’attesa di vedere i primi rincalzi, l’intendimento dell’assessore è quello di “non fare interventi spot, ma instaurare un rapporto costante e duraturo tra le nostre università e quelle albanesi”. Si vedrà. Nel frattempo, quella stima di circa duecento rincalzi all’anno dall’Albania è difficile non vederla come un pannicello caldo di fronte a un organico del sistema sanitario piemontese che necessiterebbe almeno di 5mila professionisti in più. Certo anche uno in più serve, ma gli annunci della missione albanese avevano alimentato ben altre aspettative. Se poi si considera che in Piemonte stanno lavorando ancora più di 600 infermieri stranieri assunti in deroga per l’emergenza Covid e che questa possibilità scadrà nel 2027 con il rischio di aumentare ancor più il deficit di personale, i numeri dell’operazione nel Paese delle aquile sembrano suggerire di volare basso.