Unioni fuori dal Comune. "Rimettere mano alla legge"
Stefano Rizzi 07:00 Sabato 08 Marzo 2025A 13 anni dalla riforma che mandò in soffitta le Comunità Montane in Regione Piemonte si prepara una profonda revisione. Storture di un sistema nato per sopperire alle difficoltà finanziarie. L'assessore Bussalino: "In Aula il testo entro sei mesi"
L’unione farà pure la forza, ma va governata. Ne sa qualcosa il Piemonte, regione dove si registra il primato nazionale per il maggior numero di quei piccoli Comuni che solo unendosi tra loro riescono a fornire agli abitanti tutta una serie di servizi altrimenti insostenibili. Dalla condivisione degli agenti di polizia locale agli uffici tecnici per le pratiche urbanistiche ed edilizie, passando per gli scuolabus fino ad arrivare alla protezione civile, sono disparati gli ambiti da condividere nelle Unioni di Comuni, consentendo di far fronte a spese altrimenti insostenibili e mostrando nel tempo la validità del sistema. Ma anche alcune lacune e distorsioni.
Non sono rari i casi in cui un’amministrazione comunale ha deciso, per i motivi più disparati, di uscire da un’Unione omogenea per territorio, scegliendo di aderire a un’altra, magari molto più lontana e con caratteristiche diverse. Altre situazioni raccontano di porte girevoli con ingressi e uscite rendendo assai complicato programmare fondi e interventi che necessitano di una certa stabilità. Da qui l’esigenza di un tagliando approfondito alla legge che risale al 2012 e porta il nome dell’allora assessore della Lega Elena Maccanti. E una sorta i nemesi politica porta proprio un compagno di partito di Maccanti, l’attuale assessore Enrico Bussalino a mettere mano a quel testo “ottimo e utilissimo all’epoca, per molti aspetti ancora valido, ma che dopo tredici anni necessita di alcuni aggiornamenti”.
Un terreno, neppure troppo metaforicamente, complesso quello su cui la Regione intende mettere mano, non foss’altro perché proprio dalle sue casse escono ogni anno poco meno di 5 milioni di euro, di cui circa la metà trasferiti dallo Stato che vanno a coprire buona parte delle spese sostenute dalle Unioni di Comuni. Ad oggi la situazione vede 35 Unioni di Comuni per 158 amministrazioni civiche e 277.643 abitanti e 51 Unioni Montane che raggruppano 484 Comuni per una popolazione i 652.749 abitanti. Scorrendo le varie voci delle materie cui vengono destinate le risorse spicca il 23%, percentuale più alta, per la polizia locale, seguita dalla pianificazione urbanistica e dalla protezione civile entrambe con un peso di circa il 18%, ma rilevanti nella ripartizione sono anche i servizi pubblici e quelli sociali.
Un quadro che, come detto, negli anni ha visto non rari casi di interpretazione in senso troppo largo della norma, tant’è che lo stesso Bussalino spiega come “sia arrivato il momento in cui la Regione attui un’azione di regia”, espressione morbida per dire che c’è bisogno di rimettere ordine e fissare più di un paletto. “I nostri uffici stanno lavorando a un ridisegno degli ambiti territoriali omogenei e vincolare i contributi al rispetto degli ambiti stessi”. Insomma, porre un segnale di divieto davanti a chi decide, come avvenuto fino ad ora, di scegliersi l’Unione di Comuni o Montana che preferisce, senza tenere conto della collocazione geografica. Una distorsione, questa, che non di rado si è verificata addirittura in zone di montagna dove le distanze e le differenze tra una valle e l’altra sono notevole e con situazioni paradossali come il vedere un agente di polizia locale attraversare per chilometri un territorio nel quale non è chiamato ad operare per andare a svolgere il servizio nel comune che aveva deciso di aderire all’organismo lontano dalla sua zona.
E se nel 2013, dopo ben 42 anni, vennero cancellate le Comunità Montane tra non poche polemiche politiche con il centrosinistra apertamente critico sulla riforma attuata dall’allora giunta guidata da Roberto Cota, oggi è ancora la Lega, con Bussalino, a gestire una partita dove mai come qui si scontrano le questione di campanile. “Ovviamente non si vuole tornare alle Comunità Montane, ma – spiega l’assessore – ridisegnare gli ambiti territoriali sul modello dei vecchi enti, proprio per superare le attuali disomogeneità che rappresentano un aspetto negativo e pesano anche sull’efficienza dei servizi, così come dello stesso governo delle Unioni nei territori di montagna”. Nei piani di Bussalino la riforma che passerà per una serie di emendamenti alla legge Maccanti, dovrebbe arrivare in aula entro sei mesi passando per le interlocuzioni con tutte le associazioni di rappresentanza degli enti locali. Un percorso che non si annuncia certamente in discesa e non solo perché, in gran parte, riguarda la montagna.