La soglia per il soglio di Pietro. Conclave con il "batti quorum"
Eusebio Episcopo 07:00 Domenica 09 Marzo 2025Per diventare papa sono necessari i due terzi dei voti del collegio cardinalizio. In Vaticano circola voce che Francesco sarebbe intenzionato a modificare la norma: basterà la sola maggioranza dei suffragi. Più la platea è ampia e meno è facile orientare la scelta
Mentre resta alta l’apprensione per la salute del Santo Padre, circola voce in Vaticano che al ritorno di Francesco a Santa Marta egli procederà alla modifica della Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che tutt’ora regola il conclave, abbassando il quorum necessario per l’elezione del futuro pontefice e portarlo dagli attuali due terzi dei voti alla sola maggioranza dei suffragi. Il collegio cardinalizio è oggi composto da 137 elettori, di conseguenza occorre raggiungere il quorum di 91 voti, un numero altissimo rispetto ai conclavi precedenti dove i cardinali erano di meno. Tale quorum renderebbe necessaria la scelta di un candidato non troppo schierato e di “compromesso”. Abbassando il quorum alla maggioranza si farebbero più elevate le possibilità di eleggere un papa di fede bergogliana. Ovviamente, nulla di certo ma le tifoserie si stanno già formando. Su vari siti compare la foto e il profilo del cardinale Pietro Parolin, definito come «il più papabile», seguiti dallo statunitense Robert Francis Prevost, dal canadese Gérard Cyprien Lacroix e dal filippino Luis Antonio Tagle.
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Le casse vaticane piangono e c’è grande preoccupazione per il mostruoso deficit della Santa Sede. Ecco allora promulgato dal Santo Padre il «venerato chiorografo» con il quale istituisce la Commissio de donationibus pro Sancta Sede destinato a sollecitare e raccogliere fondi e offerte da ricchi donatori che, specialmente americani e tedeschi, si sono fatti in questi anni meno generosi, anzi se ne sono proprio andati. Diceva un vecchio cardinale di curia che, se vuole aiutare i poveri, «la Chiesa deve essere ricca», non per sé stessa ma, proprio come è scritto tra i fini del nuovo organismo, «reperendo finanziamenti da volenterosi donatori» i quali, ovviamente, non possono che essere soggetti facoltosi e ricchi. Particolare interessante: la nuova Commissione è l’unico organismo della Santa Sede esente dal controllo della potentissima e temutissima Segreteria per l’Economia guidata dal laico Maximino Caballero Ledo. Come ha osservato qualcuno «il pontificato di Francesco, arrivato a ridosso dell’inizio del suo tredicesimo anno, sembra aver bisogno dei ricchi per poter mantenere quel giuramento fatto in conclave al cardinale Claudio Hummes di non dimenticare i poveri».
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La diocesi di Biella – una sessantina di sacerdoti per 114 parrocchie, una ventina di diaconi e tre seminaristi – è governata da quella che, più che una trinità immanente, si potrebbe denominare “beata trimurti”, composta dal vicario generale don Paolo Boffa Sandalina – il vero dominus – e dai vicari episcopali don Stefano Vaudano e don Filippo Nelva. Nulla si muove o si decide senza il loro consenso. Tengono così in scacco la diocesi ed in primis il buon (nel vero senso della parola) vescovo monsignor Roberto Farinella, il quale deve pure sopportare la vigilanza di due “suocere” di peso: il suo predecessore, monsignor Gabriele Mana, passato alla storia per aver messo in guardia e redarguito i preti che osarono andare ad Oropa ad ascoltare il cardinale Leo Burke, e il biellese monsignor Alceste Catella, ex vescovo di Casale Monferrato, liturgofrenico e famoso per avere cacciato in malo modo gli ingenui fedeli che gli chiedevano di applicare l’allora vigente motu proprio Summorum Pontificum sulla Messa antica. Adesso è tornato a risiedere a Casale per recare aiuto ad un altro biellese, il vescovo monsignor Gianni Sacchi.
Gli uffici curiali sono retti da persone che provengono dalla parrocchia biellese di San Paolo che da sempre costituisce una diocesi nella diocesi e dove regna il sunnominato canonico Nelva. Personaggio emergente, che oltre a qualche incarico fra gli attempati dell'Azione Cattolica, da anni cerca di conquistare una licenza in morale, è il parroco di Pollone don Luca Bertarelli, il quale si prepara a farsi notare in occasione della canonizzazione di Piergiorgio Frassati. Senza dimenticare il rettore di Oropa, don Michele Berchi, detto “quello dei mostri” a causa delle orripilanti «opere d’arte» da lui collocate davanti al santuario, che non perde occasione per divulgare la sua biografia. Insomma, se il vescovo appare sempre più evanescente e sullo sfondo, Biella possiede una bella pattuglia di aspiranti ai «carismi più grandi» (1 Cor 12, 31), in quanto per l’episcopato, come è ben noto, non vi è mai scarsità di vocazioni.
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A Saluzzo, dove regna il sempre più esausto monsignor Cristiano Bodo, è avvenuta l’ordinazione episcopale di monsignor Bernardino Giordano, saluzzese, mandato a reggere la diocesi di Grosseto. Ha presieduto il rito, non (come vorrebbero le norme sinodali) il metropolita cardinale Roberto Repole ma uno smagliante vescovo di Novara, monsignor Franco Giulio Brambilla, amico dell’ordinando, al quale ha indirizzato una brillante omelia densa di paterni consigli a cominciare dalla regola d’oro del pastore: Oportet magis prodesse, quam praeesse! Un punto però della sua allocuzione ha colpito ed è quando ha messo in guardia il nuovo presule da quei preti che verranno dal vescovo dicendo: «Ho sentito il mio padre spirituale e mi ha detto così... C’è un tipo di maestro che fa solo da specchio al discepolo, in cui questo si riflette narcisisticamente non per crescere, ma per rimanere nella bambagia... Quando qualcuno verrà a dirti così, non temere caro don Bernardino. Tu cerca solo di ricordagli: un maestro che è solo il tuo io allo specchio, il tuo doppio, è un mentitore». A tali parole, non vi è stato, tra i preti astanti, chi non abbia rivolto il suo pensiero alla scolta “boariniana” torinese e al suo guru, oppure alla sempre onnipresente virgo plus quam potens.