POLITICA & SANITÀ

Guerra alla riforma Schillaci, mutuati arruolati dai medici

Dal sindacato Fimmg una petizione da far sottoscrivere in tutto il Paese agli assistiti dei camici bianchi. Migliaia di moduli per raccogliere le firme da inviare ai presidenti di Regione. Obiettivo: contrastare il passaggio alle dipendenze delle Asl

Che la battaglia contro il passaggio dei medici di famiglia dallo status di liberi professioni in convenzione a quello di dipendenti sia combattuta dal principale sindacato dei camici bianchi senza esclusione di colpi è noto ormai da tempo. Meno, anzi per nulla, prevedibile che la Fimmg nella guerra dichiarata alla riforma voluta dal ministro della Salute Orazio Schillaci arrivasse ad arruolare addirittura i pazienti, facendone una sorta di coscritti. Eppure dall’Alto Adige alla Sicilia, passando per ciascuna regione, la sigla di rappresentanza dei medici di famiglia ha scatenato i propri iscritti in un’operazione senza precedenti, non tanto per la sua capillarità quando per la discutibile chiamata in soccorso degli assistiti. 

Da oggi in poi sarà facile, insieme alla ricetta, ricevere dal proprio medico un foglio su cui apporre la propria firma a sostegno di una rivendicazione che i professionisti aderenti al sindacato hanno deciso di portare avanti facendo leva sui timori che la raffigurazione della riforma può facilmente ingenerare nei pazienti e, quindi, chiedendo loro si sottoscrivere una petizione ai presidenti delle Regioni.

Dal vertice nazionale sono già state distribuite migliaia di moduli in cui, sotto il titolo “Voglio proteggere il rapporto di fiducia con il mio medico di famiglia”, c’è scritto quel che la Fimmg chiede ai cittadini di sottoscrivere. “Egregio Presidente, esprimo profonda preoccupazione per i cambiamenti annunciati dai mezzi di comunicazione per la medicina generale. Voglio continuare a poter scegliere il mio medico di famiglia”, l’esordio che già collide con le ripetute rassicurazione del ministro sul fatto che non si minerà lòa scelta del medico. Ma tant’è, la lettera preconfezionata dal sindacato per gli assistiti dei suoi iscritti prosegue dicendo ai governatori: “voglio che lo studio del medico sia vicino a casa mia, che il mio medico possa dedicarsi alla mia salute con la libertà e la flessibilità di oggi, voglio essere considerato una persona da seguire e non una prestazione da erogare”. 

Poi la tesi sostenuta dalla Fimmg che il sindacato mette in bocca ai pazienti, difficilmente o comunque non in maniera così pesante “autonomi”, specie nel caso degli anziani, e comunque soggetti intrinsecamente deboli nel rapporto con chi ha in mano la loro salute per obiettare su quella firma. “Se il mio medico diventerà un dipendente (…) perderò il mio punto di riferimento per la salute, il mio diritto di scelta, la sua vicinanza”, prosegue il testo predisposto dal sindacato che si conclude con l’appello, che pare un altolà, al presidente della Regione: “Nessuno tocchi il mio medico di famiglia!”.

I moduli prestampati stanno già circolando. In questi giorni in Piemonte si sono visti circolare negli studi e già c’è chi si chiede se nella pur legittima e intangibile azione sindacale, questo tipo di azione non presenti alcuni aspetti degni di attenzione. Anche solo (ma non soltanto) per quanto riguarda l’opportunità. Proporre agli assistiti questa petizione, non in banchetti per strada, ma durante l’orario di lavoro svolto per conto del servizio sanitario regionale, potrebbe porre alcuni interrogativi.

Analoga iniziativa, sempre su precisa indicazione del vertice nazionale del sindacato guidato da Silvestro Scotti, riguarda i collaboratori dei medici di medicina generale. “Nell'ambito della mobilitazione – scrive la segreteria nazionale alle articolazioni territoriali – vi invitiamo a coinvolgere i nostri iscritti inviando loro il fac simile allegato, indirizzato al Presidente della vostra Regione, al fine di raccogliere le firme dei collaboratori di studio medico facendo quindi sentire la loro voce e sottolineando il loro ruolo cruciale nel nostro ambito organizzativo”.

Mentre non sono poche le perplessità e gli interrogativi su questa guerra “non ortodossa” combattuta, contro la riforma che Schillaci pare considerare irrinunciabile, dal sindacato che conta il maggior numero di iscritti, resta da vedere quale sarà la reazione dei governatori. Specie in quei casi, come il Piemonte, dove governa il centrodestra e, addirittura, l’assessore alla Sanità è dello stesso partito che esprime il ministro.  

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