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Referendum e amministrative.
Verso l'election day di primavera

Landini e Magi, promotori della consultazione su Jobs Act e Cittadinanza, chiedono di andare alle urne con il primo turno delle elezioni comunali. Temono di non raggiungere il quorum senza il traino delle votazioni locali. La decisione nel Cdm di giovedì

Favorire la partecipazione attraverso un “election day”, garantire la possibilità di votare anche a studenti e lavoratori fuorisede, assicurare la dovuta copertura informativa. Sono queste le richieste che oggi Maurizio Landini e Riccardo Magi, presidenti dei comitati promotori dei referendum su Jobs Act e cittadinanza che si voteranno in primavera, hanno sottoposto a Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano. L’incontro a Palazzo Chigi è stato preceduto dal flash mob “Abbiamo fretta di votare”, di fronte a Montecitorio, promosso dalle reti studentesche e giovanili aderenti ai comitati referendari.

“Abbiamo espresso con fermezza la nostra valutazione secondo cui il referendum, per favorire la massima partecipazione, si debba tenere nel primo turno” delle Amministrative, ovvero il 25 e 26 maggio. “A nostro avviso andare oltre, significherebbe andare oltre la chiusura dell’anno scolastico, in un periodo di maggiore mobilità di famiglie e cittadini. Pensiamo che sia necessario che il referendum sia collegato al primo turno non al ballottaggio – ha aggiunto il segretario generale della Cgil –. Perché votare nel mese di maggio rispetto al mese di giugno, a scuole aperte, vuol dire favorire il voto di un maggior numero di persone. Abbiamo detto in modo molto esplicito che questa è la nostra richiesta. Non ci hanno dato delle risposte definitive, hanno detto che ne terranno conto, che devono fare una discussione, che hanno un prossimo Consiglio dei ministri già giovedì”.

L’informazione, il fatto che le persone siano informate per poter decidere se e cosa andare a votare è un punto decisivo, una battaglia democratica fondamentale, tanto più in un Paese che si sta abituando a crisi di partecipazione. Il leader di Più Europa, dato anche il suo passato da Radicale, mette in guardia: “I governi e i principali partiti che stanno in una maggioranza di governo sono storicamente antireferendari e il modo che hanno per fregare il referendum è quello di nascondersi dietro il quorum, nascondersi dietro all’astensione”, ma “sono questioni che attengono alla democrazia. Per noi è importantissimo che ci sia l’election day perché significherebbe favorire la partecipazione ed evitare che ci siano tre voti diversi”.

In realtà, alcuni giorni fa, era stato proprio Piantedosi ad aprire alla possibilità di una consultazione unica tra referendum e voto nelle città: “Nell’ottica di favorire la partecipazione al voto dei cittadini contrastando l’astensionismo stiamo lavorando ad un provvedimento per consentire il voto su due giorni, abbinando la consultazione per i quesiti referendari alle amministrative di primavera”, aveva detto il titolare del Viminale.

Le date cerchiate in rosso sul calendario, sulle quali si potrebbe arrivare domani a un “gentlemen agreement” sono allora 25-26 maggio (e sarebbe l’opzione preferita dai promotori) o 8-9 giugno, in corrispondenza del primo turno o del ballottaggio delle elezioni comunali. Nel prossimo Consiglio dei ministri il Governo dovrebbe varare il decreto Elezioni per consentire il voto su due giorni, domenica e lunedì. Il provvedimento potrebbe contenere anche l’indicazione di un possibile accorpamento elettorale “per motivi di risparmio”. A quel punto toccherebbe al Viminale, con un decreto ministeriale ad hoc, fissare la data dele Amministrative e quindi al Presidente della Repubblica indire i comizi referendari.

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