Sanità, i privati battono cassa. Ma quella del Piemonte piange
Stefano Rizzi 07:00 Giovedì 13 Marzo 2025Le strutture accreditate chiedono di poter superare del 3,5% il tetto delle prestazioni. La legge pone come condizione l'equilibrio di bilancio, che manca alla sanità piemontese. Clima teso alla vigilia dell'incontro di domani al grattacielo. Sul tavolo anche le liste d'attesa
Chissà se basterà aver spostato in avanti di mezz’ora l’appuntamento per evitare che l’incontro di domani in Regione Piemonte con i vertici della sanità privata si trasformi in un mezzogiorno di fuoco. Indubitabilmente teso il clima che ha accompagnato verso quello che dovrebbe essere un momento chiarificatore, o appunto di scontro, sulla questione posta con forza dalle sigle di rappresentanza delle strutture private accreditate e che riguarda il reclamato aumento del plafond per l’anno in corso.
L’oggetto del contendere è quel 3,5% in più rispetto alla cifra contrattualizzata con i privati che la legge di bilancio consente alle Regioni di concedere a cliniche e laboratori accreditati. Il Piemonte non l’ha riconosciuta, i privati hanno alzato le barricate continuando a reclamarla, ma dietro quel diniego non ci sono le bizze del governo regionale o della sua alata burocrazia sanitaria. Più semplicemente, ma anche drammaticamente, c’è la situazione finanziaria della sanità piemontese. La legge infatti, concede la possibilità di aumentare le prestazioni fornite dai privati accreditati, ma la vincola all’equilibrio di bilancio di ciascuna Regione.
E il Piemonte, come certamente domani ricorderà ai rappresentanti dei privati il direttore regionale della Sanità Antonino Sottile, quell’equilibrio non può vantarlo, soprattutto attestarlo ufficialmente come richiesto per concedere alle strutture accreditate ciò che chiedono. Perché se è vero che ci sono probabilità di poter chiudere i conti del 2024 in pareggio è altrettanto noto che per ridurre il disavanzo strutturale è necessario reperire risorse aggiuntive rispetto al fondo sanitario. Così come è stato fatto con alcuni emendamenti al bilancio di previsione oltre che con il ricorso, ormai abituale da anni, anche a fondi europei originariamente destinati ad altro.
Insomma, il Piemonte è ben lontano da quella condizione posta come vincolante dal Governo per allargare i cordoni della borsa fino al massimo del 3,5% che nel caso specifico sarebbe da calcolare sui 698 milioni contrattualizzati con le strutture private: circa 24 milioni e mezzo in più che le sigle di rappresentanza chiedono, ma che la Regione pare proprio non poter concedere. È pur vero che, come viene ricordato, l’assessore alla Sanità Federico Riboldi alcuni mesi fa intervendo all’assemblea dell’Aiop, la principale sigla di rappresentanza del settore, aveva assicurato l’impegno ad aumentare la risorse, ma la volontà politica in questo caso deve fare i conti con gli stretti paletti imposti dal Mef. E, qualora li si oltrepassasse, con le inevitabili conseguenze di fronte alla Corte dei Conti.
Anche all’interno della stessa vasta platea delle strutture private c’è chi è fautore di una linea dura inevitabilmente foriera di scontri e chi, invece, sembra voler lasciare aperte alcune porte confidando magari in una rivisitazione in senso meno rigido della norma da parte del Governo, anche in vista del prossimo anno per il quale l’aumento massimo passerebbe dal 3,5 al 5%. Insomma, non è detto che dall’incontro di domani non esca la proposta di una richiesta dell’interpretazione puntuale della norma da avanzare al ministero dell’Economia, anche se su questo aspetto le speranze di trovare una soluzione paiono oltremodo ridotte.
Intanto la questione del superamento del tetto contro cui gioca la situazione finanziaria della sanità piemontese ne incrocia un’altra. Il Governo ha, infatti, stanziato per l’intero sistema sanitario italiano 77 milioni per incrementare le tariffe di alcune prestazioni fornite dalle strutture accreditate. Una volta spartiti tra le Regioni e poi tra ogni singola clinica o laboratorio diventano poca cosa. Tuttavia questo incremento legato al divieto di aumentare le prestazioni, come nel caso del Piemonte, porterebbe al paradosso di ridurre, sia pure in maniera contenuta, proprio il numero delle visite o degli esami.
Altra questione, che potrebbe finire sul tavolo domani, riguarda le liste d’attesa. Contrariamente a quanto deciso per lo scorso anno, per il 2025 il Governo non ha previsto la possibilità per le Regioni di destinare lo 0,4% del fondo sanitario per l’acquisto di prestazioni dal privato accreditato al fine di ridurre i tempi di attesa. Limitando l’intervento alle sole prestazioni aggiuntive nel pubblico, come quella utilizzate in Piemonte per pagare i medici e tutto il personale per fornire visite ed esame anche il sabato, la domenica e in orari serali. Una stretta, quella del Governo, che non è piaciuta alle Regioni che tutte insieme hanno chiesto al Ministero della Salute di rivedere la decisione.