Centro Studi Promotor, domanda auto fiacca ma cresce elettrico

Il calo delle vendite in Europa - che rispetto al 2019 è del 16,2% a febbraio e del 17,5% nel bimestre - è dovuto soprattutto all'imposizione da parte dell'Unione Europea di una transizione energetica che prevede l'abbandono dei motori a combustione interna entro il 2035. Il Piano di azione presentato il 5 marzo a Bruxelles non ha attenuato "il rigore talebano" pur concedendo alle case automobilistiche la proroga dei tempi per evitare le multe miliardarie. È quanto, in sintesi, mette in evidenza il Centro Studi Promotor. "Tra le conseguenze c'è il fatto che il mercato è sempre più sostenuto dagli acquisti delle aziende che possono far fronte all'aumento dei prezzi delle auto scaricando l'onere sui prezzi dei loro prodotti, mentre le persone fisiche sono costrette in misura crescente a tenere oltre il ragionevole le vecchie auto o a sostituirle con auto usate più recenti, ma che, in tempi normali, sarebbero state da tempo già rottamate. Le conseguenze sono molto pesanti in termini di inquinamento e di sicurezza" aggiunge il Csp che segnala "il forte scontento dei produttori di auto e di componenti per l'auto, che si aspettavano che l'Unione Europea riconoscesse il principio della neutralità tecnologica lasciando la possibilità di immatricolare dopo il 2035 auto non elettriche ma con emissioni zero di CO2". Il Centro Studi Promotor sottolinea che nel primo bimestre dell'anno la quota delle elettriche nelle vendite in Europa Occidentale è in recupero ed è salita dal 12,5% del 2024 al 16,9%, grazie al contributo del grande mercato del Regno Unito in cui la quota delle elettriche è salita al 22,8%. Tra i grandi mercati del continente all'estremo opposto rispetto al Regno Unito c'è quello italiano in cui la quota delle elettriche ha toccato il 5%. D'altra parte - sostiene Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor - i costruttori italiani di auto e di componenti per l'auto non possono certo investire per sostenere la transizione energetica dato che devono impegnarsi fortemente per sopravvivere in un mercato sempre più aperto a concorrenti aggressivi.

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