Soliti noti in Camera (di commercio).
Tutto pronto per la successione
Davide Depascale 16:22 Lunedì 07 Aprile 2025
Ultimi rantoli del "Sistema Torino". Gli industriali, di riffa o di raffa, la fanno sempre da padroni e dopo Gallina piazzano Cipolletta. Si frantuma l'asse dei "piccoli" con l'Ascom della Coppa che molla l'artigiano Scarlatelli. Il decreto della Regione Piemonte - DOCUMENTO
La successione è servita, e il copione è quello di sempre. Dario Gallina, dopo aver occupato la poltrona di Palazzo Birago per cinque anni, cede il testimone a Massimiliano Cipolletta, amministratore delegato del gruppo Scai, fresco di acquisizione da parte di Dedagroup, colosso tech che fa da spalla a imprese e enti pubblici con soluzioni IT e applicativi. Una staffetta che sa di déjà-vu, con l’egemonia degli industriali che si conferma granitica alla guida della Camera di Commercio di Torino, nonostante i mugugni e le spinte di commercianti e artigiani per strappare il timone. Ma, come da tradizione, il “Sistema Torino” non si scompone: da via Fanti a via Carlo Alberto il passo è breve, e dopo Vincenzo Ilotte e Gallina, tocca ora a Cipolletta perpetuare il dominio di una cordata che non lascia briciole.
A provarci, stavolta, erano scesi in campo Nicola Scarlatelli, presidente di Cna Torino, aveva alzato la voce in una raffica di interviste, dispensando appelli a “evitare lotte per le poltrone” – un modo elegante per dire che la poltrona la voleva lui – spalleggiato dal fido segretario generale Filippo Provenzano. Sullo sfondo, Giancarlo Banchieri, numero uno di Confesercenti, con il direttore Carlo Chiama (ex assessore provinciale al bilancio ai tempi di Antonio Saitta) pronto a fare da ariete contro il muro del Sistema Torino. Illusi. La spallata è rimasta un sogno, e a spuntarla, ancora una volta, sono stati gli eredi di Enrico Salza, il gran burattinaio che per vent’anni ha tirato i fili della città. La cordata vincente? Sempre quella: Unione Industriale di Marco Gay, Ascom-Confcommercio di Maria Luisa Coppa, Api con Fabrizio Cellino. Un blocco di potere che non fa prigionieri.
Il dado, del resto, è tratto. La Regione Piemonte ha messo nero su bianco il decreto che pesa i settori – agricoltura, artigianato, industria, commercio, cooperative – per comporre i 25 membri del Consiglio della Camera di Commercio. Entro dieci giorni i nomi finiranno sul tavolo regionale per le verifiche di rito, poi il Consiglio entrerà in carica e, alla prima seduta, eleggerà il presidente. Ma è un segreto di Pulcinella: Cipolletta ha già i numeri in tasca. E non è tutto. Poi trascorsi 15 giorni nominerà i 7 membri della Giunta, un ruolo che fa gola a molti, non solo per il prestigio (e per il gettone che lo accompagna) ma soprattutto perché si tratta di un sinedrio nel quale si decidono elargizioni, contributi e nomine in altri enti. Tutto liscio, tutto in continuità, in un organismo che è specchio degli equilibri politici e termometro dei rapporti di forza nel cosiddetto (e supposto) milieu cittadino.
Perché la Camera di Commercio non è solo un ente di rappresentanza. È un centro di potere con un peso economico che parla da sé: oltre 300 milioni di euro generati nell’ultima consiliatura. E poi c’è il piatto forte: la designazione dei membri delle fondazioni bancarie, il vero motore del Sistema Torino, quello che decide chi sta dentro e chi resta fuori. Cipolletta, con il suo pedigree industriale e il sostegno della solita nomenklatura, è l’uomo giusto per non cambiare nulla. Scarlatelli, Banchieri e soci masticano amaro, ma a Torino, si sa, il vento tira sempre dalla stessa parte. Palazzo Birago resta una roccaforte, e gli industriali, ancora una volta, brindano.