La clinica a Casa(le) dell'assessore che farà concorrenza all'ospedale
Stefano Rizzi 13:42 Martedì 08 Aprile 2025Fa discutere e allarma la concessione alla Casa di Cura Sant'Anna di letti di chirurgia accreditati con la sanità regionale. Il rischio di una mobilità passiva a chilometri zero nella città di Riboldi. Psichiatria non la fornisce né nel pubblico né più nel privato
Altro che Nimby. Quelli che pensano male, con tutto quel che di andreottianamente ne consegue, ribaltano la discussa e complicata vicenda di una clinica privata proprio nel cortile di casa dell’assessore alla Sanità del Piemonte. Prima di ricevere la delega più pesante nella giunta di Alberto Cirio, come noto il meloniano Federico Riboldi oltre ad esser il “federale” di Fratelli d’Italia in provincia di Alessandria è stato sindaco di Casale Monferrato. Ed è qui, dove l’industria della refrigerazione è valsa alla città il titolo “capitale del freddo”, che la questione della struttura sanitaria privata e le decisioni del pubblico rischiano di trasformare tutto in una patata bollente per l’ex sindaco, ora assessore.
Un paio di chilometri separano la Casa di Cura Sant’Anna dall’ospedale Santo Spirito e anche questo conta nella paventata ipotesi di vedere proprio a casa dell’assessore una mobilità passiva a danno del servizio pubblico, praticamente a chilometro zero. Timori non certo campati per aria. Dopo che l’allora giunta regionale di centrosinistra di Sergio Chiamparino con Antonio Saitta alla Sanità, con la direzione di Fulvio Moirano nel 2015 aveva assegnato alla clinica del gruppo presieduto da Giacomo Brizio il settore della psichiatria, scoperto sul fronte ospedaliero, non accreditando più la chirurgia per non fare concorrenza all’ospedale e compromettere in qualche modo i reparti della struttura pubblica, oggi si prospetta un ritorno a quel che la Regione aveva cercato di evitare.
Abbandonata, per varie ragioni tra cui la carenza di psichiatri, la missione affidatale una decina di anni fa, la Sant’Anna si accinge a fornire al servizio sanitario regionale, come struttura accreditata, circa 80 posti letto su un totale di una novantina, proprio per le specialità di chirurgia, ortopedia, traumatologia e (secondo quanto riporta il sito della clinica) anche oculistica, otorinolaringoiatria e urologia. Tutte branche coperte dall’ospedale. E questo mentre la psichiatria non sarebbe, di fatto già non è, più coperta né dal pubblico, né dal privato.
La procedura di accreditamento, supportata da una relazione dell’Asl di Alessandria in cui evidentemente si sostiene la necessità per il servizio sanitario pubblico di avere quei letti forniti dal privato, alla fine dello scorso anno quando già era insediata la nuova giunta regionale e Riboldi era passato dal guidare la sua città a prendere il timone della sanità piemontese. Che quella verso i lidi natii fosse una delle prime rotte, non era così scontato, tantomeno sgombra il campo da interpretazioni sulla discussa decisione circa il ruolo della clinica privata.
Decisione che, peraltro, entra a piedi giunti in quella programmazione che la Regione dovrebbe fare e seguire in un quadro complessivo su tutto il territorio e non in situazioni particolari, tanto più impattanti proprio come nel caso in questione per numero di letti, di poco inferiore a quelli forniti dall’ospedale per la stessa specialità. È cambiato qualcosa rispetto a quando, nel 2015, i vertici politici e tecnici della sanità piemontese decisero di non accreditare più la clinica per la chirurgia per evitare la presenza di due strutture, di cui una pubblica, in un bacino che non richiedeva quel numero di letti? Non c’è più il rischio di una concorrenza rispetto all’ospedale tale da portare addirittura al declassamento del Dea a Pronto Soccorso?
Domande che, tra gli altri, si pone anche il Pd che dai banchi dell’opposizione in consiglio comunale a Casale Monferrato ha presentato un’articolata interrogazione al sindaco, il leghista Emanuele Capra, chiedendogli di interpellare il suo predecessore, che peraltro siede ancora in consiglio. A Riboldi, tramite il sindaco, il Partito Democratico chiede pure “cosa si intende per chirurgia ambulatoriale complessa, considerato che l’elevato numero di posti letto accreditati induce al legittimo sospetto che questi saranno utilizzati per interventi non solo ambulatoriali, con conseguente rischio di chiusura di reparti chirurgici ospedalieri”. E ancora, “quali vantaggi comporti per la sanità pubblica la possibilità di utilizzo del Dea e della Rianimazione da parte della clinica”.
Questione complicata, fuor di dubbio. Ma anche una vicenda che è facile prevedere passerà dai banchi del consiglio comunale a quelli, sempre dell’opposizione, di Palazzo Lascaris. Ben oltre il cortile dell’assessore, il quale, sulle modifiche alla clinica, non pare di certo aver detto no. Altro che Nimby.