GRANA PADANA

Passata la festa gabbata l'Autonomia.
Ostacoli e "manine" contro la Lega

Calato il sipario sul congresso, dal Nord si preme per la riforma. Zaia al Governo: "Mantenere gli impegni". Bastoni tra le ruote a Calderoli dalla burocrazia. L'assessore piemontese Bussalino: "Pronti coi dossier". Cirio: "Più operativi" (citofonare Tajani)

“La fedeltà è dei cani”. Quando Luca Zaia dal palco del congresso-plebiscito della Lega ha pronunciato queste parole tutti hanno capito dove andava a parare. E quali erano i destinatari del messaggio che un istante dopo avrebbe lanciato: il riconfermato (in assenza di concorrenti) segretario del partito e, per mezzo di lui, il Governo. “Noi siamo leali – ha rimarcato il governatore del Veneto – che è un’altra cosa. E alla maggioranza ricordiamo, con molta lealtà, che ci siamo presi un impegno con i cittadini, in primis l’impegno per dare l’Autonomia alle Regioni”.

Calato il sipario sull’assise fiorentina, impennata di vendite di Maloox al Nord per digerire l’iscrizione di Roberto Vannacci direttamente alla vicesegreteria del partito, è ancora una volta dal Veneto che si spinge verso la madre di tutte le battaglie della Lega. Il resto del quartetto di testa in una corsa in salita, ovvero LombardiaPiemonte e Liguria, a succhiare la ruota del Doge. Ma in quell’ampia fetta del partito di Salvini che sperava più di veder sventolare le bandiere regionali piuttosto che lustrare le stellette del generale, anche le parole di Giorgia Meloni – “Andremo avanti pancia a terra su premierato, riforma della giustizia e autonomia” – suonano rassicuranti solo fino a un certo punto. La realtà è un’altra. Ed è quella che proprio il padre della riforma Roberto Calderoli si è trovato davanti con i ritardi di tanti suoi colleghi ministri nel fornirgli i necessari pareri sulle materie di loro competenza per predisporre il disegno di legge con cui superare gli ostacoli giunti dalla sentenza della Corte Costituzionale.

E se “alzando la voce qualcosa si ottiene”, come spiegato dallo stesso ministro per gli Affari Regionali, è spuntato qualcos’altro a frenare il percorso. Manine più o meno anonime dell’alta burocrazia ministeriale impugnano i bastoni che finiscono tra le ruote del pur mestierato scalatore bergamasco. Il non ingiustificato timore è quello di scoprire dietro a tante belle parole e promesse, un lavorìo sotterraneo all’interno della stessa maggioranza per rallentare ciò che la parte più convintamente federalista e autonomista della Lega vorrebbe veder procedere come un fulmine.

E pure in questa battaglia non dichiarata dove il fuoco amico può far più danni delle sparate avversarie è proprio il governatore del Veneto ad avere in mano le armi più efficaci. La sua lealtà a Salvini, proclamata a Firenze, non significa affatto l’acquiescenza su qualsiasi soluzione verrà calata sulle prossime elezioni nella sua Regione. Il suo atteggiamento nella futura proposta elettorale ai veneti potrebbe essere la carta che il Doge è pronto a giocare se a Roma non si sbloccherà veramente la procedura per l’autonomia rafforzata, perlomeno sulle materie che non prevedono i Lep, i livelli essenziali di prestazioni oggetto di un iter più lungo e complesso. 

Inevitabile dunque per le altre Regioni, Piemonte in primis, guardare alla nuova versione autonomista della storica locomotiva dell’economia italiana. Pochi giorni addietro l’assessore piemontese titolare della delega-simbolo per il carroccio, Enrico Bussalino, aveva spiegato in commissione a Palazzo Lascaris che "Il negoziato con il Governo ha preso il via a partire dalla materia Protezione Civile, individuata come apripista per la sua rilevanza strategica. Nel corso di questi incontri abbiamo mantenuto una posizione aperta e collaborativa e, insieme al presidente Alberto Cirio, abbiamo chiesto una prosecuzione più operativa”. Richiesta certamente più che motivata e condivisa dal governatore. Anche se nella sua veste di vicesegretario di Forza Italia, partito tutt’altro che entusiasticamente proteso verso l’attuazione della riforma, è difficile non vederlo seguire Calderoli sul Mortirolo dell’autonomia, a bordo dell’ammiraglia azzurra con un piede sull’acceleratore e l’altro sul freno.

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