Ho visto cose che voi umani…
Juri Bossuto 06:00 Giovedì 10 Aprile 2025
Il replicante Roy Batty, personaggio protagonista del film Blade Runner (firmato da Ridley Scott) è noto per aver pronunciato una delle frasi più memorabili del grande schermo: “Io ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser”. Parole che descrivono un’esistenza vissuta tra esperienze terribili quanto inimmaginabili, e copiate spesso, nella realtà del quotidiano, da chi intende testimoniare un accadimento personale ricco di sensazioni uniche e, a volte, drammatiche.
In questi ultimi anni, gran parte degli italiani hanno provato emozioni forti mentre affrontavano situazioni davvero difficili, inverosimili, imprevedibili e a volte strazianti. Molti cittadini si sono infatti immedesimati nell’eroico mutante Roy durante i mesi del lockdown, voluto per arginare la pandemia, oppure seguendo le strazianti vicende politiche nostrane, e nell’attimo in cui pagano le costosissime bollette frutto della speculazione energetica.
Il monologo più famoso di Blade Runner torna alla mente ogniqualvolta ci si imbatte in una situazione paradossale: una delle tante poiché, a quanto pare, nessuno è in grado di fermare il susseguirsi degli eventi deliranti che stanno caratterizzando gli anni ‘20 .
L’ultimo, in ordine di tempo, è quello che ritrae una sorridente Hadja Lahbib, Commissaria europea “per la parità, la preparazione e la gestione delle crisi”, mentre illustra in un breve video, ad uso Tik Tok, come si allestisce il kit perfetto di sopravvivenza: uno zainetto contenente, secondo le autorità dell’Unione, il necessario per resistere almeno 72 ore in caso di catastrofe. I cittadini del Vecchio Continente sono stati istruiti su come superare una calamità, naturale o derivante dalla guerra, avendo con sé qualche medicina, un carica batterie per il cellulare, una torcia, acqua, carte da gioco, una radio, qualche documento in busta di plastica e un coltellino svizzero (Zurigo ringrazia per il sostegno offerto agli artigiani produttori di coltelli).
La Commissaria europea, perfettamente allineata con il piano ReArm di Ursula von der Leyen (e con il clima da “Caccia alle streghe” instaurato dalla Vicepresidente dell’Assemblea di Strasburgo, Pina Picierno), ha contribuito a rafforzare ulteriormente quel senso collettivo di “attesa dell’invasione” che, solitamente, anticipa un conflitto armato vero e proprio. L’eurodeputata, con la medesima naturalezza di chi spiega al pubblico come preparare la merenda per i propri figli, ha inviato ai cittadini europei un messaggio molto chiaro: quando scoppierà la guerra contro la Russia sarà necessario avere in casa uno zainetto, pieno di oggetti assolutamente inutili per affrontare con successo il fungo atomico.
La popolazione, in seguito alla diffusione del video, non è assolutamente caduta nel panico: nessuna lunga coda davanti ai negozi per accaparrarsi gli oggetti del kit. Gli elettori si sono infatti dimostrati molto più lucidi dei politici stessi, e consapevoli che in caso di attacco nucleare lo zainetto, con tutto il suo contenuto, sarebbe destinato a sciogliersi in un attimo, insieme al corpo umano investito dall’onda d’urto di fuoco.
L’irresponsabilità della classe politica al potere in Europa è sconcertante a tal punto da ridurre le straordinarie esperienze vissute dal replicante, protagonista di Blade Runner, a inezie irrilevanti. I vertici del governo dell’Unione Europea sembrano impegnati in un gioco di guerra (è virale la foto della Commissaria Kaja Kallas in posa, spalla a spalla con un militare, mentre imita James Bond fingendo di impugnare una pistola) dove la regola più importante è quella di non mostrare alcun interesse sia per l’arte diplomatica che per il futuro dei propri popoli. L’organo di governo di Bruxelles è immerso in un’irreale partita di Risiko: si mettono i carri armati in Kamchatka e la si conquista senza mai versare una goccia di sangue dei propri militari di leva.
Il prossimo 25 aprile festeggeremo gli 80 anni che ci separano dal giorno della Liberazione, dalla fine dell’ultima grande guerra. L’Europa, sconfitto finalmente il nazifascismo, si avviava all’epoca verso il riconoscimento della Pace come valore assoluto. Oggi, dopo decenni di ripudio nei confronti dei conflitti bellici, i leader politici europei indossano con orgoglio mimetica ed elmetto: mostrandosi sempre pronti a benedire l’uso delle armi, e al contempo indisposti nei riguardi dell’azione diplomatica.
Esattamente come accaduto un secolo fa, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, le socialdemocrazie del Vecchio continente si dimostrano inaffidabili e incapaci, poiché sottomesse alle destre, di avviare un’iniziativa politica che contrasti l’irrefrenabile desiderio di guerra di cui sono ostaggio i vertici di Bruxelles. I Socialisti hanno rinnegato la cultura di cui sono figli, votando a favore delle folli spese militari (che inevitabilmente andranno a colpire le classi più deboli del continente) e gettato in un angolo i valori della Pace e della fratellanza tra i popoli (tutti i popoli): scelte che favoriscono inevitabilmente l’avanzata dell’estrema destra ovunque.
Uno strano legame ideologico unisce le componenti politiche che sostengono tenacemente il premier israeliano Netanyahu e, con altrettanta forza, il conflitto bellico in Ucraina “fino alla vittoria di Kiev”: filo ideale che mette insieme parte del Centrosinistra italiano con le forze neoliberali europee; settori dell’estrema destra nostrana, e del continente, con le forze socialdemocratiche.
In Europa governa, incontrastata da anni, una sorta di coalizione di ispirazione neoliberale-para bellum, che ha costruito intorno a sé una forte egemonia culturale e propagandistica. Blocco che non ama troppo le forme di dissenso, ma oramai costretto a fare i conti con un’opposizione di piazza (i 100.000 che hanno sfilato a Roma sabato 5 aprile) che ha riferimenti politici nei vari parlamenti nazionali. Roy Batty, guardando i cittadini in corteo, si affiderebbe forse a poche, seppur incisive, parole: “meglio tardi che mai!”.