REGOLE DEL GIOCO

Terzo Mandato, risiko delle Regioni. Cirio fa gli scongiuri contro il tris

Lo stop a De Luca e Zaia rimescola le carte del centrodestra al Nord. Molinari: "Il Veneto alla Lega". Meloni lo cederà in cambio dell'altolà a Salvini al Viminale e la guida della Lombardia. In Piemonte sempre meno forte l'ipoteca di FdI per la successione al governatore forzista

“Il Veneto deve andare alla Lega”. Il perentorio avviso agli alleati che Riccardo Molinari lancia dal Transatlantico appena arrivata la sentenza che stoppa la strada verso il terzo mandato a Vincenzo De Luca, ma pure a Luca Zaia, ha certamente più probabilità di concretizzarsi rispetto alla richiesta che lo stesso capogruppo aveva fatto dal congresso per riportare Matteo Salvini al Viminale.

Le due istanze, tuttavia, sono più intrecciate di quanto non possa apparire. E il filo che le lega passa anche per altre regioni, Lombardia e Piemonte in primis. Sarà, infatti, il quasi certo diniego, con il forte peso del Quirinale e la necessità per Giorgia Meloni di non aprire a un rischiosissimo effetto domino nel Governo, a un bis di Salvini al ministero degli Interni a mettere sul piatto della Lega come contropartita la prosecuzione della guida del Veneto. Magari con una candidatura gradita, se non addirittura indicata, dal Doge per evitare problemi interni a un partito, da quelle parti, in perenne ebollizione e che la chiamata da parte di Salvini alla vicesegretaria di Roberto Vannacci non attenuerà di certo.

La “cessione” della principale Regione del Nord Est all’inquieto alleato fornisce inoltre alla premier e ai Fratelli d’Italia la pressoché matematica certezza di sbarcare per la prima volta al Nord e farlo nientemeno che prendendo il timone della Lombardia, ruolo per cui è pronto l’attuale capo delegazione al Parlamento Europeo Carlo Fidanza con il placet del viceré meloniano, di antica stirpe missina, Ignazio La Russa. Uno schema ulteriormente rafforzato dalle dichiarazioni di queste ultime ore arrivate dal Friuli-Venezia Giulia il cui governatore leghista Massimiliano Fedriga forte del fatto che la sentenza non coinvolge le Regioni a statuto speciale, confessa che gli “piace molto fare il presidente”, aprendo la strada a una sua probabile ricandidatura. Pur traguardando più avanti rispetto a Veneto e Lombardia la data del voto, nel risiko aggiornato dalla Consulta c’è, con un ruolo tutt’altro che marginale nell’approntamento della mappa del centrodestra, anche il Piemonte. 

Qui, al quarantesimo piano del grattacielo del Lingotto, da quando è arrivato il pronunciamento della Corte Costituzionale si sta cercando di capire se questa vale anche per il Piemonte, dove Alberto Cirio da poco meno di un anno ha incominciato il suo secondo mandato. Le interpretazioni sono orientate all’ipotesi di uno sbarramento a un’eventuale, quanto per nulla ambìto dal diretto interessato, terzo giro per l’attuale governatore. La certezza, tuttavia, ancora non c’è e gli uffici del Consiglio regionale stanno attendendo le motivazioni della sentenza per dirimere ogni dubbio. Pochi o nessuno sul fatto che Cirio non si metterà le mani tra i capelli nel caso in cui per lui valga ciò che vale per De Luca e Zaia. Più immaginabile il contrario viste le non troppo nascoste diverse mire per il suo futuro politico che, nel caso in cui si aprisse la porta a un ulteriore mandato, potrebbero svanire finendo in un gioco ancora tutto da definire all’interno della maggioranza. 

Dando credito allo scenario più probabile e tornando al risiko, con due Regioni del Nord Est alla Lega, la Lombardia a FdI, la Liguria già nelle mani di Marco Bucci potrebbe esserci lo spazio per un rivendicazione da parte di Forza Italiadel mantenimento della presidenza del Piemonte. Prospettiva che non parrebbe entusiasmare l’attuale governatore, nonché vicesegretario nazionale del partito, non troppo ben disposto alla crescita di eredi che potrebbero fargli ombra. Se i pesi all’interno della maggioranza resteranno suppergiù quelli attuali e se le elezioni politiche, a scadenza naturale, arriveranno prima delle regionali piemontesi, potrebbe essere il partito della Meloni a ipotecare la candidatura presidenziale per il Piemonte. Anche se la prospettiva sembra meno forte di qualche mese fa: gli stessi nomi degli aspiranti – la vicepresidente Elena Chiorino e l’assessore alla Sanità Federico Riboldi – oltre a non non scaldare gli animi nel partito meloniano scontano uno scarso appeal tra gli stakeholder piemontesi.

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