La lezione di Bodrato
Giorgio Merlo 10:55 Sabato 12 Aprile 2025
Ci sono delle costanti politico e culturali che conservano una straordinaria attualità a prescindere dallo scorrere inevitabile e scontato del tempo. Costanti che si impongono per la loro coerenza e, soprattutto, per lo stile ed il metodo che li hanno caratterizzate. Tra queste c’è indubbiamente il magistero politico di Guido Bodrato, storico leader della sinistra democristiana e uno degli ultimi “maestri” del cattolicesimo politico italiano. Scomparso quasi due anni fa, la “lezione” di Bodrato è contemporanea per almeno tre motivi: la cultura del confronto; la coerenza culturale e l’approccio riformista. Tre elementi che hanno accompagnato l’intera sua esperienza politica da un lato e che, dall’altro, hanno caratterizzato la miglior stagione dell’impegno politico e pubblico dei cattolici italiani. E si tratta, appunto, di tre costanti che conservano una forte modernità anche nell’attuale stagione politica del nostro paese, ancora segnata da una pericolosa crisi della democrazia e da una scarsa qualità ed autorevolezza della stessa politica. Basti pensare al perdurante trasformismo da un lato e alla mancanza di cultura politica dall’altro che generano oggettivamente confusione, assenza di coerenza e soprattutto scarsa autorevolezza della classe dirigente dei vari partiti e cartelli elettorali.
Ma il “magistero” politico di uomini come Bodrato non può essere dimenticato o, peggio ancora, rimosso da quei cattolici democratici, popolari e sociali che coltivano la passione e l’interesse per la politica e per un ruolo più incisivo dei credenti nella società contemporanea. Nello specifico, nell’attuale dibattito politico italiano. E questo per due ragioni di fondo.
Innanzitutto, perché il ruolo – laico – dei cattolici nella politica e nei suoi strumenti principali, cioè i partiti, non può mai ridursi a giocare un ruolo puramente ornamentale e marginale. Cosa che, purtroppo, ha caratterizzato il concreto comportamento dei cattolici italiani dopo la fine della Dc e anche dopo il tramonto di partiti come il Ppi e la Margherita da un lato e il Ccd e l’Udc dall’altro. Uomini come Bodrato e molti altri della sua generazione ci hanno insegnato che l’esperienza da perseguire e da coltivare non può essere quella dei “cattolici indipendenti” eletti nelle liste del Pci dell’epoca negli anni ‘70 e ‘80. Cioè un ruolo politico del tutto irrilevante od ininfluente ai fini della costruzione del progetto politico del partito di riferimento. Costante che, oggettivamente, caratterizza molti cattolici oggi impegnati nei partiti della sinistra radicale e massimalista del nostro paese. E anche, e purtroppo, nei partiti di centro destra.
In secondo luogo, e di conseguenza, la presenza della tradizione, del pensiero e della cultura del cattolicesimo popolare, democratico e sociale è incisiva e degna di rilevo solo se viene declinata in modo visibile, coerente e con autonomia. Certo, sempre attraverso il metodo del confronto e del dialogo con le altre culture politiche e senza alcuna deriva integralistica o confessionale ma, al contempo, forti e consapevoli della propria specificità ed originalità rispetto agli altri filoni culturali ed ideali.
Ecco perché, per fermarsi a questi due soli tasselli, se non esiste una eredità personale di uomini e leader come Guido Bodrato, esiste certamente una eredità politica e culturale. Ovvero, di una lezione e di un magistero che non possono essere qualunquisticamente storicizzati o, peggio ancora, archiviati di fronte al “nulla della politica”, per dirla con Mino Martinazzoli che, purtroppo, ancora caratterizza larghi settori della politica italiana. Una “lezione” che anche a Torino e in Piemonte, soprattutto, non può e non deve essere sottovalutata.