Pochi parti, punti nascite "fuorilegge".
Presto le prime chiusure in Piemonte
Stefano Rizzi 11:30 Lunedì 14 Aprile 2025
Prima dell'estate alcuni ospedali potrebbero cessare il servizio. Nella black list Domodossola e Borgosesia. Lontano dalla soglia minima anche Casale Monferrato (che farà l'assessore Riboldi per la sua città?). Rispetto delle norme e logiche di campanile
Culle vuote e voti a rischio. Si gioca tra i numeri della scienza e quelli della politica, tra le disposizioni di legge e le pressioni di campanile la complicata partita dei punti nascita. La questione si trascina, in tutto il Paese, ormai da anni. Da Nord a Sud non si contano i casi in cui non si rispetta la soglia minima di 500 parti annui, sotto la quale non ci sono i margini di sicurezza richiesti e pertanto va chiuso. Dietro le più svariate, quanto deboli, motivazioni si disattende una norma che al solo paventarne l’applicazione scatena ovunque le reazioni di chi non accetta di perdere un servizio, nonostante i rischi per la salute di puerpera e nascituro.
Il Piemonte non fa eccezione, tutt’altro. Da anni si continua a partorire dove la legge, supportata da pareri scientifici e dati statistici, non lo consentirebbe. Adesso, tuttavia, sembra profilarsi una svolta obbligata, anche se resta sempre da fare i conti con le resistenze territoriali e il peso che queste hanno sulla politica.
Negli uffici della sanità regionale l’elenco degli ospedali, ciascuno con a fianco i numeri delle nascite nei dodici mesi, è pronto e non da ieri. Cinque quelli candidati a non mantenere più quel servizio, con una decisione che potrebbe arrivare, almeno per i casi più eclatanti, già prima dell’estate. La situazione più critica riguarda Domodossola dove l’ultimo rilevamento fermava i parti annui a 77. Poi c’è Borgosesia dove nel 2023 sono nati soltanto 106 bambini che insieme ai 392 dell’ospedale di Vercelli di fatto rasentano la soglia ma, pur trattandosi della stessa Asl, è un computo che non vale per salvare il punto nascite in questione. Più parti, ma appena oltre la metà del numero minimo a Casale dove al Santo Spirito gli ultimi dati non superano i 279. Sotto soglia, pur di poco Verbania (474) e Chieri (430). Per questo ultimi due nuove e più aggiornate verifiche potrebbero evitare la chiusura e, comunque, hanno numeri che realisticamente potrebbero contare su una certa elasticità da parte degli organismi centrali di controllo.
Ben diversa la situazione per i tre punti nascita con cifre decisamente più basse. In base alla legge e più precisamente al decreto ministeriale 70 e successive modifiche non ci sono le condizioni per mantenerli in attività. Non solo, nel caso in cui la Regione continuasse a farlo questo avrebbe, tra le varie conseguenze, una penalizzazione nella valutazione dei Lea, i livelli essenziali di assistenza con l’effetto a catena del mancato riconoscimento al Piemonte di qualcosa come una cinquantina di milioni di euro di premialità nel riparto del fondo sanitario. Ma c’è anche un aspetto non meno importante che attiene al Programma nazionale esiti in capo a ministero della Salute e Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, in cui vengono valutati, appunto gli esiti delle prestazioni.
Nel malaugurato caso di un evento grave la responsabilità finirebbe anche per ricadere su chi ha autorizzato o comunque consentito l’attività di quel punto nascita nonostante fosse ben al di sotto della soglia minima. Soglia che un accordo tra Stato e Regioni del 2010 fissava addirittura a mille parti annui prevedendo eccezioni legate alla situazione del territorio, ma comunque mai al di sotto delle 500 nascite.
Pur abbassando i limiti, come poi avvenuto, i tre casi pocanzi citati per il Piemonte sembrano restare lontani e di fatto esclusi da qualsiasi possibile deroga. Se poi si considera che, come anticipato nei giorni scorsi, si profila a breve la presentazione in consiglio regionale della bozza dell’atteso nuovo piano sociosanitario, la necessità di risolvere prima una questione delicata e anch’essa ormai trascinata negli anni come quella dei punti nascita appare inevitabile. Di mezzo, però, ci sono le resistenze dei territori interessati e gli interessi della politica.
Quando nel 2021 dopo la chiusura si paventò il proposito di non riaprire il servizio a Domodossola, l’allora capogruppo della Lega, oggi sottosegretario in Regione, Alberto Preioni agitò una sorta di rivolta ponendosi a muso duro anche con l’allora assessore e suo compagno di partito Luigi Icardi. Poco tempo dopo il punto nascite tornò in attività.
Non meno spinosa si prospetta la situazione, oggi, per Casale Monferrato città della quale è stato sindaco fino alla sua elezione in Regione l’attuale assessore alla Sanità Federico Riboldi. Oggi c'è chi prova ad opporsi alla chiusura appigliandosi a una non meglio precisata baricentricità del punto nascite, magari trovando sponda e condivisione proprio nello stesso ex primo cittadino. Lui, nel 2018, quand’era capogruppo del Fratelli d’Italia in Comune, capeggio insieme alla Lega una battaglia proprio per difendere il punto nascite. “Bisogna assolutamente potenziare il centro nascite e migliorare le condizioni di ricovero affinché le donne possano sentirsi sicure di far nascere il proprio bambino a Casale. Perdere questo reparto sarebbe gravissimo. Non nascere più a Casale – scriveva all’epoca in una nota - sarebbe la sentenza definitiva e inappellabile di un declassamento che Casale Monferrato non merita”.
Nei primi sei mesi di quell’anno i parti erano stati 160. Sette anni dopo non sembra sia cambiato molto, anzi. E i fatti non avrebbero neppure dato ragione al fronte politico avverso che, sempre in quel periodo, con il consigliere regionale del Pd Domenico Ravetti rivendicava la deroga alla chiusura chiesta dall’allora assessore del suo partito Antonio Saitta al ministero “prevedendo per i prossimi anni un aumento dei parti da 550 a 600”.
Trascorsi anni, cambiato il colore politico al governo della Regione, la questione degli ospedali dove i numeri delle nascite non reggono di fronte ai parametri di legge, rimane irrisolta. Il tempo, tuttavia, sembra ormai scadere. Non resta da scoprire se il rispetto delle norme e della scienza avrà la meglio sulle istanze dei territori e il peso del consenso sulla politica.