Democrazia in agonia
Juri Bossuto 06:00 Giovedì 17 Aprile 2025
Recentemente, il piccolo schermo televisivo ha riproposto ai telespettatori il remake di un’altra pietra miliare del cinema di fantascienza: “L’invasione degli ultracorpi”. La versione consegnata alle sale cinematografiche nel 1978, con il titolo “Terrore dallo spazio profondo”, ha come protagonista l’intramontabile Donald Sutherland, nel ruolo di un coraggioso funzionario del Dipartimento americano della salute che resiste tenacemente agli invasori alieni.
La trama segue lo schema classico del genere: i conquistatori extraterrestri si sostituiscono alla popolazione umana grazie a enormi baccelli che, durante il sonno, clonano le vittime dopo aver rubato loro la linfa vitale. I nuovi esseri nati dalla sostituzione dei cittadini di un modesto villaggio americano (con alieni che ne riproducono le fattezze), si mostrano insensibili, freddi nonché “al di fuori dalle pene del mondo”: non in grado di provare sentimenti, quindi incapaci di amare così come di iniziare guerre.
Autori e sceneggiatori sovente indicano le emozioni passionali quale causa del fenomeno bellico, ipotizzando un legame tra l’amore, quello intenso, e la guerra. I conflitti bellici, in realtà, non sono sempre determinati dal patriottismo viscerale che si traduce in impulsi identitario-nazionalistici e, di conseguenza, in scontri etnici. La guerra, infatti, sboccia soprattutto dalle forti tensioni economiche internazionali: i confronti armati che attualmente insanguinano il pianeta celano a fatica il loro legame con monopoli, speculazioni, borse azionarie e accaparramento di risorse naturali.
Trump, ad esempio, ha reintrodotto, e poi sospeso (tranne nei riguardi della Cina), il più antico sistema di tutela dell’economia patria: i dazi. I tributi doganali dovrebbero sostenere la produzione del Paese che li introduce, grazie ad alcune ricadute interne a beneficio del comparto industriale. Un presunto effetto positivo potrebbe essere il trasferimento delle aziende estere, esportatrici di beni, all’interno dei confini della nazione che impone i dazi stessi, così da poter aggirare l’odiata gabella. Meccanismo che specularmente per l'Europa significa (in questo caso specifico) un’ulteriore ondata di delocalizzazioni a favore degli States.
Le imposte doganali, secondo alcuni, dovrebbero essere la terapia idonea per rafforzare la debole economia a stelle e strisce. Una cura, purtroppo, a carico della popolazione, poiché le tasse (imposte o gabelle esse siano) gravano sempre e solamente sui portafogli dei consumatori: su coloro che, applicati i dazi, devono affrontare sostanziosi aumenti di prezzi (fenomeno che tocca anche i beni di prima necessità).
Le conseguenze delle politiche varate dalla Casa Bianca colpiranno quindi il popolo americano e, naturalmente, quello europeo. Leader incapaci di rivolgersi ad altri mercati, e al contempo esaltatati dall’idea di sostenere l’industria bellica (statunitense,) condannano il Vecchio Continente a un abbraccio mortale con Washington. Le reazioni scomposte dei governi europei raffigurano bene il disorientamento che colpisce le cancellerie ogni qualvolta gli Stati Uniti si disallineano dall’Europa.
Una soggezione politica, economica e militare che condiziona, e ha condizionato sin dal secondo dopoguerra, l’Unione Europea su molteplici fronti. Bruxellese, purtroppo, non ha voluto attuare politiche estere autonome, diverse da quelle dettate dall’ex Presidente Biden. Una fedeltà verso gli Stati Uniti confermata con la scelta di azzerare il welfare dall’orizzonte delle politiche europee: l’assistenza sociale, un tempo gioiellino dell'Europa continentale, è oramai ridotta a un fievole ricordo.
La spesa impegnata da enti locali e governi nella protezione sociale ha toccato, negli ultimi anni, quote bassissime. In città come Torino è possibile riscontrare ogni giorno gli effetti dei tagli apportati alle politiche sociali: il numero di coloro che dormono in strada, e frugano nell’immondizia per nutrirsi, è in costante aumento. Le cronache, recentemente, hanno riportato il triste epilogo di un ex giocatore della Juve, atleta da tempo indigente e costretto a dormire sotto i portici via Roma. L’uomo, deceduto in ospedale, è rimasto in cella frigorifera per un mese prima di trovare una degna sepoltura: testimonianza drammatica di un grave disinteresse delle istituzioni verso le politiche sociali.
Il tira e molla attuato sui dazi ha fatto sobbalzare le borse internazionali, generando il panico tra i piccoli risparmiatori, che nell’incertezza degli accadimenti hanno preferito vendere i propri pacchetti azionari, e allo stesso tempo l’ilarità di coloro che invece hanno acquistato i titoli guadagnando montagne di dollari.
La morale, a quanto pare, è sempre quella (come recitava una nota pubblicità degli anni ’80): dazi, o non dazi, i ricchi incassano (anche grazie all’acquisizione di informazioni riservate), mentre tutti gli altri accendono un cero ogni sera per invocare il miracolo di godere ancora di un tetto sopra la testa.
La Democrazia, quella vera, viene nutrita con dosi consistenti di giustizia sociale: quando si esaurisce la giustizia sociale, cade in coma e muore. L’agonia della Democrazia è iniziata da tempo, prepariamoci al peggio.