SANITÀ

Declassare 7 Pronto Soccorso. Bocconi amari per il Piemonte

La ricetta dell'Università milanese per il piano sanitario: riduzione dei Dea e limitazione a Punti di primo intervento per ospedali con meno di 15mila accessi annui. Da Acqui a Saluzzo, passando per Venaria e Susa. Ecco dove sono previsti i tagli in regione

“Ridurre il numero dei Pronto Soccorso Dea di primo livello in Pronto Soccorso base, convertendone anche qualcuno in Dea di secondo livello. Trasformare i Pronto Soccorso con meno di 15mila accessi annui in Punti di primo intervento senza fruizione di ricovero”. È una delle “ricette” contenute nel corposo dossier (115 pagine) predisposto dall’Università Bocconi su cui si dovrebbe basare il nuovo piano sanitario del Piemonte, il cui varo viene annunciato dall’assessore Federico Riboldi entro l’estate. Con queste premesse, se le proposte che arrivano dalla Bocconi verranno tradotte nero su bianco nell’atteso strumento di programmazione sanitaria, i tempi previsti dall’assessore potrebbero essere forse troppo ottimistici e il percorso assai più accidentato di quanto già si possa immaginare.

A casa dell'assessore

Per rendere l’idea dell’impatto, solo per quanto riguarda il settore dell’emergenza-urgenza, dello scenario delineato su tutti gli ambiti della sanità piemontese nelle 115 pagine dello studio basterebbe immaginare cosa accadrebbe in una delle otto province. Quella, per esempio, dell’assessore. Nell’Asl di Alessandria tre egli attuali Pronto Soccorso, ovvero quelli di Acqui TermeTortona e Ovada non si salverebbero dal declassamento a Punto di primo intervento, ovvero senza offesa per nessuno poco più di un’infermeria. Pur segnando un costante aumento di accessi, a testimonianza della funzione che attualmente svolgono, nessuno dei tre arriva alla soglia dei 15mila accessi con Acqui Terme a 13mila, Tortona poco sopra i 14mila e Ovada, classificata in area disagiata, sopra i 7.500. Dei cinque attuali Pronto Soccorso resterebbero solo i due Dea di Casale Monferrato e Novi Ligure, con l’incognita circa il declassamento a Pronto Soccorso base, contemplata nel dossier. E tutto questo mentre ancora ieri dall’azienda ospedaliera universitaria di Alessandria partiva una comunicazione all’Emergenza 118 e a tutti i presidi del territorio in cui si segnalava “la criticità in cui versa il Dea, con l’indice Nedocs (quello che misura l’affollamento dei Pronto Soccorso, ndr) a 153 e oltre 60 pazienti in carico con numerosi codici ad alta intensità” e pertanto “si richiede di dirottare, laddove possibile, (…) pressi i presidi limitrofi”. Ovvero anche quelli che potrebbero essere destinati a non avere neppure più il Pronto Soccorso.

Declassamenti in tutto il Piemonte

Situazione che non s’annuncia più tranquilla pure nel resto del Piemonte. In provincia di Cuneo i Pronto Soccorso di Ceva e Saluzzo registrano rispettivamente 6.354 e 9.451 accessi, quindi ben sotto la soglia minima per evitare il passaggio a Ppi. Destino che vedrebbe accomunato anche il Pronto Soccorso di Venaria con 6.325 accessi, ma anche quello dell’ospedale di Susa dove i dati dello studio indicano 13.775. Un punto interrogativo non solo sul destino, ma ancor prima sull’aggiornamento del  dato contenuto nel dossier, riguarda il Santo Spirito di Nizza Monferrato. Gli esperti della Bocconi indicano per quel presidio un Pronto Soccorso sulle 24 ore con 4.791 accessi annui, mentre da almeno un paio d’anni a Nizza c’è solo un Punto di primo intervento, come peraltro a Venaria.

Insomma, se la Regione ha in mente di utilizzare questo studio come base per il nuovo piano, una verifica dei dati appare perlomeno consigliabile. Ma il punto, probabilmente dolente per Riboldi e la giunta di Alberto Cirio, prevedibilmente sarà ben altro se si seguiranno le proposte della Bocconi. In passato e in più occasioni la questione dei Pronto Soccorso è sempre stata terreno di duro confronto se non di scontro con le amministrazioni locali che superando le coloriture politiche hanno fatto sentire la loro voce e il peso dei loro voti, così come sull’altro tema scottante dei piccoli ospedali.

Piccoli ospedali

Il dossier ne elenca tre in provincia di Cuneo, ovvero CevaSaluzzo e Fossano, uno quello di Ovada nell’Alessandrino, cinque in provincia di Torino, ossia SusaPomarettoVenariaCuorgnè e Carmagnola, quello di Borgosesia in Provincia di Vercelli e il Coq di Omegna nel Vco. Per questi la proposta è di “ridefinirne la vocazione” e più chiaramente “queste strutture dovrebbero essere orientate con un focus maggiore sulle attività assistenziali e riabilitative, piuttosto che sulla gestione delle patologie acute”.

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