Dal sonno al coma della ragione
Juri Bossuto 06:00 Giovedì 01 Maggio 2025
Le mutazioni culturali di una società, e della politica che la rappresenta, avvengono giorno dopo giorno. In maniera impercettibile una comunità si trasforma lentamente, cambia pelle senza che i suoi componenti se ne rendano conto, poiché vittime di un’inconsapevolezza duratura (spesso cullata dai mass media), pronta a trasformarsi in apatia, in ignoranza.
L’indifferenza cresce in modo esponenziale laddove si sceglie di far riposare, o meglio dormire, sia la ragione che il pensiero. Un sonno spesso turbato da eventi improvvisi che svelano agli occhi dei più attenti gli stravolgimenti dovuti all’ingannevole scorrere del tempo, ma che soprattutto rivelano i danni irreversibili subiti dal senso comune collettivo, durante il dormiveglia.
La settimana iniziata nel giorno della scomparsa di Papa Francesco ha consentito, purtroppo, di misurare gli effetti dello sgretolamento di valori in passato ritenuti imprescindibili: erosione devastante attuata grazie all’incessante lavoro di abili manipolatori, avversi all’eredità lasciata dai movimenti popolari nati nel secondo dopoguerra. Il crollo più grave, avvenuto in questi ultimi giorni, ha cancellato la linea rossa che divideva gli atteggiamenti consentiti dalla Costituzione da quelli ritenuti inopportuni, se non addirittura vietati.
L’ipocrisia, atteggiamento appartenente al campo dei valori etico-morali, ha travolto ogni cosa. Le esequie del Santo Padre, avvenute sabato scorso, sono state caratterizzate dalla “sommessa partecipazione” di alcuni leader di Stato che si sono regolarmente dimostrati sordi, se non addirittura dichiaratamente ostili, nei confronti delle parole e degli appelli di Papa Francesco. Un omaggio tardivo, se non di facciata in molti casi, che ha certificato in mondovisione l’incoerenza di coloro che, volendo, avrebbero potuto spendere la propria azione politica nella difesa della Pace e a favore dell’inclusione, anziché nutrire i produttori di armi, fomentando guerre, e innalzare muri insormontabili a freno di chi fugge da quegli stessi conflitti.
L’uso delle ostilità belliche per risolvere le tensioni internazionali è una prassi ritenuta oramai del tutto opportuna dalla maggior parte delle cancellerie europee, e il motto “per fare la pace occorre preparare la guerra” (“Si vis pacem, para bellum”) è il più gettonato dalla classe politica appartenente alla cosiddetta “civiltà occidentale”. Il taboo della guerra è quindi caduto definitivamente, malgrado le guerre comportino un maggior numero di morti tra i civili che tra i soldati. Le drammatiche immagini provenienti da Gaza raccontano, quotidianamente, di bombe che mietono vittime tra la popolazione e occasionalmente tra chi indossa una divisa.
Un recente studio ha infatti dimostrato come nelle guerre moderne, rispetto a quelle più antiche, sia mutato drasticamente il rapporto tra vittime civili e militari. Le baionette, insieme alle artiglierie, nei secoli scorsi facevano strage tra le truppe e, occasionalmente, tra i cittadini, mentre oggi qualsiasi azione bellica colpisce in primis i civili e in minor modo gli eserciti (come dimostrano gli oltre 60.000 morti a Gaza).
Il trascorrere degli anni, quindi, ha silenziosamente azzerato i valori della mediazione, della Pace, della diplomazia a tutti i costi. Annientamento di principi che ha addirittura abituato l’opinione pubblica, rendendola indifferente, ai duri attacchi politici diretti al Pontefice: compresi gli insulti provenienti da leader nazionali di presunta fede cattolica (e non solo). Capitombola così il rispetto dei potenti verso le voci non allineate, anche quando le opinioni non conformi sono espresse dal Vicario di Cristo, e al contempo sprofonda la protezione della Vita: ritenuta del tutto sacrificabile in Palestina, ma sacra in territorio ucraino (altra dimostrazione eclatante di ipocrisia di Stato).
Nei giorni del funerale di Papa Francesco è caduta definitivamente un’altra certezza morale, oltre che politica, ossia l’incondizionata condanna del ventennio fascista da parte del mondo dell’informazione e della politica. Le celebrazioni tenute a Dongo da alcuni neofascisti, a memoria dell’esecuzione di Benito Mussolini, e il contemporaneo controllo di contenimento esercitato su chi invece contestava la celebrazione “nera” (controllo garantito dalle forze dell’ordine) sono l’ennesima dimostrazione della legittimazione del Ventennio da parte delle istituzioni: legittimazione già anticipata (tra le altre cose) dall’inopportuno richiamo del governo alla “sobrietà” rivolto a chi si preparava a celebrare il 25 Aprile.
I tanti raduni nostalgici che terminano con il solito “Presente!”, e saluti romani, gettano la nostra società in una voragine, in un buco nero all’interno del quale cadono tutte le speranze per una società migliore, senza guerre, partecipata e solidale. Baratro buio e abissale aperto da tutti quei “sinceri democratici” che in questi ultimi anni hanno pensato molto ai fatti loro, alla carriera e a sistemarsi, e poco al bene comune.
Il passo che conduce dal sonno della ragione al coma profondo è breve.