O la va (su Parolin) o si spacca. Repole alla congregazione: "Continuità con Francesco"
Eusebio Episcopo 07:00 Domenica 04 Maggio 2025Se non sarà eletto papa al terzo o al quarto scrutinio il Conclave potrebbe avere un esito imprevedibile. Conservatori fuori partita. Candidati dei progressisti: Tolentino de Mendonça e Aveline. L'arcivescovo di Torino interviene alla riunione dei cardinali
Sul conclave che si apre il 7 maggio, ogni previsione potrà essere smentita ma su di un punto tutti concordano: se il favorito cardinale Pietro Parolin, che può rappresentare una figura di riconciliazione e di compromesso e non di rottura, come potrebbe essere un super-progressita o un super-conservatore, non sarà eletto papa al terzo o al quarto scrutinio, tutto potrà succedere e i giochi si apriranno perché le trattative per trovare un nome condiviso fra i blocchi si faranno frenetiche e si potrebbe arrivare a un esito imprevedibile. Martedì è stata diffusa la notizia che l’ex Segretario di Stato fosse stato colto da un lieve malore, ma ben presto è arrivata una secca smentita, segno che il gioco si sta facendo duro. Sembra tramontata la stella del filippino Luis Antonio Tagle, danneggiato dal video in cui canta “Imagine”, e quella di Matteo Zuppi, che è ritornato a Bologna dove starà fino all’apertura del conclave.
Adesso i candidati forti dei progressisti pare siano il portoghese José Tolentino de Mendonça, prefetto del dicastero per la cultura, aperturista sui temi dottrinali dove però adotta la linea del “dire e non dire” e Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, spacciato come una specie di nuovo Papa Giovanni, per l’ascesa del quale si sta battendo il presidente francese Emanuel Macron che, la sera prima dei funerali di Francesco, ha invitato a cena a Roma il capo della potente Comunità di Sant’Egidio, il “papa laico” Andrea Riccardi.
I conservatori sono completamente fuori gioco non avendo i numeri sufficienti nemmeno per condizionare i papabili, mentre la stampa si accanisce ogni giorno contro il cardinale Raymond Leo Burke, ridicolizzandolo, l’unico che non ha scheletri negli armadi e che Bergoglio aveva umiliato in tutti i modi, togliendogli, oltre ai già innocui incarichi, persino lo stipendio. Il Signore però ha le sue vie e Burke ha trovato, nell’isolamento e nel dileggio, la sua forza più grande diventando, libero da prebende e dai giochi di potere, ciò che Francesco temeva diventasse. Un simbolo vivente della Tradizione.
Intanto, nella congregazione generale di ieri ha preso per la prima volta la parola il cardinale Roberto Repole. Nel suo intervento l’arcivescovo di Torino ha sostenuto con vigore la necessità che il nuovo papa sia in continuità con Francesco. Del resto Repole è stato coordinatore della collana di saggi sulla “teologia” bergogliana, opera che Benedetto XVI definì “libretti”, rifiutandosi di presentarli. Molto apprezzato il discorso anche dell’altro giovane cardinale piemontese, Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulan Bator in Mongolia, che ha offerto una lettura spirituale della Chiesa, mostrando equilibrio e spirito missionario.
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Con fatica non lieve, il primo tassello per fare spazio alla consorteria dei “boariniani” sta cominciando ad andare a posto. Dal 1° settembre, don Paolo Comba, classe 1971, ordinato nel 2001, parroco a Moncalieri delle parrocchie di Santa Maria della Scala, Beato Bernardo di Baden, Sant’Egidio e SS. Trinità di Palera, sarà trasferito alle parrocchie torinesi della Madonna della Divina Provvidenza e di Santa Giovanna d’Arco, dove sostituirà don Sergio Baravalle, assumendo anche quella di Santa Maria Goretti, prendendo il posto di don Sebastiano Olivero, i quali con rara eleganza sul settimanale diocesano, gli hanno dettato l’agenda: accorpare e unificare in tempi rapidi la tre realtà parrocchiali. Baravalle, classe 1952, ordinato nel 1978 e Olivero, classe 1951, ordinato nel 1976, rappresentano bene il prototipo, sempre più raro, del prete post-conciliare, rimasto fermo a leggere i «segni dei tempi andati», quelli degli Anni Settanta, come se cinquant’anni fossero passati invano. Il primo, già rettore del seminario, potrebbe prendere il posto di monsignor Giacomo Martinacci come rettore del santuario della Consolata che passerebbe così da un finto tradizionalista a un vero progressista. Il secondo, di obbedienza “fiandiniana” ed ex vicario episcopale per la città, potrebbe avere il compito di coordinare, in vista dell’unificazione, più parrocchie torinesi (alcune delle quali in mano ai religiosi) al nobile fine di «abituarle a lavorare insieme». Oppure viceversa.
La fortezza di Moncalieri non è stata ancora espugnata interamente dai boariniani perché resistono – ma fino a quando? – sia don Gianfranco Carlucci a Santa Giovanna Antida, sia don Gianfranco Molinari a Testona, mentre alla parrocchia di Santa Maria delle Vittorie, sempre a Moncalieri, il parroco don Manuel Lunardi, classe 1983, ordinato nel 2019, ex religioso, annuncerà oggi il suo trasferimento alla parrocchia di San Pio X e Gesù Salvatore alla Falchera. Si dice pure che anche Santena, Cambiano e Villastellone subiranno qualche cambiamento; lo ha comunicato il missus ridens don Mario Aversano, con il discutibile metodo pseudo-partecipativo, di andare nelle parrocchie a dare mezzi annunci con l’unico risultato di far arrabbiare tutti. Ha infatti annunciato che il viceparroco don Marco Fogliotti se ne andrà, ma senza dire dove. Tutti però sanno che la sua destinazione è Volvera dove sostituirà don Alessandro Sacco, fedele “roselliano”, nel senso del vicario episcopale don Michele Roselli, che andrà parroco a Savigliano per consentire a don Paolo Perolini e don Pietro Gaino, ambedue boariniani storici, di approdare a Moncalieri. Dopo vari tentativi infruttuosi, a Mathi, Nole e Villanova Canavese andrà il boariniano di seconda fila don Roberto Milanesio, classe 1964, ordinato nel 1997, che lascerà Chieri al regno incontrastato di don Marco Di Matteo, chiudendo così il cerchio dell’egemonia boariniana sull’area metropolitana.
Per adesso il clero uxorato e maritato non è stato toccato perché farlo è troppo complicato e pericoloso. Si annunciano intanto altri sommovimenti che un presbiterio stanco attende senza entusiasmo. Ai tanti fedeli che scrivono al vescovo per avanzare riserve o chiedere spiegazioni, risponde il suo segretario laico, Roberto Beda, con una lettera standard, a mo’ di supercazzola, permettendosi anche di redarguirli: «Le motivazioni di un atto del pastore di questa diocesi rimangono nel riserbo, come è giusto che sia. A noi rimane accogliere lo stato delle cose e rispettare la decisione del cardinale». Insomma, non disturbare i manovratori.