Sicurezza sul lavoro, non si parte da zero
Claudio Chiarle 06:00 Mercoledì 07 Maggio 2025
La festa del Primo Maggio appena trascorsa ha fatto emergere due temi essenziali: le morti sul lavoro e i salari bassi. Sul primo argomento chi ha un ruolo sociale dovrebbe ragionare sui dati e non sull’emotività e invece ascoltiamo slogan e annunci che lasciano il tempo che trovano, incentivando il populismo che favorisce il distacco dalla politica partecipata amplia l’astensionismo. Sembra che quando c’è una morte sul lavoro si esaltino i toni, con cascate di retorica finalizzata a suscitare commozione, sdegno, rabbia, piuttosto che consapevolezza e responsabilizzazione. Non si esaltano le buone pratiche ma si cercano solo colpevoli mentre lo stesso sindacato non ricorda mai che in Italia abbiamo una delle migliori legislazioni al mondo: la Legge 626 del 1994 diventato poi il Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro con il D Lgs. 81/2008. Inoltre, abbiamo gli Enti Bilaterali che danno vita alla figura del RLST (Rappresentante per la Sicurezza dei Lavoratori sul Territorio). Insomma, la legge e la contrattazione tra le parti sociali assegnano al sindacato strumenti legislativi e contrattuali per governare, insieme ai datori di lavoro, anche la sicurezza e l’ambiente di lavoro. Non enfatizzare i risultati raggiunti e lanciare slogan irrealizzabili creando aspettative che vanno deluse al successivo incidente mortale, non è un buon servizio per i lavoratori/trici e non si dà un’immagine concreta dell’impegno che invece i sindacalisti ci mettono ogni giorno sul tema sicurezza. Ma è paradossale che a dare un’immagine negativa siano, in alcuni casi, proprio i “capi” sindacali. Ovviamente in “quei” casi c’è una forzatura e strumentalità politica ma il risultato ha un effetto opposto: gli operai votano a destra anziché spostarsi a sinistra. Perché non chiedere invece l’aumento degli RLST sul territorio affinché sia possibile anche un maggiore controllo dei cantieri? Ovviamente anche con un maggiore controllo da parte sindacale sui propri RLST per evitare situazioni di infiltrazioni mafiose come accaduto alla Filca-Cisl a Torino.
Le statistiche, fredde ma vere, ci dicono che le morti sul lavoro sono in calo dagli anni ‘50 (il picco nel 1963 con 4644 decessi) con due rimbalzi, alla fine degli anni 80, nel 2010 e poi con il Covid. Sappiamo bene che tre morti sul lavoro al giorno è un’enormità che ci dice quanto lavoro bisogna ancora fare ma in circa cinquant’anni sono scesi di oltre tre quarti.
Inoltre, circa il 20% delle cause di decesso sono in itinere casa-lavoro. I due settori maggiormente colpiti sono le costruzioni e trasporti e immagazzinaggio, ovvero la logistica. In particolare, le operazioni di carico e scarico. Bene, cioè male! Se la statistica ci dice i settori prevalentemente colpiti e quindi luoghi e situazioni in cui è più probabile un incidente mortale non si capisce perché, ad esempio, tra le tante campagne civiche con il sapore di propaganda non si faccia un’attività di sensibilizzazione specifica. Non basta dire più ispettori ma se gli Enti preposti sanno già dove intervenire chiedere di concentrarsi su quelle attività. Sempre secondo il rapporto Vega sugli anni 2020-2023 l’agricoltura è al nono posto per infortuni mortali
Secondo “Pagella Politica” un altro modo per capire l’incidenza delle morti sul lavoro è quello di rapportarle al numero degli occupati dai 15 anni in su. Anche in questo caso i dati mostrano il calo degli infortuni mortali in rapporto al numero degli occupati. Nel 2022 ci sono stati 5,2 morti sul lavoro ogni 100 mila occupati, in calo rispetto ai 5,8 registrati tra il 2010 e il 2019 e ai 5,9 tra il 2000 e il 2009. Tra il 1990 e il 2000 ci sono stati 7,6 morti sul lavoro ogni 100 mila occupati, tra il 1980 e il 1989 erano stati 10,2, tra il 1970 e il 1979 15,9 e tra il 1960 e il 1969 20,6.
In altre parole, se negli anni Sessanta morivano sul lavoro oltre 20 lavoratori su 100 mila, dagli anni Duemila in poi questo numero è sceso tra i 5 e i 6 lavoratori. Tutto questo è avvenuto anche grazie al lavoro del sindacato e del legislatore ma proprio per questo mi chiedo perché il sindacato non valorizzi il lavoro svolto in tema di sicurezza.
A ogni incidente si cita la mancanza di Ispettori per i controlli ma nessuno entra nel merito della riforma, già tentata dal Ministro Madia (2008/09 governo Renzi), dell’unificazione sotto un’unica competenza degli ispettori. Oggi abbiamo gli Ispettori dell’Inps, dell’Inail, dell’Aal, del Ministero del Lavoro mentre servirebbe un Ispettorato Unico a livello nazionale. Il Governo Renzi nel Jobs Act emanò un decreto legislativo per istituire la “Agenzia Unica delle ispezioni del lavoro”. In questi giorni il Coordinamento Spontaneo degli Ispettori del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (CSI-MLPS) ha scritto una lettera ai membri delle commissioni affari costituzionali del Senato e della Camera per sollecitare un’azione in tal senso.
Cosa succede invece? Sentiamo Pietro Ichino: “Subito dopo la strage avvenuta il 16 febbraio dell’anno scorso in un cantiere di Firenze, nel decreto-legge n. 19/2024 è stato aggiunto un articolo 31 contenente norme per “L’efficientamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro”. Finalmente, pur in grave ritardo, viene attuata la norma del 2015? No: l’esatto contrario. La beffa è collocata nel comma 12 –accuratamente nascosto in fondo a un articolo, dopo altri undici commi pressoché del tutto irrilevanti – che prevede il “ripristino dei ruoli ispettivi dell’Inps e dell’Inail” come ruoli a sé stanti rispetto a quello degli ispettori ministeriali. In altre parole, l’abrogazione di quanto disposto per l’unificazione dei ruoli stessi e la riorganizzazione unitaria del servizio dal decreto legislativo del 2015.” Conclude Ichino con la sua punta polemica: “Nessun mutamento organizzativo reale: il solo vero scopo della norma è sancire ufficialmente il successo definitivo della resistenza sorda degli apparati a quanto era stato disposto dalla legge nove anni prima. Nel silenzio tombale dei sindacati...”
Gli apparati, la burocrazia, il corporativismo l’inconcludenza e contraddittorietà della politica che a ogni morte sul lavoro promette maggiori controlli e fondi che non diventano mai operativi sono alla fine i veri responsabili dell’inerzia sulla materia sicurezza sul lavoro
Occorre rilanciare le buone pratiche introducendo sistemi premianti per aziende e lavoratori che rispettano le regole antinfortunistiche, non è sufficiente punire ma oggi nell’ambito della vita pubblica prevale lo scontro anziché la proposta con il risultato dell’immobilismo perenne dentro cui i lavoratori e le lavoratrici continuano a morire.
Come andrà a finire questo dibattito sul problema? Penso così: l’8 di maggio ci sarà l’ennesimo incontro con il Governo su cui Landini ha già dichiarato tutta la sua insoddisfazione. Se metto in ordine gli avvenimenti dal tema della sicurezza; la questione dei salari, bassi, il mancato rinnovo dei contratti nazionali e guardando alla data (8 e 9 giugno) dei referendum indetti da Cgil, Schlein e 5S (sul jobs act perché sulla cittadinanza Conte preferisce pensarla come la Lega) risulta chiaro che verso fine maggio avremo uno sciopero generale indetto dalla Cgil (e la Uil cosa farà?), su tutto lo scibile umano ma solo con l’obiettivo di lanciare la corsa al voto a dei referendum, sul jobs act, antistorici. Ovvero l’uso strumentale di problemi veri ma di questo ne parleremo la prossima settimana…