Un referendum che guarda indietro
Claudio Chiarle 07:00 Mercoledì 04 Giugno 2025
Dobbiamo discutere del passato o del futuro? Parlare dei quattro quesiti della Cgil e della sua cinghia di trasmissione, il Pd di Elly Schlein, è parlare del passato. Oltretutto con uno schematismo per cui sei classificato di destra se voti No o ti astieni e di sinistra-sinistra se voti Sì. Oppure discutere di democrazia nel caso di partecipazione o meno al voto quando i vari partiti e schieramenti a partire da quelli di sinistra hanno invitato a suo tempo all’astensione ritenendola legittima. Insomma, ognuno ha fatto le sue capriole, nel tempo, in base alla sua posizione rispetto al quesito referendario. Una discussione fuorviante, inutile, fuori dalla realtà
Per i contenuti, sui quesiti, rimando all’articolo di Gaetano Quadrelli, ex responsabile dell’Ufficio Vertenze della Cisl di Torino, pubblicato sul sito “Sindacalmente” dove ha ben analizzato testi e contenuti. Molto utile per farsi un’opinione.
La Cgil, promotrice con Landini, dei quattro quesiti sul lavoro affronta, come è tipico della sua storia, i problemi dieci anni dopo. Dieci anni in cui il jobs act è cambiato, migliorato con le sentenze della Corte Costituzionale e annullarlo significa tornare alla riforma Fornero, peggiore del jobs act. Mi dispiace dire che trovo fuorvianti le motivazioni dei Si della Cgil e del Pd: dicono cose non vere. Quando Landini sostiene che non andare a votare significa volere la precarietà sa di fare un’affermazione in cui ammette il suo fallimento da sindacalista. La precarietà non si risolve mettendo la “causale” ai contratti; la precarietà si riduce abbassando il tetto massimo di contratti a tempo determinato rispetto agli addetti totali di un’azienda. Oggi si può arrivare sino al 30%. Perché non si rivendica l’abbattimento di questa soglia nella contrattazione nazionale e aziendale? Questo deve fare un sindacalista: contrattare.
La segretaria del Pd Schlein poi ha un atteggiamento fanciullesco, quando alla domanda del giornalista ma a suo tempo il suo partito invitò a astenersi ai referendum, lei risponde “io non c’ero”. Se fai il segretario di un partito rappresenti tutta la sua storia sennò sei “altro”, un movimento sociale in cui ogni giorno puoi cambiare idea. Pd e Cgil da Partito e Sindacato a movimento o meglio alla costruzione di quel partito-movimento del lavoro che Landini e tanta dirigenza torinese Fiom e Cgil auspicano da anni. I referendum saranno l’occasione buona o il fallimento del progetto?
I referendum sono una battaglia di retroguardia ma questa è la specialità di un certo modo di fare sindacato quando esso si trasforma in movimento. La Cgil fa battaglie di retroguardia e i quesiti lo confermano. Già dal 1997 fece la guerra nelle fabbriche alla Previdenza Integrativa pensionistica salvo poi accettarla nei contratti nazionali e nel 2016, proprio con segretario della Fiom Landini accettò, invece, subito la Previdenza Sanitaria, rendendola obbligatoria per i lavoratori dopo che per anni sulla previdenza pensionistica integrativa, per contrastarla, sosteneva la volontarietà. Lo stesso Contratto Nazionale, del 2016, in cui la Fiom-Cgil accettò tutte le modifiche che aveva contestato dal 2001 nei contratti nazionali firmati dai metalmeccanici di Cisl e Uil e dove l’aumento contrattuale dopo avere saltato il 2016 fu, nel 2017, di circa 15 euro. Ma con uno dei peggiori contratti firmati dai metalmeccanici, unitariamente, Landini può entrare in segreteria Cgil nel luglio 2017 e diventarne segretario generale nel 2019.
Nel caso vincessero i Sì cosa cambierà nella vita dei lavoratori e lavoratrici? Sostanzialmente nulla, anzi peggiorerebbe un po', Non siamo di fronte a una battaglia di civiltà, né di difesa dei diritti ma se dici ciò sei di destra. Pazienza, ma tant’è che Bonelli pensa che nel Paese la destra sia minoranza. Ognuno è libero di credere alle sue storie.
Cosa invece può fare cambiare la vita a una parte di lavoratori? Il futuro. L’arrivo del nuovo Ceo in Stellantis con un cambio di passo e strategia. Parlare di cosa può cambiare nelle fabbriche italiane di Stellantis significa parlare del futuro dei lavoratori e lavoratrici.
Innanzitutto, la scelta di Elkann dimostra che Stellantis non è stata svenduta ai francesi. Certo all’atto della fusione Elkann come maggiore azionista fece il presidente e dovette cedere il ruolo di Ceo ai francesi, Ora, essendosi anche rafforzato come azionista, ha potuto imporre la sua scelta, condivisa da tutti. Ridimensionata la filosofia di Tavares bisogna fare ripartire il lavoro. Ecco il futuro a cui ambiscono i lavoratori. Tocca al nuovo management costruire un futuro per i dipendenti sia con una strategia fatta di nuovi modelli attrattivi per il mercato sia rilanciando le fabbriche. Il metodo francese (SPS) Stellantis Power Systems che ha sostituito il WCM ha sostanzialmente fallito. Puntava a eliminare gli sprechi e ha eliminato le procedure consolidate del WCM. Gli operai di Mirafiori si dicono, da tempo, disorientati, confusi, non si capisce più come si lavora, quel poco che si lavora. Il nuovo Ceo ha visitato Mirafiori, come primo stabilimento. Per quei lavoratori è un segnale molto più importante dei referendum perché è oggettivamente concreto. Da un messaggio di speranza che significa lavoro, salario, possibilità di realizzare un futuro. Futuro e concretezza contro ideologia e effimero. Cosa scegliereste se dovete tirare la cinghia per arrivare alla fine del mese?
Avere poco lavoro e lavorare male, vedere i modelli prodotti in Italia non soddisfare il mercato, una progettazione peugeotizzata, penso che i lavoratori vorrebbero risposte su questi argomenti di politica industriale dal Sindacato, dal maggiore Sindacato: la Cgil e dal Pd. Invece gli si chiede di scegliere su una battaglia del passato come glielo hanno chiesto per anni sulla scala mobile, poi sull’articolo 18 e ora (ora!?) dieci anni dopo sul jobs act. D’altra parte, che il problema sia coagulare Pd e Cgil con qualche cespuglio a sinistra e ridimensionare i Cinquestelle era già confermato nel settembre 2024 dalle dichiarazioni del segretario generale della Fiom: “il problema non è il Pd in quanto tale, il problema nostro (della Fiom) era il Pd che con Renzi faceva il jobs act o che diceva tramite un suo esponente che tra gli operai e Marchionne sceglieva di stare dall’altro lato.”
Ora è un bel problema per la Cgil e il Pd perché i lavoratori Stellantis con il progetto di Marchionne sapevano dove si andava, sapevano come si lavorava ma la Fiom pur di contrastarlo applaudì l’arrivo di Tavares proponendo di “tirare un riga”, partire da un foglio bianco e sappiamo come è finita.
Filosa, il nuovo Ceo, è un Marchionne boys, si ispira a lui, vuole riportare la sua filosofia di azione e reattività negli stabilimenti, quel modello WCM dove era tutto proceduralizzato, ogni operazione definita e costruita anche insieme agli operai e dove c’erano problemi subentrava il famoso “semaforo”. Verde se l’operazione lungo la linea era approvata, giallo con modifiche possibili, rosso bocciata. I lavoratori partecipavano migliorando la loro condizione di lavoro.
La sinistra-sinistra cosa gli propone? Un referendum su temi di natura sindacale che la Cgil dovrebbe risolvere con la contrattazione e invece si fa movimento. Chi lavora in una linea di montaggio, 8 ore in fabbrica con i turni, se vuoi rappresentarlo e che ti sostenga devi affrontare i suoi problemi e non proporgli i tuoi obiettivi politici come se fossero i suoi problemi da risolvere.
Ecco perché questi referendum sui temi del lavoro non rappresentano le istanze e i bisogni del mondo del lavoro, rappresentano una rappresentazione, una narrazione del mondo del lavoro. Non è nemmeno il passato, resta l’effimero della sinistra-sinistra. Il futuro è altrove ed è rappresentato da altri soggetti sociali.