RIFORME

Terzo mandato, Meloni apre. Zaia spera, Cirio si dispera

Panico al quarantesimo piano (vuoto) del grattacielo. Se la Lega esulta e spera di approvare la legge il prima possibile per ricandidare il Doge, il governatore piemontese non vede l'ora di lasciare la Regione. E se lo costringessero a restare fino al 2034?

L’apertura di Fratelli d’Italia sul terzo mandato è sicuramente una mossa volta a calmare gli animi all’interno della coalizione di centrodestra, ma i diretti interessati (il presidente del Veneto Luca Zaia su tutti) vogliono vederci chiaro: quella del partito di Giorgia Meloni è una svolta concreta o si tratta di pura tattica in attesa di definire una strategia? Lo capiremo molto presto, nei pochi mesi che mancano alle elezioni regionali, in programma in autunno, servirebbe una legge ad hoc per permettere ai governatori uscenti di ripresentarsi una terza volta (per Zaia sarebbe addirittura la quarta). Di certo, un primo risultato l’iniziativa promozza dalla premier per bocca di Giovanni Donzelli l’ha ottenuto: quello di sparigliare i giochi all’interno del centrodestra e seminare il panico nel centrosinistra dove EllySchlein pensava di aver definitivamente archiviato la pratica Campania.

Tattica e strategia

Il segretario della Lega e vicepremier Matteo Salvini, che dell’estensione dei mandati ne ha fatto un cavallo di battaglia (se non altro per tenersi buoni i veneti), si dice fiducioso: “Se facciamo veloce, potremmo farlo prima dell'autunno", ha commentato, con il compagno di partito Zaia che incrocia le dita (“Vedremo come proseguirà questa apertura”). Tra chi spera c’è anche il presidente della Campania Vincenzo De Luca (Pd), che dopo essersi visto bocciare la sua legge regionale ad hoc dalla Consulta nella svolta di FdI ci legge la volontà di non alterare gli equilibri della maggioranza: “Credo che sia una prova di intelligenza politica della Meloni: la vicenda delle Regioni rischia di lacerare la coalizione di centrodestra, di aprire un conflitto anche duro tra la Lega e il resto della coalizione”.

C'è chi dice no

Ma se Zaia e De Luca sperano che dalle parole si passi presto ai fatti, un altro governatore al solo sentir parlare di terzo mandato gli prende un brivido alla schiena. Stiamo parlando ovviamente del presidente del Piemonte Alberto Cirio: altro che ricandidarsi, lui pensa a lasciare il 40esimo piano del Grattacielo (dove peraltro cerca di trascorrere meno tempo possibile) alla prima occasione, puntando a dimettersi prima della scadenza del secondo mandato per fare il salto a Roma alle Politiche del 2027. Se questa apertura si trasformasse in legge, c’è da scommettere che non mancherà chi spingerebbe per tenerlo in Regione fino al 2034. A scanso di equivoci, lui non vuole saperne nulla. E non è un caso se proprio il suo partito, Forza Italia, è il più tiepido sulla proposta, partita dalle dichiarazioni di ieri del meloniano di ferro Giovanni Donzelli. Proprio il limite dei due mandati permetterebbe a FI di rimescolare le carte e avanzare nuove pretese sui vari territori, che così resterebbero cristallizzate, a beneficio soprattutto della Lega, che negli anni ha visto ridursi sensibilmente il suo peso politico. Anche a FdI converrebbe un valzer delle poltrone per far valere i nuovi equilibri di forza della coalizione, ma come sostiene De Luca la possibilità che la maggioranza vada gambe all’aria è un rischio che Giorgia Meloni e i suoi non possono permettersi di correre. Con buona pace delle ambizioni nazionali di Cirio.

Terzo mandato anche per i sindaci?

Ad allargare il campo di questa svolta ci ha pensato invece un altro piemontese, il vicepresidente dell’Anci e membro della segreteria di Azione Osvaldo Napoli, che parla di estendere la norma anche ai sindaci: “Se il governo Meloni, nella sua ennesima inversione a U, ritiene di sbloccare il vincolo dei mandati per i presidenti di Regione, farà bene a considerare che quel limite va abolito anche per i sindaci”, ha dichiarato, in linea con quanto affermato da Donzelli, che ha parlato di “norme a macchia di leopardo”. “Non si possono tollerare istituti giuridici diversi fra le istituzioni locali, siano esse titolari di potere amministrativo o esecutivo – continua Napoli –. I sindaci non sono figli di un dio minore e l’idea di cambiare la veste giuridica di un’istituzione a seconda delle convenienze politiche denota una logica proprietaria o comunque opaca del potere politico. I sindaci sono i rappresentanti dello Stato più vicini ai cittadini e meritano di essere trattati con lo stesso riguardo che si deve ai presidenti di Regione”. Uno spunto interessante, che rischia di trasformare una mossa equilibrista in un totale riassetto delle istituzioni locali, con anche i sindaci che ora avanzeranno le loro proteste, al pari dei governatori. con l'eccezione di Cirio s’intende, che spera che tutto resti com’è per poter fare serenamente le valigie.

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