Cipputi consegna pizze e pulisce scale. In mostra la nuova classe operaia
15:04 Lunedì 09 Giugno 2025Il celebre personaggio di Altan ha cambiato mestiere, lavora nei servizi ma resta povero. Una esposizione per raccontare il passaggio epocale, la fine dell'operaio-massa e il presente di un'occupazione precaria, frammentata, svalutata
Un “passaggio di consegne” tra il vecchio e il nuovo Cipputi. Dal mondo della tuta blu, delle catene di montaggio, al precariato invisibile dei servizi: pulizie, ristorazione, assistenza, commercio. È questo il racconto che emerge dalla mostra “Al (nuovo) lavoro Cipputi!”, in calendario all'Archivio di Stato in piazza Castello a Torino dal 20 giugno al 6 luglio e promossa dalla Filcams Cgil, sindacato dei lavoratori dei servizi. Una scelta non casuale, quella del capoluogo piemontese: da città simbolo dell’industria manifatturiera a laboratorio del “nuovo lavoro povero”, secondo gli organizzatori.
Curata da Cosimo Torlo – un passato di “comunicatore” della Fiom e poi al ministero del Lavoro al fianco di Cesare Damiano – con la collaborazione del geniale Altan, e prodotta da Solares Fondazione delle Arti con il supporto di Radar, l’esposizione presenta 250 immagini: vignette storiche e nuovi disegni dedicati al “nuovo Cipputi”, quello dei servizi, oggi maggioranza nel mondo del lavoro dipendente. Non solo una carrellata nostalgica dei gloriosi decenni della lotta operaia, ma uno sguardo diretto sul presente e sul futuro: commesse, badanti, vigilantes, rider, camerieri. Lavoratori e lavoratrici “fissi”, ma poveri. L’inaugurazione sarà accompagnata da un talk condotto da Serena Dandini, con interventi del segretario generale della Filcams Fabrizio Russo e della storica Michela Ponzani.
“Raccontare una storia gloriosa: è questo l’intento della mostra – spiega Torlo –. Cipputi è un personaggio emblematico, ma oggi il lavoro è sempre meno centrale nel dibattito politico e culturale. Un paradosso, perché senza lavoro non c’è futuro”. L’esposizione non si limita a mostrare le più celebri vignette, ma si arricchisce di materiali audiovisivi, come il documentario “Mi chiamo Altan e faccio vignette” di Stefano Consiglio, e di 227 opere originali, suddivise per decenni, dai Settanta ai primi anni Duemila. In mostra anche quattro grandi sagome del celebre operaio con elmetto, in dialogo simbolico con un modellino del Monumento all’operaio di Pietro Perotti e Altan.
Il progetto ha un’ambizione dichiarata: mostrare il passaggio da un lavoro “pesante ma visibile” a un’occupazione precaria, frammentata, svalutata. Eppure, indispensabile. Un lavoro povero nonostante l’apparente stabilità contrattuale. Il percorso espositivo, arricchito dai “volti” del nuovo proletariato disegnati da Altan, propone una riflessione cruda ma necessaria sulla metamorfosi sociale in atto. Non sfugge il significato politico dell’iniziativa. Torino, dove l’industria ha lasciato ampi vuoti, è oggi un osservatorio privilegiato del lavoro che cambia, dei diritti che si rarefanno, della fatica che resta. E anche del ruolo del sindacato, chiamato a rappresentare chi lavora nei supermercati, nei ristoranti, nelle case degli altri. I nuovi Cipputi, senza tuta né fabbrica.