ALLE URNE

Mole votante (sopra la media), quorum latitante (in Piemonte)

A Torino l'affluenza si attesta intorno al 41,5%, più di dieci punti sopra il dato nazionale. Terza regione dietro le "rosse" Toscana e Emilia-Romagna, ma la soglia di validità resta un miraggio. Il sindaco Lo Russo: "Ripartiamo da qui"

Il quorum per i cinque quesiti resta lontano anche qui, ma Torino tiene botta e si conferma un fortino progressista. Magra consolazione per il campo largo: a fronte di un dato nazionale fortemente deludente per i sostenitori dei referendum, con un’affluenza complessiva che non supera il 30% degli aventi diritto, nel capoluogo sabaudo la percentuale supera di oltre dieci punti la media nazionale, attestandosi intorno al 41,5%. I torinesi che si sono recati alle urne sono stati più di 266 mila, quasi centomila in più di quelli che hanno eletto sindaco Stefano Lo Russo nel 2021, che al ballottaggio contro Paolo Damilano raccolse 169 mila voti. Pura statistica visto il flop complessivo della campagna referendaria, ma da cui emerge un dato evidente: per il centrodestra (che ha fortemente spinto per l’astensione) la strada per espugnare Palazzo di Città nel 2027 è in salita.

Il voto in Piemonte

Uscendo dai confini della metropoli, anche prendendo in considerazione l’intera regione l’affluenza è stata superiore alla media nazionale. Il Piemonte, con il suo 35,2% di votanti, è la terza regione per affluenza, dietro regioni storicamente “rosse” come la Toscana (39,1%) e l’Emilia Romagna (38,1%). Tiene botta anche la Città metropolitana di Torino, che trainata dal capoluogo si attesta al 39,2%, mentre la provincia più “astensionista” è il Vco, dov’è andato a votare meno del 27% degli aventi diritto. A seguire la provincia di Biella (28,6%), poi Vercelli (29,2%), Novara (30,4%), Alessandria (31,45%), Asti (31,6%) e Cuneo (32,4%). Se nelle altre province l’affluenza è dunque abbastanza in linea con la media nazionale, a Torino e nel resto della Città metropolitana i numeri sono stati decisamente più alti, seppure ben lontani dalla soglia di validità del 50%+1.

Le reazioni

Il sindaco di Torino Stefano Lo Russo ha commentato così i risultati: “Il mancato raggiungimento del quorum è una grande occasione persa per il Paese di intervenire e di rimettere al centro temi fondamentali per il presente e il futuro, come la cittadinanza, la precarietà e il diritto alla sicurezza sul lavoro. Temi che certamente avrebbero meritato una maggiore partecipazione e attenzione”. Il sindaco ha evidenziato però la maggior affluenza torinese: “All’interno di questo risultato nazionale, Torino ci consegna un risultato di partecipazione molto significativa e decisamente maggiore di quella del resto d’Italia. Segno che sono tante e tanti le torinesi e i torinesi di tutte le età che credono nella partecipazione democratica e vogliono far sentire la loro voce su argomenti così importanti. Ripartiamo da qui per costruire un confronto vero anche a livello nazionale e perché questi temi tornino al centro dell’agenda politica di questo Paese”. Ma anche nel “campo largo” c’è chi esulta per il fallimento dei referendum, come Igor Boni, storico esponente dei radicali torinesi, sfidante di Lo Russo alle primarie del centrosinistra nel 2021 e promotore del comitato per il No ai referendum sul lavoro: “Il trio Landini, Conte e Schlein è responsabile di una batosta storica che consolida il potere nelle mani della destra italiana”, ha dichiarato. “Sarebbe finalmente il caso di smetterla di stare sulle barricate di un populismo di sinistra che si contrappone a un populismo di destra. Guardiamo a come tenere in piedi e far crescere l'Europa, la democrazia e lo stato di diritto, altro che fare i conti tra correnti del Pd”. 

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