Dal vangelo secondo Gros-Pietro:
"Soldi in banca? Non è peccato"
16:08 Giovedì 26 Giugno 2025
Il presidente di Intesa Sanpaolo replica con garbo all'ammonimento lanciato dall'arcivescovo Repole durante l'omelia di San Giovanni sui patrimoni "immobilizzati". Richiamando la parabola evangelica dei talenti, difende il risparmio produttivo
All’arcivescovo Roberto Repole il sermone l’ha restituito Gian Maria Gros-Pietro. A modo suo. Con i toni misurati del professore, certo, ma anche con quella leggera impazienza che prende quando qualcuno – foss’anche un porporato – si azzarda a parlare di economia facendo confusione tra denaro fermo e risparmio produttivo.
Succede a margine dell’assemblea di Amma, dove il presidente di Intesa Sanpaolo viene interpellato sul passaggio dell’omelia del 24 giugno, in cui l’arcivescovo di Torino aveva stigmatizzato “i grandi patrimoni immobilizzati nelle banche”. E Gros-Pietro, con la cortesia che spesso accompagna la puntualizzazione, ha replicato puntuto. “Le parole del cardinale mi hanno fatto pensare alla parabola dei talenti”, esordisce, evocando il Vangelo, ma declinandolo con strumenti da economista: “Lì viene rimproverato il servo che ha seppellito i talenti. Il motivo, per me economista, è che la moneta deve circolare: ogni volta che viene spesa, attiva lavoro; quando viene tesaurizzata, smette di produrre. E questo è un danno sociale”. Touché.
Non si tratta di una scomunica, ma certo è un’aggiunta dottrinale che sposta il baricentro dal pulpito ai sancta sanctorum della finanza. Perché – e qui sta il punto – non tutto ciò che resta in banca è sterile: “La moneta depositata, se destinata a un investimento o alla previdenza, non è mica morta. La banca la presta. Quindi l’importante è che venga prestata bene”. Un’osservazione che è anche una risposta, educata ma precisa, a chi – magari animato da fervore pastorale – rischia di fare di tutta l’erba un fascio. Gros-Pietro rifiuta l’equazione risparmio uguale immobilismo e restituisce un’idea più complessa: la ricchezza, se usata con intelligenza, può essere motore e non zavorra.
Insomma, mentre Repole predica contro i forzieri chiusi, il banchiere insegna la differenza tra il denaro che dorme e quello che lavora. Entrambi parlano di talenti, ma non dello stesso tipo. E forse nemmeno allo stesso pubblico. Un piccolo scambio di omelie, in fondo. Con un dettaglio non trascurabile: Repole parla in chiesa, Gros-Pietro nei luoghi dove si decide se un investimento si fa oppure no. Dove il talento, per dirla senza parabole, è un interesse composto.