SACRO & PROFANO

Repole cuor di Leone (XIV). "Grillini" di moda in Piemonte

Che il vento a Roma stia cambiando lo hanno compreso anche a Torino dove l'arcivescovo ha pronunciato un'omelia inusuale, almeno secondo i canoni finora in voga. I seguaci di Grillo, teologo anti Acutis. Si annunciano soppressioni di parrocchie

Abituati come eravamo alle continue esternazioni di Francesco che tenevano sempre desta l’attenzione dei media e che qualcuno dice avessero esattamente questo scopo il nuovo papa, Leone XIV, sta mostrando tutt’altro stile – niente selfie, discorsi letti, ritorno a Castelgandolfo e presto al Palazzo apostolico, processione del Corpus Domini dove ha portato personalmente il SS. Sacramento da S. Giovanni a S. Maria Maggiore, canto della Messa e potremmo continuare fino al siparietto di  quando ha fatto rimettere lo zucchetto ad uno zotico di vescovo che si era presentato al suo cospetto con in capo un berretto da pescatore. Sembrano particolari minimi ma che stanno facendo inquietare il mondo progressista che nella sciatteria e nel pauperismo ha la propria cifra. Ma non solo le forme stanno cambiando, anche accenti e contenuti, e questa è la parte importante del tutto ignorata dai giornali mainstream. Non si tratta di cose nuove ma della ripresa di quanto sempre insegnato dal Magistero della Chiesa e che da tempo non si udiva più pronunciare.

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Il 21 giugno scorso il papa ha ricevuto i parlamentari in occasione del Giubileo dei governanti e ha parlato della «legge naturale, non scritta da mani d’uomo, ma riconosciuta come universalmente valida in ogni tempo, che trova nella sua stessa natura la sua forma più plausibile e convincente»  e  poi, dopo aver citato Cicerone, ha proseguito: «La legge naturale universalmente valida e al di sopra di altre convinzioni di carattere più opinabile, costituisce la bussola con cui orientarsi nel legiferare e nell’agire, in particolare su delicate questioni etiche che oggi si pongono in maniera molto più cogente che in passato toccando la sfera dell’intimità personale». Ma è sul rimando al trascendente, e non a un generico trascendente, ma al solo Dio vero ed unico, che Leone XIV è stato chiaro: «Per avere allora un punto di riferimento unitario nell’azione politica, piuttosto che escludere a priori, nei processi decisionali, la considerazione del trascendente, gioverà cercare, in esso, ciò che accomuna tutti». E cioè nella legge e nell’ordine naturale che rimanda all’indisponibilità, per esempio, della vita umana, quella legge «non scritta da mani d’uomo». Chissà se i politici cattolici e quelli del Pd in particolare lo avranno compreso?

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Che il vento a Roma stia cambiando lo hanno compreso anche a Torino, che pure si considera una Chiesa con un modello e una linea che non può ammettere i Padri del Verbo Incarnato o i seminaristi che prediligono l’Adorazione eucaristica e il Rosario. Nell’omelia pronunciata per la festa di San Giovanni Battista, il cardinale arcivescovo Roberto Repole ha offerto una descrizione severa della situazione economica e sociale della città e ha difeso coloro che si spendono per il servizio della vita: «Essere pro-vita sta diventando un insulto, mentre essere pro-morte suona moderno: ci stiamo suicidando». A nostra memoria è la prima sua omelia episcopale che osi sfidare apertamente la cultura della morte dominante del nostro tempo, mettendo il dito nella vera piaga e cioè il rifiuto della vita nascente. Non è riuscito ancora a pronunciare la parola aborto, ma siamo certi che se Leone XIV lo farà anche il nostro arcivescovo seguirà. Il compianto arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, osò addirittura affermare che «l’aborto è un vero e proprio omicidio, poiché è l’uccisione deliberata e diretta di un essere umano».

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Esaurito il valzer dei trasferimenti, la strategia della decrescita felice del gruppo di comando sembra stia per affrontare la fase due e cioè quella che prevede – ipotesi sempre fermamente negata – la soppressione di alcune parrocchie. Lo stesso missus ridens, don Mario Aversano, lo avrebbe affermato in qualche incontro pubblico. Dopo la pausa estiva partirà nuovamente il mantra della sinodalità ma parole d’ordine come ascolto o discernimento hanno perso molta credibilità perché si è visto che chiunque osi esprimere dubbi o far notare incoerenze tra ciò che si predica e ciò che si attua (vedi sempre Verbo Incarnato) viene ignorato o emarginato, perché se la Chiesa volesse essere veramente sinodale dovrebbe ascoltare tutti e non solo chi conferma le scelte già prese, ma anche chi non si lascia affascinare dalle soluzioni offerte o osa mettere in discussione il pensiero dominante.

La democrazia – e la Chiesa non lo è e non può esserlo – comporta un metodo e ha un costo che è quello del confronto e della dialettica; la sinodalità, come l’abbiamo vista in opera fin da adesso, rischia di diventare il paravento o l’alibi per una nuova forma di clericalismo mascherata da partecipazione dove non si risponde nella disposizione della fede, ma nell’atteggiamento dell’azione, del fare e del cambiare trasformando la Chiesa da mistero di fede a entità politica plasmabile.

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Le polemiche seguite al caso del liturgista Andrea Grillo che si è scagliato contro la fede eucaristica del beato Carlo Acutis non si placano, anzi tendono a dilagare. Un ipocrita comunicato del rettore del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, dove Grillo insegna da anni e dove ha formato nelle sue idee tutti i direttori e gli addetti degli uffici liturgici delle diocesi italiane, ha sentito il bisogno, dopo il clamore sui social, di prendere le distanze da «quanto singolarmente espresso da docenti», precisando che «tali opinioni non rappresentano l’insegnamento dell’Ateneo, che invece si professa in piena comunione con la Chiesa e il Romano Pontefice».

Ricordiamo che Andrea Grillo non è solo l’ispiratore del motu proprio Traditionis Custodes che ha soffocato la Messa antica ma anche difeso, in varie pubblicazioni,   posizioni apertamente incompatibili con la fede cattolica: la benedizione delle coppie omosessuali con la promozione del loro riconoscimento pastorale, la negazione della Transustanziazione, l’ordinazione femminile, l’uso degli anticoncezionali, il relativismo morale (negando che la Chiesa abbia autorità sulla morale sessuale) e l’indissolubilità del matrimonio, da sostituire con il concetto di «vincolo indisponibile». Appare quindi evidente che fra il teologo che oggi accusa il beato Carlo Acutis di «maleducazione eucaristica», il contrasto non può che essere stridente: un adolescente innamorato dell’Eucaristia e un professore che nega i suoi fondamenti. Il quale però ha fra i suoi estimatori e seguaci i liturgisti piemontesi, fra cui si distinguono l’ex vescovo di Casale Monferrato, monsignor Alceste Catella con cui ha collaborato,e i liturgisti del Cuneese che vanno per la maggiore, don Marco Gallo e fra Luca Gazzoni, colui che se potesse (e a volte ci è riuscito) farebbe saltare in aria i presbiteri delle antiche chiese per mettere al loro posto orridi tavolini o amboni-orinatoio.

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Report dei vescovi francesi sulle ordinazioni sacerdotali che quest’anno saranno ai minimi termini: 90 in tutta la Francia di cui solo 64 sono sacerdoti diocesani, mentre 25 provengono da comunità o ordini religiosi. A salvare la situazione è stata ancora una volta la Communauté Saint-Martin, che ha molti punti in comune con l’istituto del Verbo Incarnato e che è anch’essa sottoposta – senza una motivazione plausibile – a una visita apostolica. Nessuna menzione viene fatta delle numerose ordinazioni nelle realtà tradizionali che celebrano secondo il rito romano antico e che in Francia sono non solo molteplici ma giovani e in comunione con Roma.

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