"Più cantieri e meno finanza". Costruttori, non "prenditori"
Davide Depascale 16:31 Lunedì 30 Giugno 2025Alla vigilia dell'assemblea annuale di Ance Torino, il presidente Mattio non nasconde le preoccupazioni per il futuro del settore dell'edilizia: "Periodo di profonda inquietudine, accelerare sulle procedure burocratiche e sul piano regolatore"
Poche luci e tante ombre sul futuro dei costruttori torinesi. Alla vigilia dell’assemblea annuale di Ance, nell’80esimo anniversario dalla sua fondazione, il presidente della sezione torinese Antonio Mattio – al suo ultimo anno di mandato dopo otto anni al vertice dell’associazione – rimarca le preoccupazioni del settore dell’edilizia: “Viviamo un lunghissimo periodo di profonda inquietudine legata agli eventi geopolitici e alle scelte di politica industriale del Governo”. Preoccupa soprattutto la fine della stagione del Superbonus, che ha trainato il settore negli ultimi anni: gli investimenti in costruzione sono stimati in calo del 7,4% nel 2025. A questo si aggiunge un rallentamento delle gare pubbliche, soprattutto in ambito Pnrr, dovuto all’eccesso di procedure negoziate e alla lentezza dei trasferimenti dei fondi dallo Stato agli enti locali. I dati sono ancora buoni: a marzo del 2025 Ance Torino ha registrato un aumento della massa salari (+14,7%), delle ore lavorate (+11,3) e delle imprese iscritte (+8%). Ma del doman non c’è certezza.
Evitare la crisi
Per fare in modo che il settore delle costruzioni non affronti un nuovo periodo di crisi, Mattio punta tutto sulle infrastrutture “Sono cruciali, anche come strumento per il rilancio delle periferie. La realizzazione del nodo di Torino della Tav Torino-Lione è una priorità assoluta, ma occorre premere l’acceleratore su tutte le infrastrutture significative, dai valichi autostradali alla Metropolitana, con la Metro1 che va finanziata fino a Rivoli e la Metro 2 che non dovrà fermarsi a Porta Nuova ma arrivare fino al Politecnico”. Investimenti che si ricollegano alla situazione di degrado nelle periferie e al tema degli alloggi sfitti, per i quali il presidente di Ance Torino propone l’introduzione di un’attestazione di non morosità dei potenziali inquilini, sul quale ha già avviato un dialogo con l’assessore regionale al welfare Maurizio Marrone, per dissuadere i proprietari dal tenere vuoti gli alloggi. A questo va aggiunto il finanziamento dell’housing sociale e il supporto alle imprese che operano sul territorio e alle associazioni di volontariato. Decisivi saranno anche gli investimenti nella sanità, a fronte dei due miliardi di euro destinati dall’Inail per il Piemonte, che contribuiranno alla realizzazione del Parco della Salute, che sorgerà nei pressi del Grattacielo Piemonte, e del Nuovo Ospedale Città di Torino, il cui progetto però deve ancora essere approvato.
Il ruolo di politica e finanza
“In Italia siamo maestri della burocrazia, con controlli doppi ovunque, come se la mano sinistra non sapesse cosa fa la destra”, spiega Mattio a proposito delle lungaggini riguardanti le pratiche edilizie, di cui auspica una semplificazione che acceleri i processi, e chiede una svolta anche sul piano regolatore di Torino, che non viene aggiornato dal 1995: “Lo attendiamo da troppo tempo, va adeguato alla realtà cittadina e industriale, con procedure snelle e una particolare attenzione alla riqualificazione e rigenerazione urbana. Ci sono stati 75 tentativi di legge sulla rigenerazione, nessuno di questi si è concretizzato”. E scaglia una lancia in favore dell’arcivescovo Roberto Repole, che alla messa di San Giovanni accusava le famiglie più facoltose di non investire sul tessuto cittadino: “Penso che abbia ragione a dire che si investe molto di più nella finanza che nell’economia reale, quando la prima dovrebbe essere di supporto alla seconda. Noi costruttori veniamo troppo spesso dipinti come prenditori, ma siamo gli unici che impiegano tutte le risorse sul territorio, senza delocalizzare”.
Città da riqualificare
Oltre al tema spinoso delle periferie, che originano un dramma sociale, in tutta la città ci sono “vuoti urbani” su cui poter intervenire con le riqualificazioni, e Mattio cita quella che definisce “un’anomalia torinese”: il Palazzo del Lavoro, di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti e ancora in stato di abbandono: “Altrove sarebbe un fiore all’occhiello della città, auspichiamo si trovi una soluzione per riconvertirlo”. Un regalo più che gradito per gli 80 anni dell’associazione e per tutta Torino, che ha bisogno di segni tangibili per uscire dalla stagnazione.