Fondi Ue, mezz'Italia va a rilento. Piemonte corre e punta ai residui
Stefano Rizzi 07:00 Martedì 01 Luglio 2025Dei 78 miliardi per il 2021-27 in cassa a Roma solo più 3,8. Gran parte delle Regioni sotto il 5% nella spesa. Sopra il 10 solo in quattro. L'assessore piemontese Vignale: "Unici ad aver finanziato tutti i Comuni". Lo sguardo sul tesoretto rimasto
Provvidenziale bombola d’ossigeno per le Regioni, quella del Fondo sviluppo e coesione è quasi agli sgoccioli. Dei complessivi 78 miliardi previsti per il periodo 2021-2027 ne restano in cassa soltanto più 3,8. Ma a preoccupare c’è un altro dato non meno grave e che riguarda la capacità di spesa di quel denaro in arrivo dall’Unione Europea.
Metà delle Regioni non arriva al 5% dei pagamenti rispetto agli interventi programmati e solo quattro, insieme alla Provincia autonoma di Bolzano hanno superato la soglia del 10%. Tra queste, insieme a Lazio (10,1%), Umbria(10,3%), Liguria (15,4%) c’è anche il Piemonte con il 12,3%. Fanalini di coda la Sicilia e la Lombardia con numeri ampiamente al di sotto dell’1% che, insieme a quelli di altri territori molto in ritardo portano la media nazionale dei pagamenti ferma al 4% rispetto al programmato.
Va osservato, riguardo ai dati elaborati da uno studio della Camera dei deputati che parte dei ritardi è in conseguenza di quelli segnati nella sottoscrizione degli accordi da parte del Governo con le varie Regioni. Restano tuttavia quei numeri che descrivono, da una parte, un residuo esiguo rispetto al totale quando mancano ancora due anni alla conclusione della programmazione e dall’altra un divario nella capacità di impiego dei fondi.
Quasi tutto al Sud
Gli stessi fondi, il cui impiego dovrebbe essere volto a ridurre gli squilibri sociali ed economici tra i vari territori del Paese, che del complessivo contenuto negli accordi con le Regioni vede assegnati al Sud circa il quadruplo delle somme destinate al Centro e al Nord messi insieme. Nel settentrione il valore maggiore lo si ha in Lombardia con 3,5 miliardi che sono poco meno della metà di quanto assegnato alla Campania (6,9) e meno di 7,3 miliardi della Sicilia che rappresenta la quota più alta.
L'accordo Cirio-Meloni
Dai dati della Camera, le assegnazioni dei Fsc in base agli accordi per il Piemonte ammontano a 2,8 miliardi, anche se questo numero sembra comprendere avanzi pregressi, tant’è che i fondi a programmazione attuale valgono circa un miliardo. Una programmazione che, per quanto attiene agli accordi tra Governo e Regioni, va considerata a partire dalla sottoscrizione degli accordi che nel caso del Piemonte è stato quello siglato ad Asti da Giorgia Meloni e dall’allora ministro Raffaele Fitto nel dicembre del 2023.
Nonostante siano trascorsi meno di due anni il risultato in termini di spesa, rispetto alla gran parte del resto del Paese i risultati sono più che incoraggianti. “Entro il prossimo anno passeremo dal 12,3% a oltre il 40” sostiene l’assessore regionale Gianluca Vignale che sull’utilizzo degli Fsc da parte del Piemonte rivendica un primato. “Siamo l’unica Regione che dà questi fondi a tutti i suoi Comuni. Abbiamo stanziato 105 milioni pe 805 amministrazioni comunali e questo è un sistema che funziona perché il progetto prioritario lo sceglie il Comune stesso”.
La flebo alla Sanità
Altro ambito in cui si è intervenuto con i fondi che, per legge devono essere destinati a enti pubblici e vincolati a investimenti quindi non a spesa corrente, è quello della sanità. “Abbiamo investito- aggiunge Vignale - più di 250 milioni in questo settore”, che certo non naviga in buone acque in fatto di conti e ogni boccata d’ossigeno è quanto mai preziosa.
Tant’è che da Torino si guarda anche a quei 3,8 miliardi ancora da dividere e destinare. Certo non sarà una grossa somma quella che potrebbe finire al Nord e quindi Piemonte, visto la grande percentuale riservata al Sud “dove – osserva l’assessore – oltre all’80% dei Fsc arriva pure il doppio dei fondi europei, con oggettive difficoltà di spendere tutti quei soldi”. Fino ad alcuni anni fa non c’era un limite, fissato solo di recente con la tagliola che scatta se non si impiegano le risorse nei tempi fissati e riporta il denaro a Roma. Senza, tuttavia, sia scontato che venga poi ridistribuito alla Regioni più virtuose.