PENNE ALL'ARRABBIATA

Cairo, conti d’oro e giornalisti al verde

La7 vola negli ascolti e negli utili, ma i redattori denunciano stipendi bassi, precariato e zero dialogo. Tutto questo a due giorni dall'evento di Milano che celebrerà i successi dell'emittente. Ma il braccino corto mostra la corda anche al Corsera e al Toro

La7 macina ascolti e utili, numeri che fanno gongolare gli azionisti. L’emittente di Urbano Cairo si conferma una macchina da guerra nel panorama televisivo italiano, capace di competere con i big nonostante le dimensioni più contenute. Eppure, mentre il patron brinda, i giornalisti delle redazioni e dei programmi piangono miseria. Il Comitato di redazione (Cdr) in una rovente conferenza stampa nella sede romana della Fnsi, con la segretaria Alessandra Costante a fare da testimone, ha messo in piazza una realtà che sa di beffa.  “L’azienda incassa, e incassa bene, ma i frutti di questo successo finiscono solo nelle tasche delle star e degli azionisti”, ha tuonato Stefano Ferrante, membro del Cdr e segretario dell’Associazione Stampa Romana.

I giornalisti piangono miseria

Il quadro dipinto è desolante: mentre La7 migliora tutti gli indicatori economici e di audience rispetto al 2023, e continua a farlo nei primi mesi del 2025, i giornalisti delle redazioni e dei programmi di approfondimento arrancano con stipendi che, in molti casi, sono del 25-30% inferiori rispetto a quelli di altre emittenti o persino di altre realtà editoriali sotto l’egida del Gruppo Cairo. “Non si tratta solo di cifre – ha precisato Ferrante – ma di un sistema che penalizza chi entra oggi nel mondo del lavoro giornalistico”. Il problema, infatti, è strutturale. I neoassunti si trovano a firmare contratti al ribasso, con forfait che sembrano usciti da un’epoca preistorica del giornalismo, lontani anni luce dagli standard del contratto collettivo nazionale. “C’è un divario inaccettabile tra i colleghi assunti anni fa, con condizioni dignitose, e i nuovi arrivati, che vivono una sofferenza quotidiana”, ha sottolineato Ferrante. A questo si aggiunge il dramma del precariato, una piaga che affligge il 25-30% della forza lavoro, concentrata soprattutto nelle redazioni dei programmi di approfondimento, quei format che fanno la fortuna dell’emittente grazie a inchieste e dibattiti di qualità. Ma chi li produce, spesso, non ha né certezze né riconoscimenti.

Manca un piano di sviluppo

E non è tutto. Il Cdr ha puntato il dito anche sull’assenza di un piano di sviluppo che dia prospettive alla redazione. Mancano promozioni per coprire ruoli apicali, mancano riconoscimenti adeguati a chi, ogni giorno, tiene in piedi la macchina informativa. “Chiediamo un orizzonte nuovo, un progetto che permetta ai giornalisti di lavorare con soddisfazione e dignità”, ha ribadito Ferrante, sottolineando come il dialogo con l’azienda sia praticamente inesistente. “È difficile persino avviare un confronto produttivo con la parte aziendale”, ha aggiunto, lasciando intendere che le porte di Cairo, per ora, restano chiuse.

Il timing dell’attacco non è casuale. La denuncia arriva a due giorni dalla presentazione dei palinsesti di La7 per la prossima stagione, un evento in programma a Milano che dovrebbe celebrare i successi dell’emittente. E, soprattutto, alla vigilia della festa organizzata da Enrico Mentana, il volto simbolo del TgLa7, che ha chiamato a raccolta collaboratori e colleghi per festeggiare i 15 anni dalla sua nomina alla guida del telegiornale. Mentana, con un post sui social aveva lasciato intendere un possibile addio, salvo poi chiarire che non ha intenzione di lasciare. Ma il suo momento di gloria rischia di essere offuscato dal malcontento della redazione, che chiede a gran voce un cambio di rotta.

Non solo La7

Anche al Corriere della Sera, pilastro del Gruppo Cairo, il clima è tutt’altro che sereno. Negli ultimi mesi, il malessere interno è emerso con chiarezza, nonostante il quotidiano milanese resti un punto di riferimento per l’informazione mainstream italiana. Fonti interne dipingono una redazione sotto pressione, alle prese con carichi di lavoro sempre più pesanti, contratti precari per i più giovani e una percezione di scarso riconoscimento per il lavoro svolto. Recentemente, il Cdr del Corriere ha denunciato una situazione di tensione, con i giornalisti che lamentano una gestione aziendale che sembra privilegiare logiche di profitto rispetto alla qualità del giornalismo.

E poi c’è il parallelo, quasi inevitabile, con un’altra piazza che ribolle contro la gestione Cairo: quella dei tifosi del Torino. Sotto la Mole, i supporter granata hanno alzato la voce contro il patron, accusato di una gestione poco ambiziosa e di promesse non mantenute. Tra striscioni e cori di protesta, i tifosi del Toro chiedono rispetto per la loro passione, proprio come i giornalisti di La7 chiedono rispetto per il loro lavoro. Due mondi diversi, un unico refrain: Cairo incassa, ma chi mette cuore e sudore resta a mani vuote. La verità, nuda e cruda, è che il modello Cairo, per quanto vincente in termini di numeri, mostra crepe profonde. Che siano giornalisti o tifosi, il refrain è sempre lo stesso: con il braccino corto di Berluschino non si va lontano.

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