Askatasuna, non dimostrata l'associazione a delinquere
15:48 Mercoledì 02 Luglio 2025Militanti violenti e protagonisti di scontri, ma non organizzati in un sodalizio criminale. Condanne per episodi specifici. Il tema è al centro del dibattito politico, mentre il sindaco Lo Russo porta avanti il percorso per trasformare lo stabile in "bene comune"
Il tribunale di Torino ha reso note le motivazioni della sentenza con cui, a marzo 2025, si è concluso il maxi processo contro 28 attivisti del centro sociale Askatasuna. I giudici hanno escluso l’esistenza di un’associazione per delinquere all’interno del centro sociale di corso Regina Margherita, rigettando la tesi della Procura di Torino, che aveva ipotizzato un nucleo organizzato in grado di orchestrare manifestazioni e scontri con le forze dell’ordine sia a Torino sia in Val di Susa, in particolare durante gli attacchi al cantiere Tav.
Pur condannando 18 imputati per episodi specifici di violenza e disordini, il tribunale ha chiarito che non è stato possibile dimostrare una vera e propria struttura criminale con “capi” o una gerarchia organizzata. Le prove su cui si basava l’accusa sono state in gran parte ritenute non confermate, smentite o irrilevanti.
Le motivazioni della sentenza
Secondo i giudici, non è emersa alcuna egemonia degli attivisti di Askatasuna su fenomeni di massa come gli scontri in piazza o la commissione di reati durante le manifestazioni contro il Tav. La partecipazione a tali eventi era frutto di aggregazioni sociali più ampie, in cui gli imputati erano solo una componente.
Nel dettaglio, una conversazione intercettata tra tre militanti, richiamata dalla Procura come prova della natura associativa, dimostra sì un’inclinazione a idee rivoluzionarie e un astio verso le istituzioni, con riferimenti a gruppi come Hezbollah, Eta e altre formazioni paramilitari. Tuttavia, i giudici sottolineano come tale conversazione contenga anche un’analisi generale confusa della situazione politica, con citazioni a movimenti sociali contemporanei come Fridays for Future e Black Lives Matter, e non prova l’esistenza di un’associazione per delinquere.
Inoltre, nel corso del processo è stata riconosciuta la legittimità delle attività culturali, sociali e sportive promosse da Askatasuna sin dalla sua nascita nel 1996. L’accusa della Procura, secondo cui un gruppo di militanti avrebbe strumentalizzato queste iniziative per fare proselitismo e alimentare tensioni, non ha trovato riscontro nelle testimonianze, che hanno evidenziato decisioni prese sempre tramite percorsi assembleari e senza un comando centrale.
Condanne per episodi specifici
Nonostante l’assoluzione dall’accusa più grave, 18 imputati sono stati condannati per singoli atti violenti: scontri con le forze dell’ordine, lancio di oggetti, danneggiamenti e blocchi stradali durante manifestazioni a Torino e in Valle di Susa tra il 2018 e il 2022. Le pene più alte sono state comminate a Umberto Raviola (4 anni e 9 mesi) e Giorgio Rossetto (3 anni e 4 mesi), mentre altri imputati hanno ricevuto condanne tra i 5 mesi e i 2 anni di reclusione.
Benecomunisti
Il processo e le sue motivazioni arrivano in un momento di forte tensione politica e sociale a Torino. Da un lato, il sindaco Stefano Lo Russo ha avviato un percorso di co-progettazione con Askatasuna per riconoscere lo stabile di corso Regina Margherita come “bene comune”, sulla base di modelli europei di gestione partecipata degli spazi urbani. Dall’altro, il centro sociale è accusato di essere un focolaio di violenze e disordini, con episodi che hanno visto scontri con la polizia, lancio di uova e fumogeni, e occupazione di binari nelle principali stazioni ferroviarie.
In consiglio comunale, Lo Russo ha ribadito che lo sgombero non è una sua competenza diretta, ma spetta eventualmente alle autorità giudiziarie e alle forze dell’ordine: «Se vogliono sgomberarlo, non devono chiedere il mio permesso, possono farlo quando vogliono». Questa posizione ha scatenato dure critiche da parte della destra e dei sindacati di polizia, che chiedono un intervento più deciso per riportare ordine e sicurezza. Il dibattito politico continua a dividere la città, tra chi sostiene la necessità di tutelare spazi di partecipazione e cultura alternativa e chi invece invoca rigore contro ogni forma di violenza e illegalità.