Gedi e Manzoni, il boccone amaro che Elkann non riesce a servire
16:44 Sabato 05 Luglio 2025Bilanci disastrosi, debiti fuori controllo e conti "aggiustati" da plusvalenze straordinarie: il gruppo editoriale resta sul groppone di Exor, in attesa di un acquirente che non si trova. E pure la concessionaria pubblicitaria è in sofferenza. Ecco i numeri
Voci insistenti danno John Elkann deciso a cedere Gedi, il colosso editoriale che controlla Repubblica, Stampa e altre testate, insieme alla concessionaria pubblicitaria Manzoni. Ma il problema è evidente: chi si prenderebbe un gruppo con bilanci così catastrofici? I numeri parlano chiaro, e non sono un biglietto da visita invitante. Nel 2024, Gedi ha visto i ricavi precipitare da 472,8 a 386,8 milioni di euro, un crollo del 18% (-86 milioni), con perdite su tutti i fronti: diffusione, pubblicità e prodotti opzionali. Il margine operativo passa da -9,4 a +3,9 milioni, ma è un miraggio contabile: il risultato include 9 milioni di plusvalenze dalla vendita delle testate locali del Nordest e del Secolo XIX, al netto di 5,4 milioni di oneri di riorganizzazione e 1 milione di costi non ricorrenti. Senza questi aggiustamenti, il margine sarebbe un esile +1,3 milioni. Altro che svolta, è un’operazione di maquillage per evitare il rosso fisso.
Gli altri indicatori economici sono un bollettino di guerra: risultato operativo rettificato a -22,6 milioni (da -23,4), risultato operativo a -27,5 (da -108,9, grazie a minori svalutazioni), risultato ante imposte a -39,8 (da -120) e risultato netto a -45,1 (da -102,6). Le differenze derivano da oneri, accantonamenti e svalutazioni, ma il succo è uno: Gedi sanguina liquidità. Il patrimonio netto cresce da 56,9 a 71,8 milioni, ma solo perché Exor ha rinunciato a un credito di 40 milioni, alleggerendo l’indebitamento. La posizione finanziaria netta resta un macigno: -161 milioni prima delle nuove pratiche contabili (Ifrs 16) -200,1 milioni post Ifrs 16. Con 1.343 dipendenti (-324 rispetto al 2023), i costi sono stati tagliati, ma non abbastanza. Il rapporto tra mezzi propri e passività è da incubo: 1 a 4 per le correnti, 1 a 7 per le totali. La liquidità di 24,4 milioni non copre i 74 milioni di debiti finanziari a breve, e i 21,8 milioni di Tfr incombenti sono un’ulteriore spada di Damocle.
I flussi operativi del 2024 sono negativi per 34,5 milioni, coperti solo dai 28,5 milioni di finanziamenti, ancora una volta grazie a Exor, che continua a iniettare 149 milioni per tenere il gruppo a galla. A tutto ciò si aggiungono immobilizzazioni immateriali per 229 milioni, imposte anticipate per 13 milioni (recuperabili solo con utili, buona fortuna), partecipazioni per 13 milioni e diritti d’uso per 28 milioni. Senza contare rischi legali, contenziosi fiscali e accantonamenti a fondi rischi che fanno tremare.
Manzoni non sta meglio. Il fatturato crolla da 50,3 a 43,4 milioni (-13,7%), il risultato operativo migliora da -14,1 a -9,9 milioni, ma solo grazie a 2,7 milioni di ricavi straordinari non ripetibili. Il risultato netto è a -9,4 milioni (da -12,1). Il patrimonio netto sale da 17,8 a 19,4 milioni, ma solo per un versamento di 11 milioni del socio (indovinate chi è?), che si aggiunge ai 13 milioni del 2023. Le disponibilità liquide calano (-14,7 milioni), mentre i debiti finanziari restano intorno ai 50 milioni. Anche qui, imposte anticipate (2 milioni), diritti d’uso (3 milioni) e un fondo rischi da 2,7 milioni per contenziosi, incluso un pagamento all’Inps, non lasciano sperare in un futuro roseo.
Insomma, Elkann vuole passare la patata bollente, ma con questi numeri Gedi e Manzoni sono un boccone indigesto che pochi sembrano ansiosi di papparsi. Servirà più di un miracolo contabile per trovare un acquirente disposto a prendersi questo badò o, forse, converrà cucinare meglio la pietanza. Come? Lo spezzatino è (quasi) servito. Ne riparleremo, stay tuned. (1 - continua)