ECONOMIA DOMESTICA

Tempesta in un bicchier di vino: dazi Usa e surplus piemontese

L'export vinicolo italiano minacciato dalle misure di Trump e dal rafforzamento dell'euro. In Piemonte si accumula l'invenduto: Barbera, Moscato e Dolcetto in cerca di soluzioni mentre la nuova vendemmia incombe. Il settore a rischio speculazioni

Non bastava il calo dei consumi e il cambio di abitudini tra i giovani. Ad aggravare una situazione già complessa per il mondo del vino italiano si aggiungono ora le nuove barriere tariffarie annunciate dagli Stati Uniti e l’andamento sfavorevole dell’euro sul dollaro. Un mix letale che rischia di mettere in ginocchio un comparto strategico per l’export e il Made in Italy. A lanciare l’allarme è Giacomo Ponti, neopresidente di Federvini: “Un dazio al 10% rappresenterebbe già una zavorra pesante per le nostre esportazioni, ma un’aliquota al 20% rischia di essere devastante, soprattutto per le piccole e medie imprese della filiera vinicola”. Il rischio concreto? “La chiusura forzata verso il principale sbocco extraeuropeo”, avverte Ponti, ricordando come alcune cantine italiane siano legate al mercato statunitense per oltre il 50% del proprio fatturato.

Il presidente di Federvini sottolinea come «”ntrodurre nuove barriere tariffarie in un contesto già segnato da una stagnazione dei consumi a livello globale significa spingere fuori dagli scaffali americani molti dei nostri vini simbolo: Prosecco, Chianti, Pinot Grigio, Moscato d’Asti”. Ma non sono solo i dazi a preoccupare: “Un euro rafforzato fino a quota 1,25 – come ipotizzato da alcune previsioni – potrebbe avere effetti persino più penalizzanti di un dazio, per un settore che esporta beni con margini già compressi”. La richiesta è chiara: “È il momento della responsabilità e del buon senso, non del protezionismo punitivo”.

Se a livello internazionale il vento soffia contro, in Piemonte il quadro non è più rassicurante. Tra surplus di produzione e vini invenduti, il settore è in fibrillazione. Si parla di 70-90 mila ettolitri di rosso da smaltire quest’anno, con Barbera, Dolcetto, Moscato e Cortese in testa. L’alta gamma – Barolo e Barbaresco su tutti – resiste, ma per il resto della produzione la situazione è critica. La Regione ha riunito il tavolo sul vino, che tornerà a incontrarsi il 14 luglio dopo un passaggio al Ministero a Roma. Tra le ipotesi sul tavolo: ridurre dell’1% la superficie vitivinicola piemontese e modificare il disciplinare del vermouth, imponendo l’uso esclusivo di vino regionale.

“Non bisogna fare allarmismi, ma guardare con obiettività all’evoluzione del mercato” avverte Alberto Cordero di Montezemolo, produttore e voce autorevole del comparto: “I vini generici e anomali stanno soffrendo, mentre quelli di qualità che rappresentano il territorio tengono”. Una linea condivisa da Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte: “Dobbiamo ragionare su eventuali quote di rimpianto, rallentare la crescita per evitare surplus e abbassare la resa per ettaro, così da aumentare la qualità e ridurre la quantità”.

Dietro l’angolo si intravede anche il rischio di speculazioni al ribasso, mentre i produttori chiedono soluzioni di lungo respiro e una burocrazia più snella per poter rispondere ai mutamenti del mercato. “Il nostro territorio non ha solo eccellenze, ma ottimi vini che devono essere difesi e tutelati – conclude Allasia – ed è questo l’obiettivo del tavolo verde”. La partita è ancora aperta, ma il tempo stringe: la nuova vendemmia è alle porte e il settore non può più permettersi passi falsi.

print_icon