Il ballo del mattone
Juri Bossuto 07:00 Giovedì 21 Agosto 2025
I mesi estivi sono favolosi per chi governa, poiché mare e ombrelloni creano un prezioso effetto narcotizzante sull’attenzione (generalmente già scarsa) degli italiani. In autunno scandali vari, guerre e rincari delle utenze saranno già caduti nell’oblio del faticoso rientro vacanziero. Un’anestesia generale somministrata con successo, tramite i programmi del palinsesto televisivo, anche a coloro che quest’anno non hanno potuto mettersi in viaggio per ragioni economiche, oppure familiari.
Il mese di luglio ha portato alla ribalta delle cronache l’inchiesta milanese sul presunto tesoretto che non è stato riscosso dalle casse comunali, e di conseguenza non utilizzato per realizzare importanti servizi ai cittadini, quali scuole, asili, aree verdi. Crediti, secondo la magistratura meneghina, mai incassati per favorire la meravigliosa trasformazione cittadina di Milano in una metropoli da “ostriche e caviale”: evoluzione di quella “da bere” risalente ai tempi del Sindaco craxiano Pillitteri.
In sintesi, il Comune (a detta dei pm) avrebbe rinunciato a 107 milioni di euro derivanti dagli oneri di urbanizzazione, oltre alla mancata acquisizione dei terreni destinati alla realizzazione di servizi (concessi in cambio ai permessi di costruzione di grattacieli ad alto tasso di esclusione sociale) per un valore complessivo pari a 1 miliardo e 300 milioni di euro.
A prescindere dai futuri esiti dello scontro in atto tra il sindaco Sala e il Palazzo di Giustizia, il popolo (quello vero) raramente riesce a trovare un tetto nel capoluogo lombardo. Il caro casa impedisce a operai, lavoratori e studenti di poter vivere a Milano, se non condividendo anguste stanze con altre persone. Gli spazi pubblici si riducono di anno in anno, e al loro posto sorgono edifici di lusso: si sgretola la città-bene comune, e con lei scompaiono gli interventi comunali nel sociale, mentre aumentano invece le opportunità per chi si dedica alla speculazione edilizia.
Il modello Milano costringe chi lavora a cercare casa altrove, spingendosi addirittura la ricerca nella periferia nord di Torino, sottoponendosi così a lunghi viaggi in treno, che solitamente iniziano prima del sorgere del Sole, per raggiungere l’ufficio (oppure la fabbrica).
I torinesi guardano Milano, sin dal secondo dopoguerra, con gli occhi di chi cerca un’occasione di rivincita, specie in seguito allo scippo di aziende e settori pubblici importanti ad opera del capoluogo meneghino (tra cui gli studi televisivi della Rai): una voglia di rivincita che purtroppo rischia di trasformarsi nel triste tentativo di emularne il modello di vita.
Alcuni segnali, infatti, indicano una classe politica subalpina decisamente attratta dal sistema “città privatizzata” in voga a Milano. I parchi usati come aree edificabili destinate a ospedali, centri sportivi e capannoni commerciali sono la fedele fotografia della “nuova” Torino, così come il cambio di proprietà degli immobili che vanno a comporre la Galleria Subalpina (ora nelle mani di società estere mosse dalla voglia di realizzare ottimi profitti) svela l’orizzonte degli eventi in cui sta precipitando la nostra città. Alloggi vacanza, periferie in ostaggio del disagio sociale, riduzione costante di spazi e servizi pubblici descrivono perfettamente la Torino che si appresta a stravolgere il suo vecchio Piano Regolatore Generale: una città stanca, poco inclusiva, e alle prese con la fuoriuscita del Pubblico da ogni ambito cittadino (compreso il welfare).
Torino chiama Milano, candidandosi così a essere la nuova terra di conquista per investitori stranieri e speculatori vari in cerca di business. La città dell’industria e delle lotte operaie scompare tra i tavolini della movida, e affonda nelle periferie ormai simili a ghetti in balia del disagio sociale.


