Lega e 5 stelle, populismo in crisi?
Giorgio Merlo 10:56 Venerdì 17 Ottobre 2025
Qualcuno si chiede se sia la volta buona. O, detto con altre parole, se non sia arrivata al capolinea l’ormai lunga stagione del populismo demagogico in Italia. Parlo, come ovvio, dell’attuale stato di salute politico ed elettorale dei due principali partiti populisti del nostro paese.
E cioè la Lega di Salvini – e non quella dei “governatori” del Nord, come ovvio e scontato – e chi ha il brevetto per eccellenza del populismo demagogico, qualunquista e anti politico nel nostro paese. Cioè il partito dei 5 stelle. Che, da Grillo a Conte, ha solo aggiunto il trasformismo politico e l’opportunismo parlamentare alla storica e sempre attuale identità populista. Certo, l’esito elettorale nelle Regioni in cui si è votato sino a oggi non attribuisce un grande risultato né alla Lega e né, tantomeno, ai populisti pentastellati. E questo malgrado i successi politici ed elettorali nelle precedenti consultazioni.
Ora, possono essere tanti gli elementi che spiegano questi recenti, ripetuti e ormai quasi puntuali flop elettorali. Ma, su tutti, forse prevalgono due elementi di fondo.
Innanzitutto, e proprio nell’attuale contesto storico e politico, è sempre più richiesta ai partiti o a ciò che resta dei partiti una vera, credibile e spiccata cultura di governo. Un tassello che, oggettivamente e quasi statutariamente, non appartiene alle forze populiste, demagogiche e qualunquiste. Per la semplice ragione che queste forze rispondono ad altri requisiti e adottano altri concreti comportamenti, del tutto estranei ed esterni rispetto a chi persegue l’obiettivo che comunemente si chiama “cultura di governo”. Un modo d’essere che prescinde radicalmente da chi persegue l’obiettivo di governare una società e non solo di limitarsi ad assecondare tutte le spinte massimaliste, radicali e quindi populiste che salgono di volta in volta dalla pubblica opinione.
In secondo luogo, forse, e come tutte le mode, sono sempre e solo passeggere ma non sono destinate a durare a lungo e in modo strutturale. Certo, in una società dove sono tramontati i tradizionali partiti popolari e di massa, dove le culture politiche storiche si sono pericolosamente inabissate e dove, e purtroppo, la militanza politica, l’elaborazione culturale e progettuale e il radicamento sociale sono stati pericolosamente soppiantati dai partiti personali e dalla quasi infallibilità dei rispettivi capi partito, è di tutta evidenza che il populismo demagogico e qualunquista – purtroppo per la qualità della nostra democrazia, per la credibilità delle nostre istituzioni democratiche e per la stessa efficacia dell’azione di governo – non è destinato a scomparire del tutto. Quello che, comunque sia, comincia a tranquillizzare è che i consensi reali, non quelli virtuali dei sondaggi, iniziano a scendere per i partiti che praticano, coltivano e assecondano il credo populista e demagogico. Frutto e conseguenza di un clima politico che, forse, è destinato a cambiare progressivamente anche se, purtroppo, non definitivamente. È compito, adesso, di tutte le forze autenticamente democratiche, riformiste e di governo far sì che la malapianta del populismo non attecchisca ulteriormente. Non per il destino del populismo ma, al contrario, per la qualità e il futuro della nostra democrazia.


