Atp, Torino incrocia le dita ma la partita si gioca a Roma
14:50 Martedì 28 Ottobre 2025Cirio e Lo Russo compattano il fronte piemontese all'insegna della "fiducia". Il futuro oltre il 2026 resta però incerto. Il governo pretende maggiore controllo sulla gestione. Il destino si decide lontano dal Inalpi Arena, ai tavoli della politica
Fiducia. È la parola che circola più di ogni altra fra Regione Piemonte, Comune e organizzatori alla presentazione degli eventi collaterali delle Atp Finals. Fiducia nel futuro del torneo a Torino, oltre le due edizioni già confermate – 2025 e 2026 – con l’obiettivo dichiarato di garantirsi anche il prossimo ciclo quinquennale. Ma dietro l’ottimismo istituzionale e i sorrisi di rito, sulla permanenza delle Finals al Inalpi Arena si allungano le ombre di un duro scontro politico e gestionale fra la Federazione Italiana Tennis e Padel e il governo. Una partita che rischia di far saltare tutto dopo il 2026.
“Volare alto”
Nel giorno della presentazione, il governatore Alberto Cirio ha scandito con enfasi il messaggio del fronte piemontese: “Un evento mondiale come le Atp Finals ha bisogno di volare alto e noi siamo una città e una regione che sanno volare alto e lo hanno dimostrato, che vantano unicità dei luoghi e capacità organizzativa. A detta di tutti, a cominciare dai tennisti, è un evento perfettamente organizzato. Per questo per il futuro siamo molto fiduciosi perché dove stai bene ritorni”. E ancora: “Sto lavorando con il Comune per questo. Lunedì ero a Roma, ci ritornerò giovedì e sui vari tavoli stiamo ponendo la candidatura per proseguire questo rapporto portando il valore aggiunto che qua si sta bene e sono fortemente fiducioso che il lavoro che stiamo facendo porterà buoni frutti”.
Sulla stessa linea il sindaco Stefano Lo Russo, che ribadisce la determinazione dell’amministrazione comunale: “Noi abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare per tenere le Atp Finals per altri cinque anni. Lo spirito con cui abbiamo giocato questa partita è giocare per vincere, proveremo a vincere fino all’ultimo secondo e cautamente continuiamo a essere ottimisti”. Infine, il vicepresidente della commissione tecnica di gestione Paolo Damilano ha ricordato l’efficienza dimostrata dal sistema torinese: “Torino ha dato dimostrazione di efficienza e di capacità organizzativa, soprattutto nei primi due anni, quando siamo stati penalizzati dal Covid. Credo e spero che almeno due anni debbano essere garantiti ancora alla città di Torino. Poi bisogna parlare con Atp e vedere anche le esigenze dei giocatori, il cui parere è fondamentale”.
Tutti fiduciosi, dunque. Ma mentre a Torino si brinda al successo organizzativo, a Roma si consuma un braccio di ferro che potrebbe rovesciare la partita.
Cambiate le regole del gioco
Al centro della contesa c’è il nuovo Decreto Sport, che impone una svolta nella gestione degli eventi finanziati con denaro pubblico. La norma stabilisce che, per manifestazioni che ricevono più di cinque milioni di euro di contributi statali – come le Atp Finals – la gestione non possa più restare in capo unicamente alle federazioni, ma debba coinvolgere Sport e Salute, la società pubblica che gestisce fondi, appalti e rendicontazioni per conto del governo.
Una norma apparentemente tecnica, ma dagli effetti esplosivi: la Federazione Italiana Tennis e Padel, guidata da Angelo Binaghi, perderebbe il controllo pieno dell’evento. Il governo invoca “trasparenza e coordinamento”; Binaghi parla di un commissariamento mascherato. Sono in ballo oltre cento milioni di euro di contributi pubblici nel quinquennio. Per conservarli, la Fitp dovrebbe accettare la co-gestione con Sport e Salute; per difendere la propria autonomia, dovrebbe rinunciarvi.
“Se sono il problema tolgo il disturbo”
“È un momento incredibile per tutti gli italiani, un po’ meno per me – ha dichiarato Binaghi. Ci sono una serie di problemi, è giusto che me ne faccia carico. Speriamo di risolverli velocemente. Da parte nostra c’è disponibilità per cominciare a tenerle in Italia, che non è banale”. Poi la stoccata politica: “Abbiamo fiducia che si trovi una soluzione. Il problema è quando le nuove leggi hanno un’applicazione retroattiva e diventano incompatibili con gli accordi già in essere tra noi e Atp”. Infine, la minaccia più esplicita: “Se il problema è la visione che ho di quello che deve essere la Federazione italiana tennis nel mondo, se questa visione non è condivisa è giusto che ci provi un altro. Faccio l’ingegnere: mi sembra il momento migliore, nel caso fosse necessario, per chiudere questa venticinquennale esperienza. Laddove fosse necessario, leverei il disturbo immediatamente”.
Parole che suonano come un ultimatum. Se la Fitp verrà costretta a cedere il controllo delle Finals, Binaghi è pronto a dimettersi. E dietro le dimissioni si intravede il rischio più grande: che la sede del torneo venga rimessa in discussione.
Il rischio (concreto) per Torino
Secondo fonti vicine al dossier, la Atp avrebbe già manifestato preoccupazione per il cambio di governance imposto dalla legge italiana. L’associazione teme che un’ingerenza statale possa violare gli accordi sottoscritti, rendendo il progetto italiano meno stabile. Le Finals, ricordano dall’Atp, sono un evento globale con una struttura contrattuale che richiede autonomia, rapidità decisionale e continuità operativa. Se queste condizioni venissero meno, la sede potrebbe essere riconsiderata.
In altre parole: se il braccio di ferro non si chiuderà rapidamente, Torino rischia di perdere le Finals dopo il 2026. E non mancano pretendenti pronte a subentrare: Milano si muove già nell’ombra, ma anche città europee che avevano partecipato al bando del 2020 monitorano la situazione. Per non dire dei Paesi arabi che possono mettere sul piatto risorse ingenti.
La partita si gioca a Roma
Per il momento, Torino ha la certezza delle edizioni 2025 e 2026. Il sistema organizzativo locale è lodato da tutti, il Inalpi Arena ha conquistato tennisti e sponsor, e l’impatto economico dell’evento – oltre 250 milioni l’anno secondo le stime – è innegabile. Ma la vera partita non si gioca sotto la Mole. Si gioca a Roma, fra Palazzo Chigi, il Ministero dello Sport e la sede federale. Cirio e Lo Russo viaggiano in tandem, tentano di blindare la candidatura piemontese e di mantenere il “modello Torino” come garanzia di efficienza. Ma se lo scontro fra Binaghi e il governo non troverà un compromesso, ogni sforzo locale rischia di essere vano.
Dietro le quinte, il confronto non è più solo tecnico. È politico. Da un lato il governo, deciso a riportare sotto il controllo pubblico i grandi eventi sportivi finanziati dallo Stato; dall’altro la Federazione, che rivendica autonomia e risultati, ricordando che proprio quella libertà ha permesso di portare a Torino il torneo dei Maestri. Per ora, resta soltanto quella parola chiave: fiducia. Ma più che una certezza, somiglia a una speranza. E se la politica continuerà a giocare a gamba tesa, il rischio è che dopo il 2026, quando si spegneranno le luci del Inalpi Arena, non ci sia più un tie-break da giocare.


