Crt, 150 milioni di buoni propositi per l'anno nuovo
17:14 Mercoledì 29 Ottobre 2025La presidente Poggi prepara i botti per il 2026, quando la fondazione festeggerà i suoi 35 anni. Risorse record per il territorio, un modo (anche) per far dimenticare il recente passato. “Solidità e visione di lungo periodo” e con le nuove regole potrà restare a lungo
Centocinquanta milioni, +11,9% rispetto al 2025. È il biglietto da visita con cui la Fondazione Crt ha deciso di giocare per il 2026, l’anno in cui compirà 35 anni. Un compleanno che non vuole essere solo una ricorrenza, ma un giro di boa. Il Documento Programmatico Previsionale approvato dal Consiglio di Indirizzo segna un +11,9% sul 2025 e un messaggio inequivocabile: si riparte, si investe, si cambia. Ottanta milioni per la continuità – ma non quella statica, quella rivista, aggiornata, resa più efficace – settanta milioni per le progettualità emblematiche, quelle che la Fondazione vuole gestire in prima persona o attraverso le sue creature: Ogr, Fondazione Arte Crt, La Scialuppa.
“Il Piano 2026 conferma la solidità e la visione di lungo periodo della Crt in un momento cruciale di trasformazione economica e sociale”, ha dichiarato Anna Maria Poggi al timone da giugno. “Nel segno della continuità delle nostre attività tradizionali, vogliamo imprimere un nuovo slancio al nostro impegno sul territorio, con uno sguardo capace di anticipare i bisogni e generare impatto concreto”. Parole che arrivano ventiquattro ore dopo l’Addendum Mef-Acri, firmato lunedì dal ministro Giancarlo Giorgetti e dal presidente Giovanni Azzone. Un protocollo che non è un semplice aggiornamento burocratico: allunga i mandati a sei anni (rinnovabili fino a dodici), concede dodici mesi per adeguare gli statuti, alza il limite di concentrazione patrimoniale al 44%. Ossigeno puro. Non solo per la Crt, ovviamente, ma che per Palazzo Perrone è nuovo fiato.
Perché dopo le dimissioni di Fabrizio Palenzona, le inchieste sul presunto “patto occulto”, gli ispettori del Tesoro, il rischio commissariamento, Poggi ha bisogno di tempo. E il Mef glielo ha dato: prima, durante e dopo. Con una condizione implicita: trasparenza, accountability, risultati. E i numeri del Dpp sembrano voler rispondere proprio a questa sfida. “Solidità e visione di lungo periodo”, dice Poggi. Traduciamo noi: l’Addendum le ha regalato altro potenziale tempo. Sei anni di mandato invece di quattro, pausa di tre prima di riciclarsi nelle controllate, concentrazione patrimoniale fino al 44%. Poggi sa che deve correre, ma senza inciampare.
I tre pilastri
Gli ottanta milioni ordinari sono suddivisi in tre pilastri, ormai consolidati ma non per questo intoccabili. 26 milioni alla Cura: welfare, inclusione, comunità. Interventi per chi resta indietro, per chi ha bisogno di una rete, per chi vive nei territori più fragili. 27 milioni alla Crescita: ricerca, istruzione, con un focus sempre più marcato sulle fragilità giovanili. Laboratori, borse di studio, percorsi che non lasciano nessuno fuori. 27 milioni alla Meraviglia: arte, cultura, con il sostegno diretto a Ogr Cult e Fondazione Arte Crt. Perché Torino non è solo assistenza: è anche bellezza, pensiero, proiezione internazionale. Poi ci sono i settanta milioni emblematici. Non sono un fondo di riserva, sono la parte più ambiziosa. Progetti propri, pluriennali, strategici. Quelli che la Fondazione vuole firmare con il proprio nome, non delegare. Quelli che devono cambiare il volto del territorio, non solo sostenerlo.
Da bancomat a laboratorio
Un rischio? Gestire direttamente significa esporsi, significa responsabilità diretta. Ma è anche l’unico modo per dimostrare che il passato è davvero archiviato. Perché i 35 anni non sono solo una data. Sono una storia. Nata nel 1991 dalla separazione tra banca e fondazione, cresciuta tra successi e scandali, ferita da dimissioni eccellenti, da verbali sotto inchiesta, da ispettori che hanno passato al setaccio bilanci e statuti. Poggi vuole trasformare la Crt da “bancomat del territorio” a “laboratorio di futuro”. Ha i milioni, ha il tempo (grazie a Giorgetti), ha il consenso del Consiglio di Indirizzo. Manca solo una cosa: la prova che il passato è davvero archiviato. 2026 sarà l’anno della verità. Centocinquanta milioni non bastano a comprare la fiducia. Ma possono ricostruirla. Se Poggi ci riesce, entrerà nella storia. Se sbaglia, il Tesoro chiuderà il rubinetto.
Patrimonio, la sfida
Il patrimonio è ancora concentrato. Unicredit, Generali, Mundys. Un mercato volatile può cambiare tutto in una settimana. Poggi non promette miracoli, promette impatto. E per farlo ha bisogno di tempo, fiducia, risultati. L’Addendum glielo concede. Il Dpp cerca di dimostrarlo: 150 milioni non sono un traguardo, sono un impegno. E per la prima volta dopo tanto tempo, segnalano l’inizio di una nuova stagione.


