Ma davvero non c'è libertà di espressione?

Ma qui c’è qualcosa che non torna. Quante volte abbiamo sentito ripetere questo detto popolare quando si parla di questioni più o meno importanti? È il caso, nello specifico, di chi continua a parlare, ovviamente dal circo mediatico e politico riconducibile alla sinistra, della sostanziale assenza della “libertà di espressione” nel nostro paese. E questo a causa della mancanza di democrazia – l’ormai celebre slogan della “democrazia a rischio” della Schlein – e quindi, e di conseguenza, dell’imminente e possibile arrivo di un regime tirannico, liberticida e sostanzialmente dispotico.

Ora, la vera difficoltà è come rispondere a queste accuse. Sorridendo? Pensando di assistere ad una narrazione comica? Di essere a teatro? O, invece e al contrario, di prendere sul serio queste accuse perché, appunto, formulate e sostenute da tutto lo schieramento della sinistra progressista? Al riguardo credo sia importante – al di là delle dichiarazioni dei vari politici che appartengono prevalentemente alla propaganda – soffermarsi su coloro che quotidianamente lanciano questi allarmi e queste precise accuse. E cioè, i conduttori del talk televisivi, singoli giornalisti, commentatori e opinionisti televisivi e dei grandi organi di informazione, artisti e scrittori di varia natura.

Ricordando, per onestà intellettuale, alcuni aspetti non secondari legati proprio alla denuncia della “mancanza della libertà di espressione” nel nostro Paese. Perché si tratta di persone che trascorrono le loro giornate negli studi televisivi, nei dibattiti pubblici, vengono intervistati dai giornali di riferimento politico e culturale, partecipano a convegni e a cortei e via discorrendo. Tutto corretto, legittimo e giusto, come ovvio. Ma c’è un piccolo particolare che, se siamo seri, trasparenti e senza paraocchi ideologici, non possiamo e non dobbiamo sottovalutare o, peggio ancora, sottacere. Parliamo di professionisti dell’informazione e non solo – tra l’altro con contratti sontuosi e pesantissimi che i ceti popolari possono solo vedere con il binocolo o sognare di notte – che trascorrono, appunto, le giornate denunciando da tutti i pulpiti pubblici, in molti studi televisivi e organi di informazione che in Italia “la democrazia è a rischio” e che “la libertà di espressione” è indebolita se non del tutto azzerata.

Denunce, appelli, sentenze e accuse che, lo ripeto, i capi dei partiti della sinistra poi amplificano ponendo una questione che infiamma le piazze, alimenta il dibattito pubblico creando, al contempo, dei miti o addirittura delle “vittime” di questo clima di oppressione democratica. I nomi e i cognomi li conosciamo tutti talmente sono presenti in quasi tutte le Tv e in buona parte dei giornali di riferimento che costituiscono la maggioranza del circo mediatico del nostro paese. Personaggi che invitano, di comune intesa con i leader politici della sinistra, a ribellarsi e contestare il clima antidemocratico, anticostituzionale e anti-libertà che staremmo vivendo.

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, forse è arrivato anche il momento per introdurre una banale riflessione che molti sanno e che i principali protagonisti di questa narrazione, falsa e settaria, sperano che non emerga e che, di conseguenza, non venga percepita come tale dalla pubblica opinione. Almeno da quella pubblica opinione che rappresenta la piazza di riferimento a cui si rivolgono i nuovi “martiri della libertà”. E cioè, per dirlo con parole chiare e trasparenti, qui non c’è nessun rischio per la democrazia, qui non c’è nessun attentato alla libertà di espressione, qui non c’è nessun attacco ai principi e ai valori della Costituzione, qui non c’è nessun attacco alla libertà in generale. Qui c’è, e molto semplicemente, un disegno politico finalizzato a creare un “mostro” – che è sempre lo stesso dai tempi della Dc e che si ripete, seppur con forme e modalità diversi adeguati ai tempi – che va abbattuto con tutti i mezzi a disposizione pur di far ritornare chi è più gradito, cioè la sinistra, al potere e sconfiggere il nemico odiato e detestato e, purtroppo, votato dagli italiani.

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