Ok alla riforma della Giustizia. Giorgis: "Una deriva illiberale". Costa: "Garantisce equilibrio"
Davide Depascale 13:54 Giovedì 30 Ottobre 2025Palazzo Madama approva con 112 sì e 59 no la separazione delle carriere per i magistrati. Dal centrodestra si parla di "risultato storico" dedicato a Berlusconi. In vista del referendum il centrosinistra contesta i contenuti e il metodo
Il Senato, con 112 voti a favore e 59 contrari, ha dato il via libera alla riforma costituzionale sulla giustizia, introducendo la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Il provvedimento, fortemente voluto dal governo di Giorgia Meloni e dal suo ministro della Giustizia Carlo Nordio, ora dovrà passare dal referendum consultivo, da tenersi nella primavera del 2026. Durissima la reazione dell’opposizione, con il senatore torinese del Partito Democratico (già sottosegretario alla Giustizia del Governo Conte II) Andrea Giorgis che ha parlato di “arroganza politica” e di “riforma contro la magistratura”. Di segno radicalmente opposto il commento dell’ex viceministro della Giustizia Enrico Costa, di Forza Italia, che ha definito la misura “un passo avanti” per garantire un giusto processo e riequilibrare i ruoli tra accusa e difesa.
“Riforma pericolosa”
In dichiarazione di voto, Andrea Giorgis ha attaccato senza mezzi termini il metodo e il contenuto della riforma. “Con il voto sulla separazione delle carriere dei magistrati è stata certificata tutta l'arroganza politica e la protervia di una maggioranza illiberale che, in spregio al fondamentale carattere pattizio della Costituzione, ritiene di poterne riscrivere unilateralmente parti anche molto significative”, ha denunciato il senatore dem.
Giorgis ha puntato il dito contro l’assenza di dialogo: “Il ministro Nordio è stato di parola: come aveva promesso non vi è stata nessuna apertura al dialogo, nessun vero confronto, nessuna disponibilità ad accogliere qualche modifica in grado di superare le molte criticità che sono emerse fin dalle prime audizioni”, e ha descritto un iter parlamentare blindato, con i parlamentari di maggioranza “imposti” a non correggere alcuna parte del testo, “impermeabili a qualsiasi critica” e privi di repliche agli interventi dell’opposizione. “Lo stesso Nordio – ha aggiunto – non ha preso la parola per rispondere, rompendo con la prassi consolidata”. Al di là del metodo, Giorgis ha contestato i contenuti: “Ci sarebbe stato un gran bisogno di discutere, di approfondire, di riconsiderare alcune soluzioni del tutto irragionevoli e di scongiurare il rischio di indebolire la funzione giurisdizionale e di aprire un conflitto tra politica e magistratura che può solo arrecare danno all'intero Paese”.
In particolare, ha chiesto spiegazioni su come la riforma possa ridurre i tempi dei processi, potenziare le dotazioni amministrative e digitali degli uffici, rafforzare la formazione dei magistrati, contribuire a ridurre il sovraffollamento carcerario e prevenire i suicidi nelle prigioni. "La risposta è stata la blindatura di una riforma sconclusionata, dagli effetti contraddittori e pericolosa per l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e, quindi, per la garanzia dei diritti dei cittadini", ha concluso Giorgis, definendo la misura “una ritorsione contro un potere dello Stato che ha osato assumere decisioni contrarie alle politiche del governo”. “Gli italiani sapranno dire no”, ha detto, auspicando una bocciatura del test al referendum confermativo.
“Riequilibrio per un giudice terzo e imparziale”
Sul fronte opposto, Enrico Costa, deputato di Forza Italia e vicepresidente della commissione Giustizia, ha difeso la riforma, sottolineando i benefici per il sistema giudiziario. “La separazione delle carriere garantisce il Giusto processo previsto dalla Costituzione, un processo in cui esista un vero contraddittorio tra le parti e un giudice terzo e imparziale”, ha affermato Costa. “È evidente che, se una delle due parti è parente professionale del giudice, questo equilibrio risulta inevitabilmente compromesso”.
Costa ha evidenziato le novità introdotte, come il sorteggio per la composizione del Csm, l’organo che gestisce carriere, promozioni e nomine dei magistrati. Ha poi descritto lo squilibrio attuale: “Durante la fase delle indagini il pubblico ministero sia di fatto il vero dominus del procedimento, spesso in grado di schiacciare non solo la difesa ma anche il giudice”.
Ha poi citato dati a sostegno della sua tesi: “Quante proroghe delle indagini preliminari vengono negate dal giudice, quante misure cautelari o richieste di rinvio a giudizio vengono respinte, o quante autorizzazioni alle intercettazioni vengono rifiutate? Praticamente nessuna”. Il motivo, secondo lui, risiede nel “potere mediatico fortissimo” del Pm, legato al rapporto con l'opinione pubblica attraverso i mass media. “Quando un giudice osa opporsi o limitare una richiesta del Pm, viene subito etichettato come se volesse ostacolare la giustizia”.
La separazione delle carriere, ha argomentato, “serve proprio a rafforzare il ruolo del giudice, restituendogli autonomia e autorevolezza”. Costa ha poi ricordato che il giudice recupera forza solo in aula, quando si spengono i riflettori mediatici: “Non a caso in quella fase assistiamo a una percentuale altissima di assoluzioni, intorno al 50%: ecco perché serve una riforma che riequilibri davvero i ruoli, nel rispetto del principio costituzionale del giusto processo”.
Le novità della riforma
La riforma introduce la separazione definitiva delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, impedendo il passaggio tra le due funzioni nel corso della vita professionale, e prevede che i membri laici del Consiglio Superiore della Magistratura siano estratti a sorte tra professori universitari e avvocati con almeno 15 anni di esperienza. Inoltre, istituisce due distinti Consigli superiori – uno per i giudici e uno per i Pm – e rafforza il ruolo del ministro della Giustizia nella nomina dei capi degli uffici requirenti.
Il testo, dopo essere stato approvato da entrambi i rami del parlamento, dovrà essere sottoposto a un referendum popolare confermativo, che trattando di una riforma costituzionale e non essendo un referendum abrogativo non necessiterà di alcun quorum per la sua validità. La consultazione si terrà con ogni probabilità tra marzo e giugno del 2026.


