"Torino, città ferita: l'unica cura è rilanciare la manifattura"
Gioele Urso 20:49 Giovedì 30 Ottobre 2025Analisi più amara di un caffè bruciato quella di Lavazza. La "tragedia epocale" della crisi della Fiat e la difficile (e illusoria) identità post-industriale. La ricetta è una sola: produrre e creare posti di lavoro nell’industria. La crescente povertà
“Torino è una città ferita che deve essere curata”. A ragionare sul declino è Giuseppe Lavazza, presidente del colosso torinese del caffè, ospite di padre Antonio Menegon nella suggestiva cornice della Chiesa di San Giuseppe, in occasione della presentazione del Bilancio sociale di Madian Orizzonti. La ricetta per uscire dalla crisi è una sola: creare posti di lavoro, e la manifattura è imprescindibile.
“Orgogliosamente torinese”
“Sono orgogliosamente torinese”. Giuseppe Lavazza mette subito le cose in chiaro quando comincia a raccontare la sua storia davanti a una platea che non avrebbe bisogno di presentazioni. Tra i banchi della chiesa si riconoscono molti volti noti della città: Alberto Marchetti, Lorenza Pininfarina, Giulio Biino, presidente della Fondazione Circolo dei Lettori, l’ex assessore Paolo Peveraro, il presidente dei commercialisti Luca Asvisio, l’avvocato Luca Geninatti, l’esponente dei Moderati Silvio Magliano e quello del Pd Vincenzo Camarda.
“Mi sembra che questa città sia alla ricerca di una sua definitiva identità post-industriale”, spiega, prima di lanciarsi in un’analisi delle cause del declino di Torino. In cima alla lista, la crisi del gruppo Fiat, definita una “tragedia epocale”, una “devastazione”. “Il tentativo di trovare un nuovo percorso non è ancora pienamente sviluppato”, aggiunge, ricordando che, nel corso degli anni, ci sono stati slanci e tentativi che però non hanno prodotto risultati davvero significativi. Ma qual è la ricetta? Una sola: produrre e creare posti di lavoro. “A Torino è mancata e continua a mancare la spina dorsale della manifattura, che è l’unico settore su cui si può ricostruire il futuro della città. Così si pongono le basi per creare occupazione, la chiave per risolvere molti problemi sociali”.
La crescente povertà
I problemi sociali emergono chiaramente dai dati presentati da Alessandro Battaglino, moderatore dell’incontro, che snocciola alcuni numeri del Bilancio sociale di Madian Orizzonti: nel solo 2024 le spese distribuite hanno coinvolto 3.022 interventi a favore di 432 nuclei familiari, 110 detenuti e 90 senza fissa dimora, a testimonianza di una povertà in crescita in città.
“Manca il lavoro e senza lavoro non si può neppure avere una casa in affitto”, racconta padre Antonio. “Negli anni Ottanta e Novanta c’era più facilità: piccole aziende assumevano. Ma esistono anche altre due forme di povertà: il disagio mentale, che porta i giovani a vagare senza meta, e la solitudine e l’abbandono, meno visibili ma più diffusi e dolorosi di quanto si pensi”.
Padre Antonio ricorda l’inizio del suo impegno a Torino: “Il primo anno abbiamo organizzato una cena natalizia per 200 persone in chiesa. Alle 21 era tutto finito, rimessi i banchi, abbiamo celebrato la messa di mezzanotte. C’era anche Novelli. Da lì è iniziata la nostra collaborazione con il Comune, che continua ancora oggi. All’epoca eravamo giovani; oggi, alla mia età, mi vergogno di non essere più un rivoluzionario”.
“Torino è ferita”
Per guarire la città non basta un cerotto: la ferita provocata dal declino dell’industria automobilistica ha effetti profondi sui torinesi. “Torino deve ritrovare la capacità di far ripartire la macchina che crea posti di lavoro, rivolgendosi al mercato, alla competizione internazionale e ai nuovi prodotti”, spiega Lavazza, cercando di immaginare una via d’uscita. “Qui serve rigenerare la macchina che produce nuova ricchezza, capacità di sviluppo, prospettive e innovazione. Non è facile, perché ripartire dopo un trauma del genere è complicato, ma non dobbiamo perdere la speranza che possa succedere”.
“È una città che deve essere curata, abbracciata, per farle sentire che c’è qualcuno che vuole davvero difenderla”. Una dichiarazione d’amore che l’imprenditore rivendica ricordando il patto della sua famiglia con la città, rinnovato nel 2018 con la creazione della Nuvola in Aurora, un quartiere che grazie alla presenza dell’azienda ha potuto intraprendere un percorso di rinnovamento.


