SACRO & PROFANO

Repole scomunica i "poteri forti"

L'arcivescovo di Torino denuncia il "silenzio metafisico della cultura contemporanea, chiusa in se stessa, che pensa di poter realizzare l'umano nei confini del finito". Attesa per la nota del cardinale Fernández che, secondo indiscrezioni, vieterà alcuni titoli mariani

Il cardinale Roberto Repole nell’omelia che ha tenuto alla Messa in chiusura dell’incontro europeo della Commissione per l’Evangelizzazione della Cultura delle Conferenze episcopali europee ha svolto, a suo modo e con un gergo tutto da decrittare, una critica ai poteri forti, culturali e non solo. In particolare, l’arcivescovo di Torino si è soffermato sul silenzio metafisico della cultura contemporanea opponendo a essa una cultura «che non viene a patti con le seduzioni del potere di questo mondo, con le astuzie dei piccoli o grandi poteri di questo mondo», una cultura della profezia «che talvolta passa per il rifiuto» verso «alcuni fenomeni culturali di questo mondo; se ne potrebbero evocare molti, ma penso per esempio a una cultura della finitudine chiusa in se stessa, che pensa di poter realizzare l’umano nei confini del finito».

Un richiamo giusto e condivisibile ma che avrebbe necessitato di qualche esplicazione ed esempio concreto e che non è solo l’attenzione alla questione del potere ma il nichilismo contemporaneo e il relativismo etico che portano in sé la cultura della morte e dello «scarto» di bergogliana memoria, insieme alle evocate «logiche dell'utilitarismo come unica chiave di lettura per leggere tutto».

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C’è grande attesa per la Nota che il cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, presenterà martedì 4 novembre in ordine «ad alcuni titoli mariani riferiti alla cooperazione di Maria all’opera della salvezza». Indiscrezioni riferiscono che si voglia proibire il titolo alla Madonna di «Maria corredentrice» o similia, un titolo che per secoli anche i papi hanno usato e che la maggioranza dei Padri del Concilio Vaticano II aveva richiesto fosse dogmatizzato, cosa che poi non avvenne. Finora la proclamazione formale di Maria come Corredentrice non è mai stata raggiunta, nonostante la grande ricchezza di insegnamenti che la Chiesa ha maturato sull’argomento nel corso di molti secoli e con un fondamento teologico che risale ai Padri della Chiesa. Alla definizione è ostile la teologia progressista, favorevole al «minimalismo mariano», anche per motivi ecumenici.

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Grande concorso di fedeli a Roma per l’annuale pellegrinaggio Summorum Pontificum che ha avuto al centro sabato 25 ottobre la Messa in San Pietro celebrata, con il consenso di papa Leone XIV, dal cardinale Raymond Leo Burke. Alcune migliaia di pellegrini, molti dei quali erano giovani famiglie con molti bambini, hanno gremito l’altare dove c’erano solo posti in piedi. Un prete di Bresso (Milano) ha avuto verso di loro parole di fuoco e di disprezzo in un video che è diventato virale. A lui è stato risposto con una parabola alla maniera evangelica: «Due uomini salirono al tempio. Uno era un sacerdote al passo con i tempi e progressista, l’altro un normale fedele, per la verità un po’ “indietrista”. Il primo con toni da comizio disse: “O Dio ti ringrazio perché non sono come quei tradizionalisti che fanno le carnevalate e indossano i berretti e le mozzette di una volta”. L’altro invece era rimasto in fondo alla navata della Basilica di San Pietro, perché c’era troppa gente, e se ne stava in ginocchio ad adorare un mistero più grande di lui e si batteva il petto dicendo: “Domine non sum dignus...”. Chi dei due uscì giustificato non è nostro compito giudicare. Piuttosto, se «anche giovani persone», come osservò Benedetto XVI, in quel venerabile rito in latino «trovano una forma particolarmente appropriata per loro, di incontro con il Mistero della Santissima Eucaristia», chi è il prete di Bresso per giudicarli?

Credits: foto apertura dal sito della Diocesi di Torino (A. Valabrega_LaVoceEilTempo)

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